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Indice degli argomenti: Novità che apporta la deliberazione di Arera in materia di autoconsumo e comunità energetiche Per il consumatore finale cosa cambia in sostanza? Cosa cambia per CER e CEC, Comunità energetiche dei Cittadini? Le novità introdotte stimolreanno lo sviluppo di nuovi impianti fotovoltaici? Quali novità apporta su autoconsumo e comunità energetiche la deliberazione di Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) 727/2022/R/eel? Emanata fine dicembre, ha approvato il cosiddetto TIAD (Testo Integrato dell’Autoconsumo Diffuso), attuando le disposizioni dei decreti legislativi 199/21 e 210/21 in materia di comunità energetiche rinnovabili e dei cittadini, gruppi di autoconsumatori di energia rinnovabile e altre specifiche categorie di utenti che vestono, sempre più numerosi, i panni di prosumer. In pratica, «l’Autorità ha definito le nuove regole per l’autoconsumo diffuso, che completano il quadro regolamentare e rappresentano un altro tassello verso il pieno sviluppo del nuovo assetto dell’autoconsumo e delle comunità energetiche», ha spiegato Marco Pezzaglia, ingegnere elettrico, esperto del settore, avendo anche lavorato diversi anni per l’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Oggi dirige lo studio di consulenza Gruppo Professione Energia, da lui stesso fondato, dedicato ai temi legislativi e regolatori in materia energetica. L’abbiamo incontrato e con lui siamo andati a comprendere meglio cosa emerge dal testo e gli influssi e prospettive che ci si dovrà attendere anche in materia di generazione diffusa. Quali sono le novità che apporta la deliberazione di Arera in materia di autoconsumo e comunità energetiche? La deliberazione in sé, non ha portato novità sensibili, ma è il percorso che ha portato alla TIAD che ha innovato il tema dell’approvvigionamento diffuso, ovvero dell’autoproduzione di energia a livello locale. In precedenza, si aveva un solo modello di autoconsumo tramite cui il soggetto produceva energia e il resto veniva dalla rete. Il percorso attuale ha messo in evidenza l’importanza di produrre (e condividere), che è un bene per il sistema. Lo stesso sistema pone un valore al fatto che il consumo, in una determinata area, è coperto – quando sussiste – da produzione rinnovabile che si localizza in quell’area. Questa è la vera rivoluzione silente che ora è stata posta in evidenza. Con quest’ultima regolamentazione è diventato palese questo aspetto. L’Autorità ha fissato le regole perché questo fenomeno possa trovare una consistenza, o più precisamente possa essere misurato e possa contare su determinate tariffe. Inoltre, evidenzia che il consumo locale – quando esiste una produzione – non necessita del trasporto sulla rete a livello superiore e quindi non richiede il pagamento per averla impegnata. Cosa significa in pratica? Arera ha adottato un modello virtuale tramite cui il consumatore dell’energia prodotta a livello locale continua a prelevare e a pagare come avviene normalmente, ma ha stabilito quanto gli spetta e gli debba essere ritornato per effetto del fatto che non ha prelevato. C’è poi il tema dell’incentivo, considerandolo sull’energia prodotta e consumata e condivisa a livello locale. Quindi, in pratica, l’Autorità ha reso “tangibile” il fenomeno dell’autoconsumo diffuso e suscettibile di misurazione, creando variabili che possono essere misurate e spiegando come. Per il consumatore finale cosa cambia in sostanza? Il consumatore ha davanti a sé un nuovo scenario. Attraverso lo strumento della comunità e dell’aggregazione, ha uno strumento in più per usufruire della valorizzazione di un fenomeno di contemporaneità di produzione e consumo locali, attraverso uno strumento che si palesa sotto forma di un’impresa energetica locale cui il consumatore partecipa. Tale impresa (in forma di comunità energetica) ha delle regole di comportamento interno di natura economico-energetica locale che richiedono di riversare i propri utili nei confronti dei consumatori. La condivisione porta vantaggi nel momento in cui se un sito ha la possibilità di produrre energia, oltre ad auto consumarla, la può condividere quando c’è una sovra produzione con un altro utente in zona. L’energia così prodotta crea valore nel momento stesso in cui viene condivisa. Così ci sono benefici per tutti: per il produttore, per il consumatore, per il raggiungimento degli obiettivi in materia di energia e clima… Quindi è un modello vincente per tutti gli attori che vi partecipano? L’impresa che crea la comunità energetica e mette il suo impianto in condivisione con vari utenti ci guadagna perché fa un impianto suo incentivato, quando rivende l’energia lo fa comunque con un tasso vantaggioso; il consumatore che accetterà di far parte di questa comunità ci guadagna perché conterà un prezzo dell’energia interessante, lo Stato ne trae vantaggio perché si promuove lo sviluppo delle energie rinnovabili. Va anche detto, tuttavia, che il sistema dell’autoconsumo e delle comunità energetiche è un sistema che in termini di sviluppo costa di più come sistema di produzione: realizzare tanti impianti piccoli, infatti, costa di più che pochi di grossa taglia. Però la valutazione di sistema va fatta in maniera complessiva. In ogni caso quanto sta avvenendo è un cambiamento drastico rispetto al sistema di produzione e distribuzione di energia e a quanto siamo sempre stati abituati a pensare. Un’ulteriore evoluzione ci sarà anche in termini di mercato. In ogni caso con l’autoconsumo diffuso si creano le condizioni per un prezzo dell’energia fisso per un certo numero di anni: una sorta di mercato tutelato. Sempre a proposito di autoconsumo e comunità energetiche, nella deliberazione Arera si ritrovano CER e CEC (Comunità energetiche dei Cittadini), oltre ad altre definizioni. Cosa cambia, in particolare in queste due definizioni di comunità energetica? La deliberazione non ha introdotto alcuna novità nelle denominazioni, ma ha avuto il pregio di riunirle tutte nello stesso testo. Il concetto di comunità non cambia: la CER si fonda sulla produzione di energia rinnovabile – non soltanto elettrica, anche se è solo quest’ultima a essere incentivata e condivisa – la CEC ha le stesse formule di composizione, ma la differenza è che essa può fare uso anche di fonti non rinnovabili. Il limite è che, non essendo FER, per esse non è previsto alcun incentivo. Ha un’altra caratterizzazione che la differenzia: mentre sulla fonte rinnovabile è possibile fare comunità con impianti esistenti nel limite del 30% della capacità, nella comunità energetica dei cittadini non c’è questo vincolo, quindi posso usare anche impianti esistenti e metterli in Infine, la legge di bilancio delinea una condizione tale per cui sull’energia prodotta e condivisa, quindi anche quella esistente all’interno di una CEC, non si applica il price cap dei 180 euro/Mwh –questo, almeno, fino a giugno. Le novità introdotte a proposito di autoconsumo e comunità energetiche potranno essere un fattore di stimolo allo sviluppo di nuovi impianti fotovoltaici? È una domanda complessa. Il fenomeno dell’autoconsumo, delle comunità energetiche, della produzione di energia da fonti rinnovabili a mio avviso non va visto solo dal punto di vista regolatorio o economico. Va considerata la percezione del consumatore, che deve cogliere il beneficio ottenuto dalla condivisione. Potrà radicarsi solo con un cambio di mentalità, con la comprensione da parte dei soggetti finali, dei cittadini. Se si intende ottenere uno sviluppo dell’autoconsumo diffuso e delle CER occorre puntare su un modello semplice, in grado di garantire precisi risultati e poi va comunicato in modo efficace ai consumatori. Quest’ultimo aspetto è cruciale. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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