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EX-VETRO[1] Approfondimento realizzato in collaborazione con Architettura>Energia, centro ricerche del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara. Bormioli, storia di un tramonto Mai come oggi risulta fondamentale istituire ed approfondire un discorso incentrato sul riuso e sulla rivitalizzazione di aree industriali dismesse; al fine di raggiungere gli obiettivi energetici prefissati dalla comunità internazionale, è opportuno rivedere il modus operandi nel rispetto delle nuove edificazioni, ma è altrettanto importante concentrare i nostri sforzi sul patrimonio esistente, al fine di salvaguardare aree non ancora urbanizzate. La rigenerazione dei manufatti industriali presenti in aree brownfield è tema ancor più specifico, ma a questo direttamente collegato; quando alcuni di questi oggetti vengono riconosciuti dalla comunità scientifica locale come portatori di valore storico-artistico e ne viene promossa la tutela, si acuisce il livello di specificità: il tema dell’ “archeologia industriale” (termine usato spesso in maniera impropria), deve essere valutato ed analizzato caso per caso, al fine di poter proporre una rigenerazione che sia in linea con gli sviluppi della città, con le sue più impellenti necessità, con la sua situazione economica. Questo progetto di tesi vuole essere un ulteriore tassello, benchè minimo, in questo discorso: analizzando nello specifico quanto a noi è arrivato e proponendo una nuova, realistica visione per i manufatti tutelati dell’ex vetreria Bormioli Rocco e Figlio in Parma. Dimensionamento delle aree principali di Parma Inquadramento dell’area nella zona nord di Parma Cuore pulsante del quartiere S.Leonardo fin dagli albori del XXsecolo, la vetreria Bormioli diviene presto la principale fabbrica del territorio parmense, raggiungendo verso la fine degli anni ’80 i 2000 dipendenti e un livello produttivo giornaliero di 800.000 unità. Il contestuale sviluppo della città ducale rende necessaria la delocalizzazione degli impianti produttivi (maggio 2004), che oggi hanno come base la manifattura di Fidenza. A livello cittadino, la dismissione dell’unico stabilimento storico ancora esistente e funzionante in Parma suscita non poche reazioni: mentre i 17 ettari defunzionalizzati passano di proprietà ad un privato, che si accolla i costi di bonifica, la movimentazione di piccoli enti locali chiama in causa l’intervento della Soprintendenza dei Beni Architettonici e Paesaggistici, che decide di tutelare parte dell’impianto industriale in nome del suo ruolo come polarità di interesse storico-culturale. Ad oggi la bonifica risulta essere completa al 98%, con la totalità delle operazioni compiute fuori terra e la quasi interezza dei compiti pre-imposti nel primo layer sotterraneo, studiato mediante carotaggi ed analisi di laboratorio. Ciononostante, nulla sembra muoversi per chi vive il quartiere San Leonardo quotidianamente: le mura che un tempo sono servite per separare le attività produttive da quelle residenziali e commerciali sono rimaste, questa volta a protezione di un’area che necessita delle ultime operazioni di bonifica prima di potersi dichiarare agibile per un cantiere edile. È sicuramente necessario pazientare al fine di permettere una più sicura protezione per le attività future, interne e limitrofe all’area, ma a dieci anni dalla chiusura dell’impianto si corre anche il rischio che questo pezzo di città venga relegato nel dimenticatoio di molti cittadini ducali. Quasi a voler allungare le tempistiche di re-immissione del manufatto nel contesto urbano, si è resa necessaria una revisione dell’accordo pubblico-privato, le cifre del quale sono state riallineate con la situazione attuale, post-crisi, dei mercati economico-finanziari: al momento le parti (Comune-Soprintendenza-Privato) si sono trovate su un accordo monetario, ma non operativo: è previsto un intervento privato pari a 2.6 milioni di Euro il cui fine è la riqualificazione del “tessuto consolidato di interesse comune”, da cedere gratuitamente al Comune in cambio dello ius ædificandi sulla superficie restante del comparto, mentre rimangono ancora incerte le modalità operative dell’intervento, dati i vincoli e le limitazioni volute dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici e Paesaggistici. Senza un intervento sull’impianto tutelato non può esserci riqualificazione dell’intero comparto, ed è quindi questo primo step operativo l’oggetto della presente tesi di laurea. Vista d’insieme dei manufatti tutelati Filosofia di progetto Premesse come l’accordo pubblico-privato o il vincolo di tutela suggeriscono un approccio alla progettazione scandito per fasi: la rigenerazione avviene per piccoli step in modo da distribuire i costi di progetto sul lungo periodo, ed allo stesso tempo favorire l’assorbimento della nuova polarità da parte del contesto. Le fasi si seguono in uno sviluppo temporale, ma anche funzionale: ogni step del processo ex-vetro si configura come un intervento concluso in sè stesso, autonomo dal