Report Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche: eolico, biomasse ed idroelettrico

Alla seconda edizione il Report dell’Energy & Strategy Group presenta un quadro generale del settore, la situazione globale e quella italiana, la normativa e i sistemi di incentivazione, la crescita verso la market parity

Il Rapporto Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano sarà presentato in un convegno a Milano il prossimo 22 maggio alle ore 9.30 presso il Politecnico di Milano – Aula Carlo De’ Carli.

Vi proponiamo in anteprima l’Executive summary.

Il Report sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche per la seconda volta, coerentemente con l’approccio adottato dal legislatore, analizza congiuntamente le diverse fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche. Come nella prima edizione si dedica particolare attenzione all’eolico e alle biomasse, ma si espande anche lo spazio dedicato all’idroelettrico.

La ricerca, i cui risultati sono raccolti in questa seconda edizione del Report, è stata condotta utilizzando approcci metodologici diversi, ancorché complementari e tra di loro interrelati: dall’analisi della letteratura all’analisi della normativa, dal confronto con ricercatori e professori universitari alle interviste a oltre 85 operatori del settore, dall’analisi comparativa di rapporti di ricerca e studi di settore italiani e internazionali al censimento e alla raccolta di informazioni anagrafiche ed economiche di circa 120 imprese operanti nei diversi stadi delle filiere industriali delle rinnovabili, fino alla realizzazione di oltre 35 casi di studio su un campione rappresentativo di imprese selezionate tra quelle incluse nel censimento.

Il Report è stato suddiviso in quattro sezioni. Nella prima si presenta un quadro generale delle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche nel sistema elettrico italiano. Nella seconda, nella terza e nella quarta parte si presentano invece i focus sull’eolico, sulle biomasse e sull’idroelettrico con l’obiettivo di aggiornare i numeri di mercato, di analizzare la filiera, di verificare le possibilità di investimento e le potenzialità di sviluppo futuro di questi settori.

Le Rinnovabili nel sistema elettrico italiano

Nel 2013 l’Italia ha raggiunto e superato la barriera dei100 TWh prodotti da fonti rinnovabili. La produzione elettrica da rinnovabili copre ormai quasi un terzo del fabbisogno energetico italiano, nel primo trimestre del 2014 si è raggiunto il 39,8% di contributo alla produzione (nel 2013 era stato 32,4%). Le installazioni degli ultimi anni hanno portato ad avere oggi un parco impianti da rinnovabili principalmente composto da solare ed idroelettrico con un importante contributo dell’eolico.

L’elevata produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ha alimentato un forte dibattito sia su tematiche prettamente tecniche, che riguardano ad esempio l’integrazione delle rinnovabili con la rete elettrica esistente (non programmabilità e produzione distribuita), sia su tematiche di carattere più generale quali ad esempio i sussidi pubblici garantiti.

Il forte ricorso a fonti rinnovabili non programmabili comporta indubbiamente alcune criticità sia dal punto di vista tecnico (impatto sulla sicurezza del sistema), sia dal punto di vista economico (impatto sul mercato elettrico). Le rinnovabili portano, quindi, nuove sfide per il mercato elettrico e per i gestori della rete, dato che la produzione non programmabile è concentrata in determinate ore del giorno e richiede sicuramente uno sforzo maggiore nella gestione e pianificazione della produzione.

Il finanziamento delle rinnovabili avviene attraverso numerose forme: CIP6, Certificati Verdi, Tariffa Omnicomprensiva, Conto Energia, Ritiro Dedicato, Scambio sul Posto e altre forme indirette. Con la crescita della produzione da rinnovabili, negli anni l’entità della spesa è cresciuta, passando dai 6,3 miliardi di Euro del 2011 agli oltre 11 miliardi di Euro previsti per il 2013 che potrebbero divenire 12,5 miliardi di Euro nel 2014. Le rinnovabili sono finanziate attraverso un aggravio del costo sostenuto dagli utenti come si evidenzia nella comune bolletta elettrica che considera quattro fattori: l’approvvigionamento e la vendita dell’energia, i costi di rete e di misura, gli oneri generali di sistema e le imposte. La componente degli «oneri generali di sistema» include, tra le altre voci: (i) la messa in sicurezza del nucleare – componente Mct, (ii) la promozione dell’efficienza energetica – Uc7, (iii) il sostegno alla ricerca – A5 e altro ancora. Tuttavia, la maggior parte degli oneri è rappresentata dalla componente A3 per la «Promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate».

