La casetta nell’oliveto



Una casa priva di qualità sulle colline pistoiesi diventa un esempio di architettura circolare, attraverso il recupero di materiali e tecniche antiche. Rivestimento in balle di paglia, assi da ponte riciclate per isolare le pareti, intonaci di calce ricavati dalle argille dei campi circostanti. Il progetto è dello studio milanese Hypnos

a cura di Pietro Mezzi

La casetta nell'oliveto, esempio di economia circolare

 

La ristrutturazione di una piccola casa sulle colline pistoiesi, tra edifici colonici e torri di pietra, diventa un esempio di edilizia circolare: un’occasione per dimostrare che recuperare ciò che esiste e rimetterlo nel ciclo della produzione edilizia è possibile.

La casetta, in origine una baracca di legno per il ricovero degli animali, divenne a un certo punto una casa in mattoni forati con un tetto in cemento armato. Un immobile senza qualità, destinato alla demolizione.

La casa di Serravalle Pistoiese prima della ristrutturazione

Il progetto dello studio milanese Hypnos di Nicola Brembilla ha provato a introdurre il concetto di riuso dei materiali nella produzione edilizia.

Al posto di laterizi senza qualità e tegole marsigliesi fuori contesto, il progetto ha previsto un rivestimento in legno di colore scuro: un tentativo mimetico con il paesaggio circostante. “Un edificio – afferma Brembilla – a zero forma e molta materia”.

L’intero perimetro murario della casetta, copertura compresa, è stato rivestito da balle di paglia raccolte nei campi circostanti, disposte dentro telai di legno.

Il telaio in legno della casa e le balle di paglia come isolamento esterno

Successivamente al loro compattamento all’interno di una griglia di assi di legno, è stato posto un telo tecnico con funzioni di freno vapore e isolamento dalle acque meteoriche.

Il telo tecnico con funzione di barriera al vapore e isolamento

Data l’incompatibilità con acqua e umidità, il cappotto di paglia non arriva al terreno: fino a circa mezzo metro di altezza, quindi, l’isolamento è costituito di vetro cellulare in grani.

A chiusura dell’involucro edilizio sono state avvitate, sui telai d’abete, delle assi da ponte riciclate e passate a fiamma per aumentarne la resistenza nel tempo, facendo così rivivere un’antica tecnica contadina. La copertura è anch’essa in assi da ponte e diventa, all’occorrenza, una piattaforma per prendere il sole.

La struttura esterna di legno della casetta di Pistoia

Il valore di isolamento termico raggiunto da un cappotto di 25 centimetri di spessore ha reso possibile limitare il riscaldamento a soli 15-20 giorni nei mesi di gennaio e febbraio. Buone si sono rivelate le performance di tenuta al calore estivo: la nuova copertura in assi da ponte è infatti disaccoppiata dalla massa muraria.

La casetta di Pistoia esempio di economia circolare a lavori ultimati

Al di sopra dell’assito inguainato che sigilla la paglia, è stato lasciato un interstizio di ventilazione in cui scorre l’acqua meteorica: le assi da ponte sono quindi l’unico elemento che si surriscalda ai raggi del sole, lasciando ombreggiata e al fresco tutta la sezione muraria sottostante.

Gli infissi, prodotti a misura da una falegnameria locale, sono in pino di Svezia tinto testa di moro, con tripla guarnizione e vetrocamera.

Le finestre e le portefinestre apribili esternamente sono rivestite con assi da ponte bruciate, mentre quelle fisse hanno il telaio a scomparsa.

L’interno della casa presentava (e presenta anche dopo la ristrutturazione) un dislivello che divideva in due parti l’ambiente, di cui quella inferiore priva di porte d’accesso.

L’interno della casa di Pistoia con la scala di collegamento con il livello più alto dell’abitazione

Il progetto ha trasformato questo limite in un elemento di singolare unicità: collocando il mobile cucina sul ciglio del dislivello, si è separata la casetta in due zone, senza dover ricorrere a una balaustra di contenimento, scelta che avrebbe enfatizzato la preesistente stranezza spaziale. Il mobile cucina, a un estremo, diviene tavolo a sbalzo, all’altro si incastra nel profondo imbotte della finestra: in questo modo, grazie al riflesso del vetro, si prolunga idealmente all’aperto.

Gli intonaci di calce sono ricavati da argille scavate nei campi circostanti e applicate con molti passaggi e sapienza artigiana.  Per irrobustirne la consistenza sono stati inseriti filamenti di paglia.

Per i pavimenti e per tutte le superfici del bagno è stata usata l’antica tecnica del cocciopesto, conferendo all’ambiente un’assoluta idrorepellenza e resistenza al deterioramento. La cucina e le scale che collegano i due livelli sono in legno di castagno, un’essenza tipica del pistoiese che si abbina all’intonaco utilizzato.

Il lavabo del bagno: una sezione del basamento del tronco di un cipresso ammalo rato

Le lampade sono state disegnate appositamente e realizzate nell’officina dello studio Hypnos. Riprendono forma e materia delle torce e di altri arnesi contadini. L’acciaio di cui sono fatte è stato lasciato al grezzo e protetto con la cera d’api.

Tra le particolarità del design degli interni vi è il lavabo del bagno, la cui idea nasce dal recupero di una sezione del basamento del tronco di un cipresso che, ammalorato, andava abbattuto per il rischio crollo. Dopo lo scavo dell’incavo per l’alloggiamento della bacinella in acciaio inox, il tronco è stato oliato fino a completa saturazione dei pori. Dello stesso legno di cipresso è la pedana della doccia, realizzata su misura per essere incassata in una vasca in muratura finita a cocciopesto.ù

Per eseguire un cantiere di questo tipo è stato chiamato un esperto in permacultura: il ticinese Davide Albizzati.

Pianta casa Pistoia, esempio di economia circolare

img by Hypnos



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