Smart Grid Report e il mercato delle Energy Community in Italia

Come sta cambiando il sistema energetico in Italia, il ruolo delle Energy Community: dalla mappatura delle soluzioni tecnologiche alle iniziative in corso in Italia, dalla convenienza economica al quadro normativo

Il Rapporto Smart Grid Report 2014 dell’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano sarà presentato in un convegno a Milano il prossimo 3 luglio alle ore 9.30 presso il Politecnico di Milano – Aula Carlo De’ Carli.

Vi proponiamo in anteprima l’Executive summary.

La terza edizione dello Smart Grid Report si colloca in un periodo di transizione per il sistema energetico del nostro Paese che, dopo essere stato interessato negli ultimi anni dalla massiccia diffusione delle fonti rinnovabili, è chiamato a ridisegnare le sue modalità di gestione e funzionamento, anche sulla scorta della valenza “strategica” che tale riassetto può avere.

In questo scenario, lo studio si propone di affrontare una tematica di frontiera, ossia le Energy Community, che in uno scenario a tendere rappresenteranno uno dei blocchi costitutivi della Smart Grid, allorché si assisterà alla formazione di aggregazioni di utenze energetiche che condivideranno la gestione ed il soddisfacimento dei propri fabbisogni energetici.

Lo studio è stato condotto utilizzando approcci metodologici diversi, ancorché interrelati e complementari tra di loro: dall’analisi della letteratura all’analisi della normativa, dal confronto con ricercatori, professori universitari ed operatori del settore articolato su circa 100 interviste, all’analisi comparativa di rapporti di ricerca e studi di settore italiani e internazionali, alla realizzazione di oltre 20 casi di studio su un campione di imprese operanti nel settore ed impegnate in progetti concreti, infine alla realizzazione di modelli quantitativi per la stima della sostenibilità economica e del potenziale di diffusione delle Energy Community.

Lo studio è stato suddiviso in 6 capitoli.
Il capitolo1 intende fornire una definizione del concetto di Energy Community, individuando i benefici conseguibili grazie alla sua implementazione ed analizzando le categorie di utenze energetiche potenzialmente interessate a costituirsi in un’Energy Community, dal cui matching derivano una serie di modelli di Energy Community, oggetto d’analisi dei successivi capitoli.
Il capitolo 2 offre una mappatura delle soluzioni tecnologiche abilitanti le Energy Community, analizzandole sia dal punto di vista funzionale che della maturità tecnologica.
Il capitolo 3 sviluppa invece un quadro aggiornato delle principali iniziative attualmente in fase di realizzazione in Italia sul tema Energy Community, individuando in particolare i soggetti coinvolti nella realizzazione, le finalità del progetto e le soluzioni tecnologiche adottate.
Il capitolo 4 fornisce una stima della convenienza economica della realizzazione delle Energy Community e la relativa “sostenibilità energetica”. Il capitolo 5, invece, presenta un quadro dell’attuale impianto normativo-regolatorio che ha un impatto sulla diffusione delle Energy Community in Italia, al fine di evidenziare i principali “limiti” su cui il legislatore dovrebbe focalizzare l’attenzione.
Il capitolo 6, infine, offre innanzitutto una stima del potenziale di mercato in Italia delle Energy Community, in particolare individuando e quantificando quattro scenari “attesi” di diffusione al 2030 e le relative ricadute sia sul sistema energetico che sul sistema Paese. In secondo luogo, in questo capitolo si analizzano le principali criticità che caratterizzano l’approccio dell’Energy Community, con particolare enfasi sul reperimento delle risorse finanziarie necessarie per realizzare gli investimenti, presentando il punto di vista degli altri stakeholder potenzialmente coinvolti, quali i fornitori di servizi energetici e gli istituti di credito.

Nel seguito si passeranno in rassegna i diversi temi trattati e le principali evidenze emerse, rimandando ai rispettivi capitoli per i necessari dettagli.