Tre alternative sono allo studio per rimodulare gli incentivi allo scopo di contenere la spesa: (i) il cosiddetto Decreto «Spalma Incentivi» per dilazionare l’erogazione degli incentivi rimanenti su più anni; (ii) un intervento sui «Prezzi Minimi Garantiti» agendo direttamente su alcune tipologie di impianti che ricevono incentivi giudicati troppo elevati; (iii) un intervento su determinati settori, come quello agricolo-zootecnico, con il Decreto Legge «Spending Review».

Il dibattito sull’entità degli incentivi ha anche stimolato la discussione su diversi temi: (i) la stima della riduzione del PUN in seguito all’aumento della quota di rinnovabili; (ii) la revisione del meccanismo degli Oneri di Sbilanciamento introdotto per «responsabilizzare» i produttori da rinnovabili; (iii) l’eventuale definizione di un Capacity Payment per gli impianti tradizionali che risentono della competizione con le fonti rinnovabili; (iv) la definizione dei Sistemi Efficienti di Utenza (SEU) per permettere di sfruttare maggiormente i benefici della generazione distribuita senza congestionare la rete. Per questi temi si rimanda all’interno del Rapporto, anche se qui è possibile fare alcune considerazioni di carattere generale.

Tutta la discussione sulle tematiche citate è finalizzata a delineare quello che sarà il contesto futuro per il settore delle rinnovabili in Italia. I meccanismi incentivanti attualmente in vigore richiedono, come definito nel Decreto scorso, di essere aggiornati ed eventualmente prolungati. In questi mesi, secondo quanto contenuto nel DM del 6 Luglio 2012, dovrebbe essere emanato un nuovo Decreto che stabilisca le modalità di incentivazione a partire dal 2015. Molta attenzione però è rivolta al monitoraggio del contatore della spesa per incentivi per le rinnovabili non fotovoltaiche che, sempre più, si sta avvicinando alla soglia dei 5,8 miliardi di Euro che porrebbe fine agli incentivi per questo settore.

La preoccupazione per l’eventuale raggiungimento della soglia è elevata poiché, da un lato, non tutte le fonti sono così vicine alla market parity da poter fare a meno degli incentivi e, dall’altro, non è esattamente chiaro che cosa succederà al raggiungimento della soglia, vista la presenza di incentivi «prenotati» che potrebbero però essere riassegnati qualora si verificasse la non realizzazione degli impianti.

Tutti gli ultimi provvedimenti legislativi sono stati introdotti per limitare l’impatto in bolletta di nuovi incentivi, tuttavia, l’attuale spesa risente ancora di scelte fatte in passato. L’incentivazione è ora stata rimodulata e focalizzata su un preciso target di impianti (taglia piccola e fortemente integrati con il contesto locale). Nonostante questo, però, lo sviluppo di impianti di taglia maggiore appare ancora possibile senza il ricorso a dosi massicce di incentivi come è stato in passato. Quello che manca è una maggiore integrazione con il mercato elettrico, ad esempio con una partecipazione più attiva, attraverso il ricorso a investimenti che mettano le nostre reti in condizione di operare in maniera più “smart”.

