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Si celebra oggi la Giornata mondiale degli Oceani, istituita dalle nazioni Unite nel 1992 con l’obiettivo di salvaguardare e proteggere gli oceani che, ricorda l’ONU, coprono il 71% della superficie del nostro pianeta, ma solo una piccola parte delle loro acque, il 25% circa, è stata esplorata. Il tema scelto per il 2023 è “Pianeta Oceano: le maree stanno cambiando”, l’ONU ci ricorda che “Nonostante l’umanità faccia totale affidamento su di esso e rispetto all’ampiezza e alla profondità di ciò che ci offre, l’oceano riceve in cambio solo un frammento della nostra attenzione e delle nostre risorse”. Le Nazioni Unite intendono lavorare con decisori politici, scienziati, imprese, rappresentanti della società civile, comunità e giovani attivisti per mettere l’oceano in cima alle priorità dell’agenda climatica. Gli oceani sfruttati e sempre più caldi I recenti dati pubblicati dal Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus per conto della Commissione europea, che registrano i cambiamenti della temperatura superficiale dell’aria, nella copertura del ghiaccio marino e nelle variabili idrologiche, ci dicono che gli oceani sono sempre più caldi. In particolare Samantha Burgess, Vicedirettore del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus sottolinea che “maggio 2023 è stato il secondo più caldo a livello globale visto che le condizioni di El Niño continuano a manifestarsi nel Pacifico equatoriale”. Le temperature dell’Oceano stanno toccando livelli record e “i nostri dati indicano che la temperatura media di tutti i mari privi di ghiacci nel maggio 2023 è stata più alta di qualsiasi altro maggio”. Nel 2023 infatti il ghiaccio marino antartico ha raggiunto un valore mensile minimo, del 17% inferiore alla media. Il Segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres nel suo messaggio per celebrare la Giornata mondiale degli oceani, ha chiesto una maggiore azione per la protezione degli Oceani che sono il “più grande serbatoio di biodiversità del nostro pianeta e sostengono intere comunità: in tutto il mondo, più di un miliardo di persone si affidano al pesce come principale fonte di proteine”. Eppure il capo delle Nazioni Unite ha ricordato che il cambiamento climatico indotto dall’uomo sta riscaldando il pianeta, sconvolgendo i modelli meteorologici e le correnti oceaniche e alterando gli ecosistemi marini, le specie che vi abitano e la biodiversità. Guterres ha poi ricordato che lo scorso dicembre i Paesi hanno adottato un ambizioso obiettivo globale per la conservazione e gestione sostenibile del 30% della terraferma e delle aree marine e costiere entro la fine del decennio. Attualmente sono in corso i negoziati per un trattato globale e legalmente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica e a marzo i Paesi hanno approvato lo storico “Trattato d’alto mare” sulla conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità marina nelle aree al di fuori della giurisdizione nazionale. L’allarme del WWF per la salvaguardia del Mediterraneo Il “mare fuori”, che occupa i territori oltre le 12 miglia dalla costa, fondamentale per la vita marina e per la salvaguardia del Pianeta, è sempre più sfruttato. Si tratta di un ambiente per lo più sconosciuto, ricchissimo di vita, popolato da specie da salvaguardare e reso unico da paesaggi incredibili, montagne sottomarine (circa 300 in tutto il Mediterraneo) e oltre 500 canyon sottomarini. Dal Report del WWF “Sos Mare fuori. Minacce e soluzioni per la tutela del mare aperto” emerge che per due terzi (66,8%) il mare aperto italiano è vittima di traffico marittimo, pesca insostenibile, inquinamento. Con impatti aggravati dal cambiamento climatico che colpisce tutto il Mediterraneo, provocando acidificazione, deossigenazione, innalzamento del livello del mare, aumento della frequenza e intensità dei fenomeni estremi. E’ necessario intervenire a salvaguardia della sua biodiversità e la gestione sostenibile delle sue risorse, considerando che “ad oggi solo il 4,2% dell’intero spazio marittimo italiano è protetto”. Sono 10 le aree di mare aperto da tutelare con priorità secondo il WWF, che rappresentano il 30% dello spazio marittimo: Canale di Sicilia e Sud Adriatico, due macro-aree già riconosciute come Aree Ecologicamente e Biologicamente Significative dalla Convenzione sulla Diversità Biologica, ma anche Golfo di Taranto, Arcipelago Pontino, Canyon di Castelsardo, Canyon di Caprera, Arcipelago campano, Arcipelago toscano, Arcipelago eoliano e Santuario Pelagos. Il WWF ci ricorda inoltre che il Mediterraneo, soprattutto nell’ambiente pelagico, è la sesta grande zona di accumulo dei rifiuti plastici al mondo a causa dell’accumulo dei rifiuti portati dalle correnti, delle reti abbandonate, del traffico petrolifero e delle attività di estrazione al largo: “ogni anno tra le 50.000-100.000 tonnellate di prodotti petroliferi finiscono in mare “solo” per gli sversamenti illegali”. credit @Massimo Bernardi In occasione del lancio del report l’associazione ambientalista ha inaugurato la 7a edizione della Campagna WWF GenerAzione Mare, che proseguirà fino a settembre, coinvolgendo cittadini, istituzioni, pescatori e società civile in centinaia di iniziative, tra cui la pulizia di spiagge e fondali, la salvaguardia dei luoghi di deposizione delle tartarughe e corsi di formazione per guide whale watcher. L’obiettivo del WWF è proteggere e tutelare i servizi ecosistemici del Mediterraneo che “generano, tra risorse ed attività, un valore annuo di 450 miliardi di dollari: uno dei mari economicamente più importanti al mondo”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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