Una definizione di Energy Community

Il concetto di Energy Community fa riferimento adun insieme di utenze energetiche che decidono di effettuare scelte comuni dal punto di vista del soddisfacimento del proprio fabbisogno energetico, al fine di massimizzare i benefici derivanti da quest’approccio collegiale, grazie all’implementazione di soluzioni tecnologiche per la generazione distribuita di energia e la gestione intelligente dei flussi energetici. Nell’ambito dell’evoluzione del sistema elettrico verso la Smart Grid, le Energy Community – seppur in generale non limitate al vettore elettrico – rappresentano uno degli elementi costitutivi, essendo tipicamente connesse alla rete elettrica pubblica, seppur vi sono dei casi di applicazioni cosiddette off-grid, in contesti ove la rete elettrica non è presente in maniera capillare.

Le categorie di utenze energetiche potenzialmente interessate acostituirsi parte di un’Energy Community sono molteplici. In particolare, si possono individuare: (i) utenze in ambito residenziale, quali ad esempio i condomini ed i complessi residenziali; (ii) utenze in ambito industriale, quali ad esempio i distretti industriali; (iii) utenze in ambito terziario, quali ad esempio i centri commerciali/logistici ed i complessi ospedalieri. In particolare, le aggregazioni di utenze che si costituiscono in un’Energy Community possono essere sia omogenee, nel caso in cui facciano parte della medesima categoria, o miste, se invece appartengono a categorie differenti.

La realizzazione di un’Energy Community permette di conseguire una serie di benefici per le utenze energetiche presenti al suo interno, che vanno dal miglioramento della qualità e dell’affidabilità della fornitura di energia – inteso come la possibilità di garantire alle utenze energetiche parte dell’Energy Community un’elevata power qualityall’ottimizzazione della spesa per l’energia – intesa come la possibilità di garantire alle utenze energetiche un costo di approvvigionamento dei vettori energetici inferiore rispetto alle modalità di approvvigionamento tradizionali. Le diverse categorie di utenze energetiche, in base alle specifiche peculiarità, attribuiscono una diversa rilevanza ai potenziali benefici, il cui peso relativo permette di caratterizzare le aggregazioni di utenze energetiche e, conseguentemente, di individuare la configurazione di Energy Community più appropriata.

 

La caratterizzazione delle utenze energetiche – rimandando al Capitolo 1 per i necessari dettagli a riguardo – ha permesso di individuare 5 modelli di Energy Community: (i) modello residenziale (RES), riferito ad un condominio composto da 30 unità abitative; (ii) modello terziario, con focus sull’ottimizzazione della spesa per l’energia (TER-HEI), riferito ad un cluster di 3 centri commerciali limitrofi aventi una superficie espositiva di circa 2.500 m2 ciascuno; modello terziario, con focus sul miglioramento della qualità e dell’affidabilità della fornitura di energia (TER-HPI), riferito ad un complesso ospedaliero avente circa 400 posti letto; modello industriale (IND-HPI), riferito ad un cluster di 3 stabilimenti industriali limitrofi appartenenti a 3 PMI aventi un fatturato di circa 30 mln € ciascuna; un modello urbano (URBANO) – esempio di Energy Community mista – riferito ad un complesso ospedaliero e 5 condomini limitrofi.

 

Oltre ai benefici per le utenze energetiche incluse in un’Energy Community, grazie alla diffusione di queste ultime è possibile conseguire una serie di benefici sistemici, che rendono le Energy Community d’interesse anche per la collettività. Si fa riferimento in primo luogo a benefici per il sistema elettrico, quali la possibilità da parte delle Energy Community di contribuire alla sicurezza dell’esercizio del sistema elettrico ed all’incremento della capacità da parte dello stesso di accogliere quantità crescenti di impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili, i quali si traducono in costi evitabili d’investimento e gestione del sistema elettrico. In secondo luogo, vi sono altri importanti benefici conseguibili a livello di sistema Paese, quali la riduzione della dipendenza energetica dall’estero – uno dei principali fardelli che grava sulla competitività del nostro Paese – e lo sviluppo di filiere nazionali relative ai produttori delle tecnologie abilitanti le Energy Community.