L’Eolico

I dati a consuntivo per il 2013 descrivono un andamento negativo per il comparto eolico con un mercato annuo globale in contrazione di oltre 10 GW (soli 35,4 GW complessivi di nuovi impianti). La crescita complessiva è quindi stata «solo» del 12,5%. La principale causa del rallentamento è stata il momentaneo stop alle installazioni negli USA a causa dell’incertezza normativa sul sistema di incentivi.

 

In Europa nel 2013 le installazioni sono state numerose, pur se concentrate soprattutto in alcuni Paesi (Germania e Regno Unito in particolare). In particolare si registra un forte sviluppo in alcuni mercati europei finora minori come la Svezia, la Polonia,la Romania e la Danimarca.

Anche il mercato Italiano, come quello statunitense, nel 2013 ha fatto registrare un record negativo di installazioni con soli 450 nuovi MW che hanno portato a una potenza complessiva di 8.551 MW. Nonostante il numero ridotto di installazioni, il 2013 è però stato un anno record per la produzione di energia eolica: quasi 14,9 TWh (+11,6% rispetto al 2012), pari al 5,3% della produzione netta totale.

Le ragioni del calo delle installazioni erano però note, il Decreto Ministeriale del 6 Luglio 2012 sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche ha (i) introdotto nuove procedure per incentivare le fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche e (ii) definito le quantità di potenza incentivabile per ogni singola fonte al fine di poter controllare lo sviluppo del mercato negli anni futuri. Per gli impianti di taglia medio-piccola sono stati istituiti dei Registri, mentre per gli impianti di taglia maggiore l’ottenimento dell’incentivo è stato subordinato alla partecipazione ad un’asta competitiva. Attualmente si sono già effettuati due turni di assegnazione degli incentivi, il primo a Gennaio 2013 e il secondo a Luglio 2013, e un bando per il 3° turno è già stato emanato con scadenza Giugno 2014.

Analizzando entrambi i turni conclusi di assegnazione degli incentivi è possibile riscontrare un grande successo di richieste per l’accesso ai Registri dei nuovi impianti (impianti di medio-piccole dimensioni), un andamento altalenante per le Aste con uno scarso interesse iniziale e un’elevata richiesta per il 2° turno e, infine, uno scarso interesse per quanto riguarda i Rifacimenti (nessuna richiesta pervenuta).

Il meccanismo dei Registri, nonostante il grande numero di richieste, tuttavia, ha mostrato diversi limiti: nel primo turno di assegnazione degli incentivi infatti, la totalità di impianti accettati aveva potenza inferiore ai 200 kW, mentre nel secondo turno nessuno di questi impianti è stato accettato poiché gli incentivi sono stati assegnati a impianti con potenza compresa tra gli 800 e i 1.000 kW che erano stati esclusi dal primo Registro e che, di conseguenza, hanno avuto la priorità al secondo turno.

C’è inoltre una forte incognita sui progetti che si sono aggiudicati gli incentivi attraverso il meccanismo delle Aste. Analizzando infatti i risultati del primo turno, il cui esito è stato annunciato a Gennaio 2013, è possibile trovare numerosi impianti (circa il 50%) che si sono aggiudicati l’incentivo, ma per cui non sono ancora cominciate le opere di costruzione (il tempo massimo di realizzazione per beneficiare di incentivi senza decurtazione è pari a 28 mesi, trascorsi i quali è prevista una decurtazione di 0,5% per ogni mese fino a un massimo di ulteriori 24 mesi.). Nonostante ci siano numerosi progetti non ancora in fase di realizzazione, la terza Asta si preannuncia molto affollata con circa 600 MW di progetti esclusi dalla 2^ Asta ai quali si potrebbero sommare almeno 500 MW che hanno già ottenuto l’Autorizzazione Unica (Aprile 2014).

Il sistema pensato per incentivare i rifacimenti non è stato al momento in grado di attrarre alcun investimento.

La crescita dell’Eolico in Italia nei prossimi anni sarà strettamente legata ai contingenti di potenza incentivabile messi a disposizione. Visto il valore (356 MW) disponibile per il prossimo turno di assegnazione, si prevede che il settore subirà una notevole contrazione per quanto riguarda le nuove installazioni, come già successo nel corso del 2013.

