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L’opera realizzata (foto, Erika Skabar) Indice degli argomenti: Da Trieste alla Baviera La progettazione integrata. Parla la progettista, Erika Skabar Come inserire nel paesaggio infrastrutture complesse, come ad esempio un oleodotto? Nella baia di Muggia del golfo di Trieste, l’architetta Erika Skabar, che da anni si occupa di pianificazione e progettazione del paesaggio, a quanto pare ci è riuscita. Non è stato un compito facile, né breve, ma per un tratto della pipeline triestina l’impresa pare riuscita. Da Trieste alla Baviera Stiamo parlando di un’opera importante, vale a dire il terminal marittimo dell’oleodotto transalpino necessario allo scarico a terra del greggio, con una linea che proseguendo collega il porto di Trieste ai Länder tedeschi della Baviera e del Baden-Württemberg. Il compito di realizzare l’opera infrastrutturale è di Siot, Società italiana per l’oleodotto transalpino. Lo scopo era implementare la sicurezza del sistema logistico e di aggiornare l’infrastruttura ai più rigidi standard di sicurezza e protezione ambientale adottati dal settore oil&gas e dalle best practics internazionali. La progettazione integrata Dal punto di vista progettuale è stato necessario integrare e rendere coerenti i diversi apporti specialistici coinvolti: paesaggistico-ambientali, geotecnici, strutturali, del pipeline system & management. Il tutto per fornire una soluzione infrastrutturale coerente ed efficiente, in grado di restituire un paesaggio con un valore potenzialmente maggiore rispetto a quello di partenza. La pipeline nella baia di Muggia a Trieste Parla la progettista «É un progetto peculiare, in quanto si è trattato di realizzare un’opera infrastrutturale, che ora possiede una sua originalità – afferma l’architetta triestina Skabar -. Diversi anni fa, era il 2013, mi contattò l’operatore. La società aveva un suo progetto, sulla base del quale ci siamo confrontati. Per motivi di sicurezza ambientale vi era la necessità di portare fuori terra le condotte che dalle petroliere sbarcano e concludono il loro viaggio nei serbatoi. Serviva un monitoraggio costante della pipeline. L’imbullonatura delle travi alle forcelle di sostegno Il loro progetto però non era adeguato né al luogo né ai tempi. Ho fatto capire loro che anche le opere infrastrutturali come questa andavano ben organizzate sul territorio e che dovevano dialogare con le altre realtà industriali del porto e di quel brano di città. Il mio progetto ha modificato il percorso delle condotte, sono stati inseriti portali di 30 metri di luce, ben più ampi di quelli da loro immaginati, che misuravano 10 metri, ho utilizzato delle travi reticolari particolari. Le condotte di colore bianco (foto, Stefano Graziani) E alla fine il committente ha capito il significato del progetto e l’importanza che una infrastruttura ha nel definire il territorio. Per le tubazioni abbiamo utilizzato il colore bianco, molto particolare, frutto di una ricerca accurata, così per la realizzazione delle forcelle in cemento armato. Infine, abbiamo studiato la vegetazione necessaria al luogo e all’opera e creato uno spazio fresco e vivibile. La fitta vegetazione che accompagna il percorso dell’oleodotto (foto, Erika Skabar) Non si tratta di un progetto di dimensioni enormi (il tratto ambientato è lungo 90 metri lineari e si sviluppa su una superficie di 2.500 metri quadrati; nda). Nella primavera dello scorso anno abbiamo finalmente consegnato l’opera finita. Nella speranza che si possa presto andare avanti». La posa della trave reticolare di 30 metri di luce Oleodotto transalpino terminale marino Località: Trieste Committente: Siot, Società Italiana per l’Oleodotto Transalpino Progettazione del paesaggio: Erika Skabar Consulenti: F&M Ingegneria (geotecnica e strutture), ILF Consulting Engineers Austria (Pipeline), Siot (gestione impianti) Superficie totale: 2.500 mq Superficie a verde: 1.250 mq Lunghezza ponti: 60+30 m Stato dell’opera: completato Periodo: 2013-2021 Fotografie: Stefano Graziani, Erika Skabar L’area di intervento (credits, Erika Skabar) Pianta e sezione della zona vegetata (credits, Erika Skabar) Erika Skabar Lo studio viene fondato nel 2001 e si occupa di pianificazione del paesaggio, con specializzazione nella progettazione a grande scala di opere pubbliche complesse. Skabar ha svolto attività di consulenza per conto di diversi studi di architettura internazionali (Piano, Rogers, Mayer). I suoi lavori sono stati premiati e hanno ottenuto segnalazioni e menzioni, tra questi l’UrbanPromo 2006 per il progetto ambientale East Gate Park Pirelli e il Riba Awards 2014 per il progetto Scandicci centro. Ha insegnato al dipartimento di architettura dell’università di Ferrara. Ha firmato numerosi progetti di pianificazione urbanistica e progettazione del paesaggio, tra cui le aree ex Falck di Sesto San Giovanni, il centro civico di Scandicci, il Jardins Braço de Prata a Lisbona, il casello autostradale di Meolo a Venezia, la riqualificazione del tratto lungomare di Muggia, il parco dell’intervento residenziale Le Albere a Trento, i giardini di Pitagora a Crotone, il parco del Museu de Arte Contemporanea Casa Serralves a Porto e numerosi altri interventi. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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