 

Le tecnologie abilitanti le Energy Community

Per realizzare una Energy Community risulta necessaria l’adozione di un set di tecnologie abilitanti, le quali possono essere classificate, in base alle relative funzionalità, in tre categorie: (i) produzione ed utilizzo dell’energia, ossia tecnologie che consentono di produrre in loco l’energia di cui necessitano le utenze all’interno dell’Energy Community e di consumare tale energia in maniera smart ed efficiente; (ii) gestione, controllo e monitoraggio dei flussi energetici, ossia tecnologie che consentono di controllare da remoto gli asset di produzione/distribuzione/accumulo/consumo di energia presenti all’interno dell’Energy Community e di gestire i flussi energetici all’interno della stessa; (iii) distribuzione dei flussi energetici ed informativi, ossia tecnologie che consentono di distribuire i flussi energetici ed informativi tra gli asset di produzione/accumulo/consumo di energia ed i sistemi di gestione all’interno dell’Energy Community. Per quanto concerne le tecnologie per la produzione e l’utilizzo dell’energia, di fatto la loro diffusione risulta ad oggi piuttosto ampia – con la principale eccezione rappresentata dai sistemi di storage. La vera novità risiede nel passaggio, da parte delle utenze energetiche che si costituiscono in una Energy Community, da un approccio “individuale” alla gestione dell’energia ad uno “collegiale”, che per essere implementato richiede la contestuale adozione di altre categorie di soluzioni tecnologiche, ossia quelle necessarie per gestire e distribuire i flussi energetici tra le utenze all’interno dell’Energy Community.

Le peculiarità che caratterizzano ciascuna tecnologia dal punto vista funzionale, con particolare riferimento a quelle per la produzione e l’utilizzo dell’energia, le rendono più o meno adatte all’adozione nei 5 modelli analizzati. Ad esempio, i sistemi di storage cosiddetti power intensive (come ad esempio le batterie al litio) risultano maggiormente adatti in quegli ambiti ove risulta prioritario il miglioramento della qualità e dell’affidabilità della fornitura di energia, viceversa i sistemi cosiddetti energy intensive (come ad esempio le batterie al piombo o al sale) sono più adatti ove la priorità risiede nell’ottimizzazione della spesa per l’energia, specie nei casi dove è prevista un’importante presenza di impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili. L’analisi ha così permesso di individuare, per ciascuno dei modelli, uno specifico set di tecnologie abilitanti ed il relativo dimensionamento.

Guardando infine le diverse soluzioni tecnologiche dal punto di vista della loro maturità, emerge che, in generale, la variabile tecnologica non rappresenta l’aspetto più critico per la diffusione delle Energy Community, dato che la maggior parte di esse risulta avere un grado di maturità medio-alto. Ciò nonostante – come si discuterà nel seguito – su alcune specifiche tecnologie il miglioramento delle perfomance tecnico-economiche potrà accelerare la traiettoria di diffusione delle Energy Community.

La diffusione delle Energy Community

Le iniziative attualmente in fase di realizzazione nel nostro Paese sul tema Energy Community sono in numero piuttosto limitato. Ciò deriva in primis dal fatto che – come si discuterà in maniera più ampia nella sezione dedicata alla Normativa – all’interno dell’attuale quadro normativo-regolatorio non è prevista in Italia la definizione di Energy Community nell’accezione considerata all’interno dello studio. D’altro canto, vi sono due categorie di configurazioni impiantistiche, opportunamente definite e regolate, che sono riconducibili alla definizione di Energy Community, ossia le cosiddette Reti Interne di Utenza e Cooperative storiche. Di queste ad oggi si annoverano 73 e 77 casi in Italia. In base alla regolazione vigente, inoltre, non risulta possibile realizzarne di nuove.