Diverse «sfide» hanno coinvolto e coinvolgeranno gli operatori della filiera eolica: (i) i produttori di turbine e fornitori di tecnologia dovranno far fronte a un mercato italiano in netta contrazione che non lascia prevedere, almeno nel breve periodo, segni di ripresa; (ii) i gestori degli impianti, dopo il cambio delle modalità di incentivazione, dovranno continuare a seguire con attenzione i continui cambiamenti normativi riguardanti gli oneri di dispacciamento e la durata degli incentivi già acquisiti, che potranno cambiare le regole del gioco «in corso».

Gli operatori hanno già iniziato ad adottare contromosse per poter continuare a investire con profitto nell’Eolico. Gli operatori industriali e i grandi gruppi energetici sono stati avvantaggiati, dato che un primo fattore di intervento ha riguardato l’Operation&Maintenance. Lato Operations, l’obiettivo è stato quello di massimizzare i ricavi attraverso l’adozione di sistemi più sofisticati di previsione della produzione accoppiati a sistemi di accumulo/storage che possano permettere strategie più aggressive per la vendita dell’energia prodotta attraverso l’accesso a più mercati elettrici per la vendita dell’energia (non più solo MGP, ma anche MSD). Lato Maintenance, l’obiettivo è stato quello di contenere il più possibile i costi facendo ricorso anche a imprese specializzate che possono essere utilizzate per sostituire o per mettere in competizione i produttori di turbine che storicamente si sono occupati di questa attività.

Il meccanismo delle Aste porta gli operatori a dichiarare qual è l’incentivo necessario per poter effettuare con profitto un determinato investimento: durante la prima Asta sono state presentate 18 richieste di incentivazione, con riduzioni che sono andate da un minimo del 2,5% a un massimo del 24,4%, con 5 progetti che hanno richiesto una remunerazione totale inferiore a 110 €/MWh; durante la seconda Asta sono state presentate 16 richieste di incentivazione, in questo caso le riduzioni sono andate da un minimo del 9,5% a un massimo del 19,0%. Considerando le riduzioni medie richieste dagli investitori durante i primi due turni di assegnazione è possibile capire come l’interesse sia interamente focalizzato su siti con ventosità tali da garantire almeno 2.000 ore equivalenti di producibilità annua.

Negli ultimi anni la fonte eolica si è di fatto avvicinata alla market parity. Per raggiungere l’obiettivo è necessaria una ulteriore riduzione del costo di sviluppo degli impianti che, da un lato, si può ottenere grazie ai produttori di aerogeneratori che, per competere in un mercato in forte contrazione sono costretti ad abbassare i prezzi  e, dall’altro, potrebbe essere reso possibile dall’eventuale snellimento del processo autorizzativo (3-4 anni per sviluppare un parco eolico) e dei costi ad esso associati. Anche se una maggiore flessibilità e potenzialità di azione per i gestori di impianti potrebbe essere fornita dalle tecnologie di storage/accumulo che permetterebbero di ridurre il rischio di penali.

Nel corso del 2013 si è registrato, di contro, un ulteriore incremento delle installazioni di mini eolico con nuovi impianti (potenza < 200 kW) che hanno portato la potenza totale installata a circa 35 MW. La potenza è concentrata soprattutto nelle Regioni del Sud con Puglia e Basilicata che da sole ospitano più di metà della potenza mini eolica italiana.