punto di vista operativo; l’attecchimento del programma di Fase 1 favorisce la “semina” e la crescita di Fase 2, che a sua volta è propedeutica allo sviluppo della fase conclusiva (Fase 3). Il programma prevede il parziale mantenimento dell’attività produttiva, riducendola da livello industriale a livello artigianale, al fine di favorire la riconnessione con il tessuto circostante. Attorno a questo nuovo micro-polo artigianale si distendono attività di supporto e di servizio dedicate: queste due funzioni primarie sono integrate da spazi cuscinetto dedicati alla cultura: un percorso dedicato alla memoria del vetro, una biblioteca ed una sala conferenze comune. L’inedito insieme di attività permette l’uso dell’area da parte di una variegata fetta della popolazione locale, garantendo un costante ricambio di possibili interazioni. A livello di intervento, “EX-VETRO” mantiene gli elementi propri dell’originale ciclo produttivo, al fine di sviluppare attorno a questi manufatti il percorso della memoria. Il comparto viene reso poroso, aperto al contesto e vengono mantenute le due ciminiere protette dal vincolo. La particolare configurazione della vetreria ha suggerito la ricomposizione dell’originale sistema di corti, attorno alle quali si svolgono le maggiori interazioni tra diverse funzioni. Per quanto riguarda l’azione sul costruito, si è deciso per un intervento leggero, economicamente sostenibile e totalmente reversibile: il “nuovo” è a diretto contatto con l’esistente, il riuso degli spazi è completo, le aperture sono riutilizzate senza pannellature. Strategia cronofunzionale La Fase1 del progetto “EX-VETRO”, approfondimento del progetto di tesi, sviluppa la disposizione funzionale di base su tutto il tutelato, ma si concentra sui due edifici più recenti scendendo al dettaglio tecnologico. Gli edifici industriali costruiti a metà del XX secolo (quadro elettrico e forno 1) sono colonizzati al fine di permettere lo svolgimento della vita quotidiana in maniera confortevole. La prima fase si manifesta quindi attraverso due interventi leggeri e completamente reversibili sui volumi degli anni ’50; tuttavia le operazioni sono distinte tra di loro, poichè a spazi differenti corrispondono diversi gradienti di adattabilità e degli ambienti e delle funzioni. Elementi della composizione Fase1 – azione1 L’intervento sul corpo alto centrale originariamente dedicato ad ospitare i trasformatori (quasi 28 tonnellate di apparecchiature, distribuite sulla superficie dell’ultimo solaio di 200mq complessivi, per un carico accidentale qa di 140kg/mq) rispetta i fronti ritmati tipici dell’architettura industriale di metà XX secolo evitando di intervenire in facciata, proponendo una coibentazione interna di poco spessore grazie all’uso di membrana termoriflettente ed un blocco servizi+collegamenti verticali. Tre funzioni principali colonizzano il volume: il laboratorio del vetro occupa l’interno nord del piano terra, in affaccio sulla “corte dell’artigianato”, mentre lo spazio sud è dedicato ad una sala conferenze comunitaria, prenotabile e affittabile su richiesta. Entrambe le funzioni comunicano e collaborano con il percorso della memoria adiacente, e rappresentano quindi il collante tra le due corti presenti ad ovest dell’edificio e la grande “corte per eventi” ad est. Elevandosi dal piano terra attraverso il nucleo centrale a servizio, la stecca viene sfruttata porosamente in tutti i suoi piani, rendendola affittabile a tempo determinato da micro-aziende la cui mission sia legata allo sviluppo dell’artigianato locale. Una zona privata comune è prevista sul lato nord della stecca: è lo spazio in cui le micro aziende accolgono i clienti o si incontrano per meeting interni. Questo spazio è identificato da un diverso uso dei materiali di rivestimento e soprattutto dal doppio cannocchiale est-ovest che sfrutta le aperture preesistenti, sporgendosi con aggetto di 60cm sulle due corti ai piedi dell’edificio. Il layout così evidenziato si ripete in entrambi i piani della stecca. Al fine di permettere un ambiente interno confortevole, l’intervento di retrofit prevede la creazione di una controparete interna coibentata con strato di isolante termoriflettente: sebbene il costo totale dell’operazione sia maggiore rispetto ad un intervento che sfrutti materiali isolanti comuni, l’uso del termoriflettente permette un risparmio di metratura interna, che invece di essere occupata dalla controparete viene resa libera ad uso dello spazio co-working. L’isolamento dall’interno è a volte reso necessario da caratteristiche contetuali: nel caso specifico di tesi, il vincolo di tutela è stato posto sul manufatto in questione e per le sue qualità posizionali e per l’apporto alla letteratura storico-industriale, quindi un intervento a coprire il ritmo di facciata avrebbe bypassato queste limitazioni contestuali. Coibentare un ambiente dall’interno è possibile, ma particolare attenzione va posta nella scelta dei materiali e nella qualità della manodopera specializzata, poichè un solo errore nella posa o nelle connessioni