Guardando alle più recenti iniziative censite, esse fanno riferimento a progetti a carattere prevalentemente sperimentale – focalizzati prevalentemente in ambito terziario ed industriale – volti alla valutazione della fattibilità tecnica e delle modalità d’integrazione di soluzioni tecnologiche innovative piuttosto che basati sulla sussistenza di un solido razionale economico.

Un esempio emblematico fa riferimento al progetto “SCUOLA” (acronimo di Smart Campus as Urban Open LAbs) recentemente promosso dal Politecnico di Milano in collaborazione con l’Università di Brescia, A2a ed altre 12 imprese, avente l’obiettivo di realizzare una Energy Community all’interno di un campus universitario, similmente a quanto già realizzato nell’ambito del progetto Smart Polygeneration Microgrid presso il Campus di Savona dell’Università di Genova, da parte dell’Università stessa in collaborazione con Siemens.

Il denominatore comune di queste iniziative–che prevedono investimenti importanti, nell’ordine dei milioni di euro – è indubbiamente rappresentato dalla stretta collaborazione tra soggetti attivi nel mondo della ricerca (università, enti pubblici di ricerca), imprese (fornitori di tecnologie, system integrator, utility) ed istituzioni (Ministeri, Regioni), che contribuiscono a finanziare nella maggior parte dei casi analizzati una quota consistente degli investimenti in gioco.

La valutazione economica ed energetica delle Energy Community

Per comprendere se ed in che misura le Energy Community risultano economicamente convenienti, si è dovuto innanzitutto definire un set di tecnologie abilitanti per ciascuno dei 5 modelli di Energy Community individuati. In particolare, nelle simulazioni s’ipotizza che l’investimento per la realizzazione dell’Energy Community sia a carico delle utenze energetiche che si costituiscono nella stessa – pro-quota rispetto al relativo fabbisogno energetico – e che nessuna delle tecnologie abilitanti è presente presso le utenze energetiche prima che esse si costituiscano nell’Energy Community.

Nel complesso si sono analizzati due differenti scenari, che prevedono rispettivamente il pagamento degli oneri generali di sistema e di rete esclusivamente sulla quota parte di energia elettrica prelevata dalla rete pubblica per soddisfare il fabbisogno dalle utenze energetiche all’interno dell’Energy Community (analogamente a quanto previsto oggi per i SEU, di cui si parla all’interno del capitolo sulla Normativa), ed il pagamento degli oneri generali di sistema e di rete sulla totalità dell’energia elettrica consumata dalle utenze energetiche all’interno dell’Energy Community (direzione verso la quale sembra tendere per il futuro la regolazione).

Il quadro che ne è emerso risulta piuttosto interessante. Nello scenario in cui pagamento degli oneri generali di sistema e di rete avviene esclusivamente sull’energia elettrica prelevata da rete, i modelli di Energy Community presentano ritorni economici sull’investimento molto interessanti, soprattutto in termini di tasso interno di rendimento (IRR), con una prevalenza degli ambiti industriale e terziario, che presentano IRR tra il 20% ed il 40%. È tuttavia da sottolineare che i tempi di pay-back dell’investimento sono generalmente superiori alle soglie di accettabilità normalmente adottate da investitori privati, rispettivamente inferiori a 2 anni in ambito industriale, 4 in ambito terziario e 6 in ambito residenziale. Il modello residenziale risulta essere quello meno sostenibile dal punto di vista economico, con un IRR intorno al 4% ed un tempo di pay-back nell’ordine dei 15 anni.

Dalle simulazioni relative al secondo scenario emerge che l’attribuzione degli oneri generali di sistema e di rete sull’energia elettrica consumata – e non esclusivamente sulla quota prelevata da rete – ha un rilevante impatto negativo in termini di peggioramento degli economics dell’investimento, aumentando mediamente del 30-50% il tempo di ritorno dell’investimento per i diversi modelli. Tale effetto è particolarmente accentuato nei casi in cui l’implementazione dell’Energy Community, come ad esempio in ambito industriale, permette di incrementare sensibilmente il livello d’indipendenza dalla rete elettrica.