L’accesso agli incentivi per questi impianti può avvenire attraverso l’iscrizione al Registro (potenza compresa tra i 60 kW e i 200 kW) o direttamente (potenza inferiore ai 60 kW). In entrambi i turni di assegnazione al Registro sono stati presentati numerosi impianti che rientrano in questa fascia del mini eolico e la potenza richiesta è stata molto superiore a quella disponibile. Complessivamente, a inizio 2014, risultavano assegnati incentivi per 49,6 MW ad impianti compresi tra 20 e 200 kWche saranno realizzati nel corso del 2014, un rallentamento della nuova potenza installata si avrà nel 2015 quando un minor numero di impianti incentivati verrà invece realizzato a causa dell’esito del 2° turno di assegnazione.

Il settore mini eolico rappresenta già oggi una realtà importante che si prevede crescerà ancora in futuro. Alcune iniziative che potrebbero favorire lo sviluppo del settore sono: (i) migliore caratterizzazione anemologica del sito, così da evitare investimenti che poi non rispettino le aspettative; (ii) certificazione della curva di potenza del generatore e delle macchine (anche in relazione alla classe di vento), per garantire che sul mercato operino solo gli operatori che hanno dei prodotti qualitativamente «accettabili»; (iii) gestione della naturale overcapacity in relazione ai limiti imposti di potenza nominale, per evitare che l’eventuale energia elettrica «extra» venga dispersa per limiti normativi.

Le Biomasse

Il mercato delle bioenergie lo scorso anno ha mostrato di muoversi a velocità diverse: crescita positiva per biogas agricolo e biomasse agroforestali; sostanziale crescita “zero” per gli impianti per la valorizzazione energetica dei rifiuti o della produzione di energia da oli vegetali.

Le biomasse agroforestali hanno fatto registrare numerose nuove installazioni soprattutto grazie agli impianti di piccole dimensioni (taglia < 2 MW) e alcuni interventi di rifacimento su grandi impianti e il biogas agricolo, nonostante un rallentamento delle installazioni dopo il record raggiunto negli anni scorsi, rimane in crescita soprattutto grazie alle soluzioni di piccola taglia.

Il Decreto Ministeriale del 6 Luglio 2012 sulle Rinnovabili Elettriche Non Fotovoltaiche che ha introdotto i cambiamenti di cui si è già detto, classifica le biomasse in più gruppi a seconda della loro tipologia, ma essenzialmente distingue tra biomasse che provengono dal mondo dei «rifiuti»e biomasse derivanti dalla produzione «agricola-forestale».

Analizzando entrambi i turni delle Aste introdotte col DM 6 Luglio 2012 è possibile riscontrare un grande successo di richieste per l’accesso ai Registri (impianti di medio-piccole dimensioni) e uno scarso interesse sia per quanto riguarda i Rifacimenti (una sola richiesta pervenuta), che, più in generale, per gli impianti alimentati a RSU.

Il DM del 6 Luglio 2012 prevede che nei prossimi mesi, prima della completa scadenza dei contingenti messi a disposizione, venga emanato un nuovo Decreto che stabilisca gli incentivi per gli anni successivi al 2015. Per il 2014–2105 lo sviluppo sarà determinato dai contingenti che restano a disposizione e dal limite di spesa totale per incentivi misurato dai contatori GSE.

Per quanto riguarda lo sfruttamento delle biomasse agroforestali, per ragioni tecnologiche e di efficienze di conversione energetiche ottenibili, gli impianti che maggiormente si sono diffusi sono essenzialmente di due tipi: (i) i piccoli impianti con potenza di circa 1 MW elettrico che principalmente sfruttano la tecnologia ORC (OrganicRankineCycle) e che bene si adattano a contesti locali dove è possibile valorizzare la biomassa presente in loco; (ii) i grandi impianti con potenze maggiori di 8 MWelettrici principalmente destinati alla produzione elettrica su grande scala.

I piccoli impianti a biomasse agroforestali sono di più recente diffusione e possono essere convenienti (IRR superiori al 6%) se, da un lato,grazie anche alla filiera cortasono in grado di ottenere prezzi di acquisto della biomassa tra i 45 e i 55 €/ton e, dall’altro, sono in grado di vendere tutta l’energia prodotta non solo elettrica, ma anche termica.

