Decarbonizzazione dei trasporti: elettrificazione, idrogeno e le altre alternative

L’Italia ha un notevole bisogno di ridurre le emissioni dei trasporti, dato il loro pesante impatto. Come fare? Il rapporto curato da STEMI indica le alternative utili e le prospettive

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Decarbonizzazione dei trasporti: elettrificazione, idrogeno e le altre alternative

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È bene parlare di decarbonizzazione dei trasporti in Italia, in quanto il settore è direttamente responsabile di circa un quarto delle emissioni di gas serra e di circa un terzo delle emissioni di CO2, a cui si aggiungono  le emissioni nel settore dell’aviazione e del trasporto marittimo internazionale.

Il 92,6% delle emissioni nazionali di tutto il comparto è attribuibile al trasporto stradale di passeggeri e merci, settore per il quale si registra un aumento del 3,2% delle emissioni tra il 1990 e il 2019, in controtendenza rispetto al calo del 19% delle emissioni totali durante lo stesso periodo. Per contribuire a raggiungere gli obiettivi europei, del pacchetto ‘Fit for 55’, che prevedono la riduzione del 55% delle emissioni climalteranti entro il 2030 e il loro azzeramento entro il 2050, è necessario accelerare il processo di decarbonizzazione, partendo proprio dal settore della mobilità.

L’Italia conta su una mole di mezzi imponente: sono quasi 40 milioni le autovetture circolanti oggi in Italia, cui si aggiungono i 3,7 milioni di veicoli commerciali leggeri e 100mila autobus del trasporto pubblico locale, prendendo in considerazione le tre categorie più utilizzate. «Queste tre categorie sono responsabili del 75% delle emissioni del trasporto stradale e del 25% delle emissioni totali di gas serra nazionali. Le auto contribuiscono per oltre il 90%», ha spiegato Nicola Armaroli, Research Director presso il CNR, uno degli autori del rapporto “Decarbonizzare i Trasporti” elaborato dagli esperti STEMI (Struttura Transizione Ecologica della Mobilità e delle Infrastrutture) del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili.

Occorre andare oltre il motore a combustione interna alimentato a fossili. Le alternative possibili sono tre: motori endotermico alimentati da nuovi combustibili, come biometano, idrogeno, sintetici, biofuel liquidi da agricoltura; motori ibridi, compresa l’opzione plug-in; sistemi 100% elettrici.

Su cosa puntare? Il report, il primo realizzato da STEM, ha analizzato le varie opzioni, mettendo in evidenza l’elettrico. Ecco perché.

Decarbonizzazione dei trasporti: idrogeno ed elettrico a confronto

L’elettrificazione del trasporto per queste categorie vede due opzioni di particolare interesse: batterie e idrogeno. «Nel primo caso si tratta di veicoli a elevata efficienza nell’utilizzo dell’energia e contano inoltre su una rete di distribuzione elettrica esistente – anche se occorre potenziarla e a un’ampia gamma di modelli, oltre che su un costo sempre più competitivo e un sistema “semplice chiuso”, ovvero che non scambia nulla con l’esterno.
Nel caso dell’idrogeno si tratta di veicoli a bassa efficienza, con una rete di distribuzione assente, pochi modelli e una difficoltà nella riduzione dei costi perché le fuel cell non sono dispositivi utilizzati in molti altri settori. Infine conta su un sistema “complesso” aperto», ha illustrato Armaroli, aggiungendo che per entrambe le opzioni è necessario un aumento della produzione elettrica decarbonizzata, basata sullo sviluppo delle smart grid.

Per i veicoli fuel cell si potrebbe usare idrogeno blu, «ma sono numerose le criticità: fattibilità, costi, disponibilità di siti, capacità di stoccaggio della CO2. Non è un approccio totalmente carbon free. Riteniamo comunque che sia necessario sostenere la ricerca e sperimentazione nel campo dell’idrogeno».

Anche in termini di efficienza, il confronto tra BEV e idrogeno è a favore della prima categoria: l’elettrico conta su un processo legato all’alimentazione energetica relativamente snello e la cui efficienza varia tra il 70% e il 90%. Nel caso dell’idrogeno si riduce al 25-35%.