Inoltre, è stata anche valutata la sostenibilità energetica dei modelli di Energy Community, in termini di riduzione del fabbisogno energetico delle utenze all’interno dell’Energy Community rispetto alla situazione precedente alla realizzazione della stessa ed in termini di riduzione degli scambi di energia elettrica con la rete, intesi come sommatoria di prelievi ed immissioni di energia. Dall’analisi emerge che, da un lato, la realizzazione delle Energy Community rappresenta un potenziale volano per la promozione degli interventi di efficientamento energetico, che verrebbero inseriti all’interno di iniziative di più ampia portata. Le riduzioni attese del fabbisogno energetico complessivo sono infatti mediamente pari o superiori al 10% nei diversi modelli analizzati. Dall’altro lato, la realizzazione delle Energy Community permettono di ridurre il peso delle utenze energetiche sulla rete elettrica di una quantità pari o superiore al 50% rispetto alla situazione precedente alla realizzazione delle Energy Community. Unica eccezione è rappresentata dal modello residenziale, dove a seguito dell’elettrificazione del consumo termico – grazie all’adozione della pompa di calore – ed all’adozione del fotovoltaico, gli scambi complessivi con la rete elettrica aumentano, nonostante l’adozione di un sistema di storage.

 

Il quadro normativo-regolatorio sulle Energy Community

Come sempre accade quando si parla di mercati dell’energia, oltre agli aspetti tecnologici è indispensabile analizzare l’impatto del quadro normativo-regolatorio sulla diffusione delle Energy Community, tanto più alla luce del fatto che – come detto in precedenza – da un lato la variabile tecnologica non rappresenta un fattore particolamente critico per la diffusione delle Energy Community, dall’altro lato l’assetto regolatorio ha anche un forte impatto sui ritorni economici dell’investimento.

Dall’analisi emerge in primo luogo, come anticipato sopra, che l’attuale quadro normativo-regolatorio in Italia non prevede la definizione di Energy Community, nell’accezione considerata all’interno dello studio. D’altro canto, vi sono diverse configurazioni impiantistiche (ossia modelli di Energy Community) attualmente normate che, seppur in maniera diversa, sono prossime alla definizione di Energy Community considerata nello studio. In particolare, alcune, come ad esempio i Sistemi Efficienti di Utenza (SEU),scontano criticità che ne limitano la portata e ne rallentano la diffusione, mentre altre configurazioni impiantistiche, come ad esempio le Reti Interne di Utenza (RIU), maggiormente coerenti con la definizione di Energy Community considerata all’interno del Rapporto, sono di fatto inapplicabili a causa dei vincoli temporali di entrata in esercizio.

In secondo luogo, l’attuale quadro normativo-regolatorio si focalizza prevalentemente sull’incentivazione di soluzioni tecnologiche singole – attraverso meccanismi ormai ben noti, quali ad esempio i Titoli di Efficienza Energetica o il Conto Energia Termico – trascurando le aggregazioni di più tecnologie/utenti.