Il mercato del biogas agricolo per la produzione elettrica è cambiato notevolmente a seguito dell’introduzione del Decreto Ministeriale del 6 Luglio 2012. La taglia media degli impianti di recente sviluppo si è più che dimezzata rispetto all’impianto standard da 999 kW realizzato fino al 2012. La filiera si è consolidata negli ultimi anni con gli operatori che ora stanno riorganizzando la loro offerta di prodotti per seguire i nuovi sistemi di incentivazione. Alcuni operatori stranieri sono usciti dal mercato italiano per focalizzarsi su mercati esteri più redditizi.

Il rallentamento del settore del biogas potrebbe essere, almeno in parte, compensato dall’affermarsi della filiera dell’upgrading del biogas a biometano.

Le fasi di upgrading del biometano riguardano essenzialmente: la rimozione delle impurità dal biogas, la rimozione dell’anidride carbonica e il post trattamento del biometano ottenuto per finalizzare l’immissione in rete.

In Italia, a fine 2013, non sono ancora presenti impianti di upgrading, ma in Europa già alcuni Paesi hanno scommesso su queste tecnologie. Complessivamente nel Mondo sono in funzione oltre 340 impianti di upgradinge i Paesi di riferimento sono la Germania e la Svezia.

I costi di investimento relativi alle varie tecnologie disponibili non si differenziano molto, specialmente per impianti di grande taglia: dai 500 m3/h (equivalenti a 2 MW di potenza elettrica installata) di biometano prodotto, i costi delle tecnologie tendono a convergere. L’unica eccezione è rappresentata dalla tecnologia a membrane che, per le piccole e medie taglie, risulta essere più vantaggiosa rispetto alle altre a causa della sua maggiore scalabilità.

Il 17 Dicembre del 2013 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo riguardante le modalità di incentivazione del biometano che prevede tre modalità di incentivazione a seconda che il biometano sia immesso in rete, usato per la cogenerazione o venduto come carburante per i trasporti. Il Decreto approvato lascia tuttavia alcune questioni ancora da definire con decreti attuativi successivi o con decisioni a livello comunitario-europeo. In particolare è necessario che: (i) sia data la definizione di FORSU (Frazione Organica Rifiuti Solidi Urban); (ii) si faccia chiarezza sul valore dei certificati di immissione in consumo di biocarburanti; (iii) si decida chi deve sostenere eventuali costi di immissione in rete del biometano prodotto (proprietario della rete vs proprietario dell’impianto).

Il mercato italiano che si delineerà avrà caratteristiche fortemente determinate dalla normativa. Infatti sono stati privilegiati, da un lato, l’utilizzo di FORSU (che finora non era stato molto sfruttato dalla filiera del biogas per la produzione elettrica) e, dall’altro, la realizzazione di nuove stazioni per la vendita diretta del biometano. Diventa quindi fondamentale la gestione delle materie prime e la capacità di riuscire a distribuire il biometano prodotto. Sembrano quindi essere favorite le utilities e le ex municipalizzate che gestiscono la raccolta e il trattamento dei rifiuti (FORSU) e che, spesso, dispongono anche di un parco veicoli offrendo servizi di trasporto pubblico.

L’Idroelettrico

La potenza idroelettrica cumulata installata in Italia a fine 2013 è pari a 18,3 GW e negli ultimi 5 anni è cresciuta complessivamente del 4%, contando mediamente su circa 130 MW aggiuntivi ogni anno. Nello stesso periodo la taglia media del parco impianti italiano è passata tuttavia da 8,1 a 6 MW.

Tale andamento è dovuto principalmente alla maggiore crescita del numero di impianti di potenza inferiore al MW (mediamente +9,7% annuo) rispetto a quelli di media e grande taglia (rispettivamente +3,6% e +0,5% annuo). A fine 2013 circa il 64% degli impianti installati era ascrivibile al segmento ≤ 1 MW(3% della potenza complessiva), il 26% era costituito da impianti tra 1 e 10 MW (che contavano per il 13% della potenza) e il 10% da grandi impianti > 1 MW (che costituivano l’83% della potenza installata).