L’elettrificazione con sistemi a batteria è un’opzione conveniente per la decarbonizzazione dei trasporti anche nel caso dei veicoli commerciali leggeri e in particolare dei motocicli: oggi in Italia circolano circa 7 milioni di motoveicoli, che generano inquinamento atmosferico e acustico. Il mercato ha un grande potenziale, anche in termini di produzione industriale.

Trasporto pubblico locale

La decarbonizzazione dei trasporti riguarda anche il TPL che conta già sull’elettrificazione, come nel caso di tram, metro e filobus. Anche in questo caso, a proposito dei mezzi su gomma, i veicoli elettrici tendono a prevalere sull’idrogeno a fuel cell, anche per fattori pratici che passano dall’infrastruttura di ricarica più accessibile e scalabile e ai minori costi di gestione e minori ostacoli tecnici. «Il TPL a idrogeno potrà però svilupparsi nelle future hydrogen valley, dove quindi ci sono condizioni specifiche come la presenza di aziende energivore e flotte di mezzi pesanti, ma a patto che le fuel cell possano essere competitive». Sui bus, è bene guardare con maggiore interesse al biometano, un’opzione decisamente più sostenibile, «prioritario per usi senza alternative», mentre il GNL è un’opzione da costi e consumi energetici elevati. Per quanto riguarda i combustibili liquidi alternativi (sintetici, e-fuel) non abbattono costi e inquinamento urbano, non promuovono efficienza energetica, la prospettiva di sviluppo non è vicina e la disponibilità problematica.

Per quanto riguarda la sostituzione delle flotte, si prevedono lunghi tempi: «la transizione è pianificabile, ma partendo ora», ha sottolineato Armaroli.

Prospettive per auto, veicoli commerciali leggeri, trasporto pubblico

Per i tre segmenti considerati (auto, veicoli commerciali leggeri, TPL) le prospettive vanno verso un consolidamento del processo di elettrificazione. I motivi sono molteplici: la disponibilità e ubiquità della rete elettrica (va sviluppata sensibilmente l’infrastruttura di ricarica), l’abbattimento dei consumi energetici e dell’inquinamento locale, le emissioni ridotte sul ciclo di vita.

Certo, oggi il gap di prezzo dei veicoli elettrici rispetto a quelli a combustione interna è evidente, ma si sta assistendo a una progressiva diminuzione. Inoltre l’elettrico può vantare un costo totale di possesso (Total Cost of Ownership) più basso rispetto all’endotermico. Va anche considerato che la tecnologia delle batterie è in costante miglioramento, anche per quanto riguarda la circolarità.

«I motori termici tradizionali continueranno a essere prevalenti per almeno 10 anni, però la transizione va accompagnata sin da ora: abbiamo il tempo per farlo», ha rimarcato lo scienziato del CNR.

Cosa resta da fare? Innanzitutto occorre accompagnare la filiera componentistica nazionale (circa il 50% del settore) nella riconversione alla mobilità elettrica nel trasporto leggero.

Va considerata anche la possibilità di sviluppo di nuove attività industriali, come le gigafactory e il riciclo delle materie prime. Devono essere strutturati gli incentivi all’industria e al consumatore per fornire certezze oltre a ripensare il sistema di tassazione e occorre lavorare per lo sviluppo della infrastruttura di ricarica: media potenza nelle aree urbane (nei centri storici come nei quartieri popolari) e alta potenza sugli assi stradali principali. Va sviluppata inoltre l’infrastruttura di ricarica nei luoghi dove è lunga la permanenza dei veicoli (luoghi di lavoro, centri commerciali, cinema…) anche in prospettiva vehicle to grid.

Le possibili barriere sono la burocrazia e la formazione: in quest’ultimo caso bisogna stimolarla nelle aziende, nelle scuole, nelle università. Insomma: occorre ragionare sull’elettrificazione dei trasporti in funzione della decarbonizzazione dei trasporti, non considerandola un problema ma una grande opportunità.

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