Analizzando i modelli di Energy Community rispetto alle configurazioni impiantistiche attualmente previste dal quadro-regolatorio, emerge che i modelli industriale e terziario sono quelli più vicini a quella che potremmo chiamare fattibilità normativa, nella misura in cui essi essi rientrano in una specifica configurazione impiantistica già definita (i cosiddetti Sistemi di Distribuzione Chiusi), sulla quale tuttavia ad oggi manca il prvvedimento che che ne regoli l’accesso alla rete. Viceversa, i modelli residenziale ed urbano non sono inquadrabili all’interno delle configurazioni impiantistiche già normate, sebbene le caratteristiche del primo lo rendono assimilabile ad un Sistema Efficiente di Utenza multi-cliente. Rileggendo quest’analisi alla luce della sostenibilità economica e degli impatti sistemici associati ai diversi modelli – discussi in dettaglio nel capitolo successivo, si nota come risulti prioritario abilitare il modello di Energy Community in ambito industriale, dal momento cheesso è caratterizzato da un’elevata fattibilità economica e da rilevanti benefici sistemici conseguibili grazie alla sua diffusione, traendo spunto da altre realtà a livello europeo dove tale modello risulta già implementabile. Discorso analogo vale per il modello terziario, dove tuttavia la convenienza economica risulta meno marcata rispetto al modello industriale. Viceversa, il modello di Energy Community in ambito residenziale presenta– come discusso in precedenza – una ridotta fattibilità economica, a fronte di elevati benefici sistemici potenzialmente conseguibili. Pertanto, appare auspicabile l’avvio di un processo di regolazione di questo modello, valutando anche l’opportunità di introdurre strumenti di incentivazione ad hoc che ne rendano sostenibile la realizzazione.

Il potenziale di diffusione delle Energy Community

Il potenziale di diffusione teorico delle Energy Community in Italia, stimato sulla base del livello di replicabilità dei modelli di Energy Community analizzati, consta di circa 450.000 Energy Community, corrispondenti ad un volume d’investimento nell’ordine dei 500 mld €, la massima parte del quale riferito agli ambiti residenziale ed industriale.

A partire da questi valori, nello studio sonodelineati quattro scenari di diffusione attesa delle Energy Community in Italia, considerando come orizzonte temporale di riferimento il 2030 e sulla base di: (i) evoluzione del quadro normativo-regolatorio, in termini di modifiche dei modelli di Energy Community realizzabili nel sistema elettrico e dei ruoli e delle responsabilità dei diversi attori che sono parte del sistema energetico; (ii) evoluzione tecnologica, in termini di miglioramento delle performance tecnico-economiche delle soluzioni tecnologiche che ancora non hanno raggiunto un grado di maturità elevato (come ad esempio i sistemi di storage). In particolare, lo scenario più ottimistico, che simula un’evoluzione della normativa nel breve periodo favorevole alla diffusione delle Energy Community ed il raggiungimento dei target di costo e performance attesi per le tecnologie abilitanti le Energy Community non ancora mature, prevede che al 2030 si realizzino in Italia quasi 100.000 Energy Community, cui è associato un volume d’affari di 160 mld € (mediamente pari a circa 10 mld €/anno). Viceversa, lo scenario più conservativo prevede la realizzazione di un numero di Energy Community di gran lunga inferiore ma comunque ragguardevole, nell’ordine delle 25.000 unità, per un volume d’affari di circa 50 mld €. La variabile normativa risulta essere quella più impattante, nella misura in cui, a parità di dinamiche tecnologiche, un’evoluzione ottimistica del quadro normativo-regolatorio permetterebbe di raddoppiare il numero di Energy Community realizzate.

A tale potenziale sono associate ricadute sistemiche piuttosto rilevanti. In termini di costi sostenuti a livello di sistema elettrico – e quindi in ultima istanza da tutte le utenze energetiche –questi potrebbero essere ridotti tra 0,3 ed 1 mld € all’anno (pari a circa il 10-30% del totale sostenuto ad oggi), in base all’effettivo livello di diffusione delle Energy Community. In secondo luogo, altri importanti benefici sistemici potrebbero essere conseguiti, primi fra tutti la riduzione della dipendenza energetica dall’estero, di un valore fino a circa 10 mld €/anno, pari a circa un sesto dell’attuale bolletta energetica per l’import ed in linea rispetto al target fissato dalla Strategia Energetica Nazionale al 2020 (14 mld €/anno), e lo sviluppo di filiere nazionali riferite alle tecnologie abilitanti le Energy Community, le quali potrebbero accaparrarsi un giro d’affari nell’ordine dei 10-40 mld €al 2030 (mediamente pari ad 1-3 mld € all’anno).