Circa il 60% della potenza cumulata è installata in tre Regioni (Lombardia, Trentino e Piemonte) soprattutto grazie ad una forte concentrazione di impianti al di sopra dei 10 MW, ascrivibili al grande idroelettrico che sfrutta i bacini alpini e la cui piena diffusione è iniziata già a partire dagli anni 50.

Ad oggi, gli impianti esistenti possono beneficiare, a seconda del periodo di entrata in esercizio, del meccanismo dei Certificati Verdi (CV), delle Tariffe Onnicomprensive (TO) o del sistema del Ritiro Dedicato (RID) e dei Prezzi Minimi Garantiti (PMG).

Il costo indicativo cumulato annuo totale per l’incentivazione all’idroelettrico tramite CV e TO rilevato a fine Gennaio 2014 è pari a circa 1 miliardo di Euro.

Il regime di Ritiro Dedicato si pone quale alternativa al normale regime di vendita dell’energia elettrica. L’energia elettrica immessa in rete dal singolo impianto viene infatti interamente ritirata dal GSE, che assume il ruolo di controparte del produttore in questa specifica convenzione. Il prezzo di ritiro riconosciuto dal GSE sull’energia immessa in rete è definito dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG), è pari al Prezzo Zonale Orario della specifica zona di immissione, è corrisposto sulla base del profilo orario di immissione del singolo produttore. Al Ritiro Dedicato non possono avere accesso gli impianti che beneficiano delle tariffe onnicomprensive (TO).

Il Prezzo Minimo Garantito (PMG) è una convenzione riservata ai soggetti che hanno accesso al Ritiro Dedicato (RID) che prevede un limite inferiore al prezzo di ritiro da parte del GSE dell’energia elettrica immessa annualmente in rete dai produttori, riconosciuto, e aggiornato annualmente dall’AEEG sul primo e secondo milione di kWh immessi (che quindi ragionevolmente ha un impatto soprattutto sugli impianti di taglia inferiore a 1 MW).

Con la Delibera 618/2013/R/EFR, l’AEEG ha introdotto alcune modifiche al meccanismo del PMG in termini di valore del Prezzo Minimo Garantito riconosciuto e di volume complessivo di energia elettrica immessa sulla quale viene riconosciuto il PMG. La modifica introdotta dal DL 145/2013 «Destinazione Italia» pubblicato in Gazzetta Ufficiale in data 21 Febbraio 2014 riduce inoltre la soglia di accesso ai PMG da 1 MW a 500 kW per gli impianti idroelettrici incentivati. La revisione riguarda circa 1.000 impianti per oltre 330 MW.

L’effetto retroattivo sugli impianti incentivati tramite CV risulta significativo soprattutto per le taglie più grandi (superiori ai 500 kW) obbligando i gestori a intervenire per l’ottimizzazione dei costi di gestione e manutenzione e per la valorizzazione dell’energia prodotta (ad esempio attraverso sistemi di forecasting).

Il DM 6 Luglio 2012 che ha introdotto i meccanismi delle Aste e dei Registri, prevede un contingente annuo complessivo incentivabile pari a 420 MW per l’idroelettrico. I risultati dei primi due turni delle procedure di accesso all’incentivazione mostrano una forte concentrazione delle richieste sulle medie taglie a cui fanno riferimento i Registri e un sostanziale disinteresse per i grandi impianti. Il 3° turno di incentivazione costituirà l’ultimo turno di assegnazione del contingente, al quale verosimilmente avranno accesso i soli impianti che avevano presentato richiesta nelle precedenti tornate e che erano stati esclusi.