dello strato coibente andrebbe ad inficiare le caratteristiche termo-igrometriche degli ambienti interni di progetto. Pianta di progetto Fase1 – azione2 L’operazione in zona “forno1” si sviluppa invece mediante l’inserimento di un nuovo manufatto all’interno del preesistente, col fine di accogliere le funzioni di ristorazione e delimitare la zona dedicata al percorso della memoria. Mentre al piano terra spazi vengono ricavati per la creazione di una cucina ed una tavola calda, al piano alto lo spazio è dedicato al ristorante, più intimo e riservato rispetto alla funzione sorella del piano terra. Entrambe mantengono comunque il cono ottico verso la preesistenza del “forno1”, aprendosi anche al nuovo comparto residenziale verso est. In questo caso specifico si è optato per un blocco ex-novo con sistema stratificato su struttura X-LAM, leggero e completamente reversibile, inserito nella più complessa maglia strutturale dell’elemento tutelato più recente: il nuovo elemento è stato accostato alla pesante parete preesistente, a nord, per poi svilupparsi in maniera sempre più leggera procedendo verso sud, terminando con una pensilina separata, costruita con travi e pilastri in legno lamellare, dedicata al settore terminale del percorso della memoria industriale. Sezione di progetto Consorzio “EX-VETRO” Si è voluto quindi dare supporto economico alla teoria del progetto per fasi, analizzando le strategie delle fasi in successione, stimandone i costi principali ex-ante e proponendo un piano di sviluppo economico per l’area di durata pluriennale. Il concept economico si basa sulla nascita di un consorzio i cui membri partecipanti sono i diretti interessati, utilizzatori e nel caso gestori dei manufatti riabilitati: volendo entrare nel merito gli attori sono sette, rappresentanti sia del potere pubblico che privato, come le principali associazioni di quartiere, una società di ristorazione, alcuni artigiani locali. La scelta di utilizzare la figura giuridica del consorzio è nata dal bisogno necessario di flessibilità e facilità di gestione delle operazioni, pur mantenendo il potere derivato dall’associazione in essere di diversi soggetti. Il piano di sviluppo economico del progetto si basa quindi sulla definizione del consorzio “EX-VETRO”, che si occupa di gestire in maniera ottimale le modalità e le tempistiche di realizzazione delle tre fasi pianificate. Avendo una buona base di partenza rappresentata dai 2.6M di Euro garantiti dal proprietario dell’area, il consorzio sfrutta le diverse fasi per raggiungere il massimo grado di autofinanziamento possibile, senza quindi doversi affidare a terzi per raggiungere il traguardo identificato con la chiusura di Fase 3 e la messa in funzione a pieno regime di tutte le aree a disposizione. Al fine di sfruttare tutti i 2.6M di Euro nel loro massimo potenziale sono stati aggiunti micro steps tra le tre fasi principali: per permettere un accumulo ulteriore si è pensato ad un investimento della quota totale in un fondo di accumulo non vincolante (come potrebbe essere un Siiq, ovvero una societa’ di investimento immobiliare quotata); per favorire la buona riuscita dell’intervento si è inoltre pensato di introdurre steps comunicativi attraverso i quali la cittadinanza è portata a conoscere ed a toccare con mano l’area di interesse comune ed a valutare in maniera partecipativa le scelte progettuali. Naturalmente il piano economico è basato su informazioni e stime calcolate ex ante, e deve quindi scontare un dato margine di errore. La validità del concetto di base rimane, e, ça va sans dire, il margine di errore può essere ridotto prendendo in considerazione un approfondimento alla scala di dettaglio anche per le fasi 2 e 3. Conclusioni La situazione attuale, delineata da forti limiti economici e operativi, suggerisce diverse strade progettuali: il progetto ha voluto investigare una di queste vie, approfondendola a livello di dettaglio tecnologico e proponendo un piano economico pluriennale per portare a termine il progetto di tutta l’area sottoposta a tutela. Le scelte progettuali, i materiali scelti e le tecnologie di produzione sono stati ponderati valutando la situazione, puntando ad un efficientamento energetico tale da consentire il riuso in modo confortevole e mantenendo il costo delle varie operazioni all’interno della disponibilità del fondo consortile, senza doversi quindi appoggiare a finanziamenti esterni. La rilettura del documento della Soprintendenza ne ha evidenziato i limiti, proponendo un riuso graduato e mirato per ogni componente del gruppo di manufatti vincolati, adattando le scelte progettuali caso per caso, evidenziando rispetto per tutti gli edifici. La corte dell’artigianato La corte dell’evento Bibliografia (2012) Brianti S., Brownfield, Fermoeditore. (2012) Douet J., Industrial Heritage Retooled – The TICCIH guide to industrial heritage conservation, Lancaster: Carniege Publi- shing. (2010) Mangiarotti A. e Tronconi O., Il progetto di fattibilita?, Milano: McGraw Hill. 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