 

Affinché tale potenziale si traduca in realizzazioni concrete, appare necessario che il Legislatore definisca un framework normativo-regolatorio che promuova la diffusione delle Energy Community, tenendo opportunamente in considerazione i sopraccitati benefici che la loro diffusione può permettere di conseguire, non trascurando tuttavia gli impatti di tale diffusione sui gestori di rete. Questi ultimi, con particolare riferimento ai gestori delle reti di distribuzione, vedrebbero come conseguenza della diffusione delle Energy Community una diminuzione degli investimenti di rete necessari (e della relativa remunerazione, stabilita a livello regolatorio), nell’ordine dei 20-100 mln € all’anno. D’altro canto, nell’ambito di un più generale ri-disegno del sistema elettrico, essi potrebbero assumere un nuovo ruolo che tragga benefici dalla diffusione delle Energy Community, come ad esempio assumersi la responsabilità dell’attività di dispacciamento a livello locale -ossia di rete di distribuzione (oggi di pertinenza del gestore della rete di trasmissione)–ivi compresi i flussi energetici scambiati con le Energy Community.

 

Infine, analizzando il modello dell’Energy Community nel suo complesso, emerge come la novità più rilevante risieda nel passaggio da un approccio individuale ad uno collegiale rispetto alla gestione dell’energia. Se, da una parte, il nuovo approccio consente di ottenere benefici di scala – dovuti alla maggiore taglia degli investimenti – e benefici riguardanti le sinergie che si riescono ad ottenere dall’unione di più utenze energetiche, d’altro lato esso sconta una serie di criticità, che devono essere attentamente valutate e superate al fine di abilitare un’ampia diffusione delle Energy Community. Si fa riferimento in particolare a: (i) consapevolezza dei vantaggi derivanti dall’approccio collegialealla gestione dell’energia; (ii)reperimento delle risorse finanziarie necessarie per realizzare l’Energy Community; (iii) capacità di prendere decisioni in maniera collegiale e stabilità nel tempo delle aggregazioni di utenze.

Sebbene tali criticità abbiano un diverso peso in base alle categoriedi utenze energetiche analizzate, dall’analisi emerge che il reperimento delle risorse finanziarie necessarie per la realizzazione delle Energy Community risulta l’aspetto cui porre maggior attenzione, trasversalmente alle categorie di utenze energetiche. A questo proposito, sono attualmente oggetto di studio schemi alternativi rispetto a quello che prevede che le utenze energetiche che si costituiscono in un’Energy Community sostengano il relativo investimento. Uno particolarmente interessante, analizzato all’interno dello studio e di cui si rilevano esempi di implementazione a livello internazionale, fa riferimento al cosiddetto microgrid-as-a-service, il quale prevede che un soggetto terzo, esterno alla Community, si occupi della realizzazione dell’Energy Community – ivi compreso il reperimento delle risorse finanziarie necessarie – e della successiva gestione della stessa, vendendo l’energia alle utenze energetiche all’interno dell’Energy Community. Questo schema elimina il problema del reperimento delle risorse finanziarie per realizzare l’Energy Community a carico del cliente finale (utenze energetiche),ribaltando tale onere sul soggetto terzo. In questa prospettiva, anche gli istituti di credito guardano al finanziamento delle Energy Community come un business potenzialmente interessante ed emergente, anche sulla scorta della forte contrazione degliinvestimenti cui si è assistito nel mondo delle rinnovabili. Tuttavia essi ad oggi lamentano l’instabilità percepita del quadro normativo-regolatorio – al pari di altri player industriali – che li tiene lontani dal finanziamento di queste iniziative. Inoltre rilevano alcune criticità insite in questo business, parte delle quali già riscontrate nell’ambito del finanziamento all’efficienza energetica. In particolare, si fa riferimento alla capacità di valutare dal punto di vista tecnico gli interventi da finanziare – che prevedono l’adozione congiunta di più tecnologie – e dei relativi ritorni economici ed alla garanzia dell’affidabilità della controparte, che in questi casi è rappresentata da un’aggregazione di clienti.

 

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