Il 65% dei progetti incentivati (in MW) negli ultimi due anni è riconducibile alle Regioni del Nord (Trentino, Lombardia, Piemonte e Veneto). Il 9% della potenza incentivata è ascrivibile a due Regioni del Centro-Sud, Basilicata e Abruzzo, grazie ad una importante quota di impianti di piccole dimensioni.

Quasi la totalità (oltre il 90%) dei progetti incentivati è ascrivibile a impianti mini-idroelettrici (p < 1 MW).

In particolare, il segmento più rilevante è costituito da taglie medio piccole (tra 100 e 500 kW) che contano per il 64% dei progetti (35% della potenza) complessivamente incentivati.

In base all’analisi del mercato e alle prospettive definite dai contingenti di potenza delle procedure di Asta e Registro, nel 2014 e nel 2015 il mercato dell’idroelettrico in Italia continuerà a crescere con un ritmo prossimo ai 70 MW/annui.

Il mini-idroelettrico rappresenta il comparto più dinamico dell’idroelettrico in Italia grazie a: (i) il recente sviluppo di tecnologie in grado di sfruttare piccoli salti e portate molto ridotte per la produzione di energia elettrica preservando al contempo l’efficienza complessiva del sistema; (ii) un sistema incentivante che risulta premiante per le piccole taglie, rispetto alle grandi; (iii) un notevole potenziale ancora non sfruttato, al contrario di quanto si verifica per il «grande idroelettrico».

Nel caso degli impianti mini idroelettrici si registra una elevata variabilità dei costi di investimento (CAPEX).Ragionando su valori aggregati, risulta tuttavia evidente un effetto scala in funzione della taglia dell’impianto, con una variabilità dei costi medi di investimento compresa tra i circa 6.200 €/kW delle taglie più piccole (< 100 kW) e i 3.800 €/kW degli impianti sopra i 500 kW. Confrontando le diverse tipologie di installazione si riscontrano differenze di costo che possono arrivare anche al 25% tra impianti «su condotta» e impianti ad acqua fluente «tradizionali» (costituiti cioè da bassi salti e portate generalmente più elevate).

Il mercato degli impianti al di sotto del MW costituisce il principale settore di crescita dell’idroelettrico in Italia. La potenza cumulata complessiva è cresciuta del 40% tra il 2008 e il 2013vcon una media di nuove installazioni pari a circa 35 MW/anno.

Per gli impianti mini idroelettrici è presente, oltre al sistema del Registro, un meccanismo di accesso diretto alle tariffe onnicomprensive che è riconosciuto per tutti gli impianti con potenza inferiore ai 50 kW e fino a 250 kW per impianti che presentano specifiche configurazioni impiantistiche.

Il meccanismo di accesso diretto all’incentivazione rappresenta una importante facilitazione per i micro impianti che, potendo prescindere dal meccanismo del Registro, possono richiedere direttamente la qualifica IAFR e quindi ottenere l’accesso alla tariffa incentivante.

Le ore di funzionamento annue rappresentano il parametro critico per la redditività dell’investimento. Gli impianti di taglia intermedia (rappresentati dalla taglia 400 kW) si mostrano come quelli in grado di assicurare il miglior rapporto tra costo di investimento e tariffa incentivante e dunque, in ultima analisi, il miglior profilo di rendimento.

Un importante potenziale di sviluppo per il futuro del mini idroelettrico in Italia, è rappresentato dalle installazioni su canali irrigui o condotte di presa/scarico di acquedotti per diversi motivi: (i) l’elevato numero di ore annue di funzionamento (generalmente pari a 8.000); (ii) i minori costi di investimento data l’entità contenuta dei costi per le opere edili e idrauliche (in parte già esistenti); (iii) tempi e costi di autorizzazione più contenuti rispetto agli impianti «tradizionali»; (iv) un potenziale ancora sfruttabile estremamente significativo, al contrario di quanto invece si riscontra nel caso dei grandi bacini tradizionali, già ampiamente sfruttati.

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