Indice degli argomenti: Waste2Grids: cos’è e come funziona Rinnovabili e rifiuti, idrogeno e biometano: le opportunità per le reti Produrre energia dai rifiuti: le potenzialità e i risultati Waste2Grids: il ruolo dell’idrogeno I rifiuti e residui organici possono essere trasformati da problema a opportunità. Nel Sud Italia si potrebbero gestire 6,7 milioni di tonnellate di frazione umida, consumando 10 TWh di energia elettrica in eccesso da fonti rinnovabili per produrre 2,4 milioni di tonnellate di biometano, contando sulla piena soddisfazione delle necessità di bilanciamento della rete elettrica nel 2030. Si potrebbe così favorire il raggiungimento degli obiettivi UE in termini di produzione di energia da rinnovabili (32% del mix energetico, recepito nel PNIEC – Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, con un 55% di energia elettrica rinnovabile nel 2030) e di quelli segnalati nella direttiva Waste che fissa alla stessa data una quota del 60% di separazione dei rifiuti urbani per il loro riutilizzo o la loro valorizzazione energetica se non più riciclabili. A quantificare i potenziali ci ha pensato il progetto europeo Waste2Grids, in cui ENEA è parte attiva. Waste2Grids: cos’è e come funziona Rifiuti per le reti (elettriche e gas): è questo il significato del progetto europeo Waste2Grids (W2G). Lo coordina la svizzera EPFL – Ecole polytechnique fédérale de Lausanne, in partnership con il Technical University of Denmark, e il gruppo Solidpower, tra i principali attori mondiali attivi nella tecnologia rSOC. È l’acronimo delle celle a combustibile a ossidi solidi reversibili, che svolgono un ruolo cruciale nell’integrazione tra la rete gas e la rete elettrica. Infatti, possono funzionare da elettrolizzatori, producendo idrogeno da eccesso di fonti rinnovabili, o come celle a combustibile, producendo elettricità da una moltitudine di combustibili. Sono tra le soluzioni più promettenti ed efficienti per l’accumulo di energia elettrica e la sua conversione in energia chimica mediante elettrolisi, con conseguente produzione d’idrogeno, che può essere poi combinato con una fonte di carbonio per produrre gas naturale sintetico. Questo processo che utilizza energia elettrica per produrre un combustibile gassoso è denominato Power to Gas. A proposito del progetto W2G, partendo dai rifiuti organici, nel gassificatore si produce syngas che, condotto nelle celle reversibili a ossidi solidi, fornisce il complemento di energia elettrica in rete, quando eolico e fotovoltaico sono insufficienti; invece, quando sono in eccesso, forniscono elettricità alla cella generando idrogeno che, combinato con il syngas prodotto da gassificazione dei rifiuti organici, va a produrre biometano da immettere nella rete gas. In tutto questo, il ruolo della rete gas è fondamentale. «In Europa vi è già una enorme capacità di stoccaggio del metano, pari al 20% dei consumi annuali (1 PWh), che, rimanendo nel settore elettrico, può facilmente consentire lo stoccaggio di energia intra stagionale», spiega Alessandro Agostini, ricercatore ENEA per cui segue il progetto. L’imponente e capillare struttura di trasporto e stoccaggio del metano è già disponibile e consente di fornire energia a settori difficili da disaccoppiare dalle fonti fossili. Mentre nel settore elettrico, fotovoltaico e eolico rappresentano già fonti di energia economicamente competitive, nel trasporto, nel riscaldamento, ma soprattutto nel comparto industriale, la penetrazione delle fonti rinnovabili è più difficile. Rinnovabili e rifiuti, idrogeno e biometano: le opportunità per le reti «Waste2Grids intende individuare i percorsi industriali più promettenti per la gassificazione dei rifiuti integrata in impianti di bilanciamento della rete elettrica con celle reversibili a ossido solido che possono combinare l’idrogeno prodotto dall’eccesso di elettricità da rete elettrica con il syngas prodotto dalla gassificazione dei rifiuti organici per produrre metano da immettere nella rete gas, avendo potenzialità enormi di stoccaggio anche stagionale», sottolinea Agostini. La reversibilità delle celle ad ossidi solidi è fondamentale per migliorare l’efficienza e l’economicità del sistema. «Il gassificatore può operare in continuo, in quanto il syngas prodotto è direttamente usato nella specifica cella a combustibile per produrre elettricità, o nel metanatore, assieme all’idrogeno da fonti rinnvabili prodotto nella stessa rSOC, evitando deleteri spegnimenti e riavvii dell’impianto. Ma anche la rSOC può operare in continuo, come elettrolizzatore o cella a combustibile, rimanendo in temperatura e ottimizzando i costi», evidenzia Giulia Monteleone, responsabile del Laboratorio Sviluppo processi chimici e termofluidodinamici per l’Energia dell’ENEA. Produrre energia dai rifiuti: le potenzialità e i risultati Lo studio condotto dal team di Waste2Grids si concentra sulle potenzialità del Sud Italia (per la precisione, Campania, Molise Puglia Basilicata e Calabria), dove ci si aspetta per più del 50% del tempo nel 2030 una produzione in eccesso di energia rinnovabile non programmabile: nel 2018 si è prodotto 17,7 TWh dall’eolico (due terzi della produzione nazionale) e 22,6 TWh dal fotovoltaico (un quarto della produzione nazionale). «Dallo scenario tracciato al 2030, si verificherà un eccesso di produzione di energia elettrica per più del 50% del tempo in rete – spiega ancora Agostini – Normalmente questa sovrapproduzione viene trasferita nel resto d’Italia, ma nel 2030 si potrebbe arrivare a un eccesso non gestibile, che potrebbe rallentare la diffusione delle fonti di energia rinnovabile. Invece, senza porre limiti alla penetrazione delle rinnovabili non programmabili, questa sovrapproduzione potrebbe essere utilizzata, in combinazione con la gestione dei rifiuti organici, per produrre biometano mediante power to gas». Questa tecnologia utilizza energia elettrica in eccesso derivante dalla generazione eolica e fotovoltaica per produrre combustibile gassoso da impiegare nei trasporti o da immettere nella rete di distribuzione del gas naturale. Waste2Grids: il ruolo dell’idrogeno L’idrogeno viene utilizzato per produrre biometano. Il motivo di questo impiego lo spiega lo stesso ricercatore ENEA: «creare una grande infrastruttura per lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno capace di gestire questi flussi è costoso e impattante a livello economico, energetico e ambientale. La rete per il gas metano invece c’è già, è molto diffusa e lo storage avviene in riserve per lo più sotterranee. Se c’è eccesso di idrogeno da rinnovabili, quindi, anziché stoccarlo tal quale è più semplice combinarlo con syngas prodotto dai rifiuti per produrre biometano, utilizzando l’infrastruttura esistente per stoccarlo e trasportarlo». È sempre lui a fugare i dubbi di possibili emissioni di CO2 generate nel processo di produzione del biometano: «rispetto al metano fossile, che emette anidride carbonica che va ad aggiungersi a quella presente già in atmosfera, il biometano prodotto dai rifiuti organici, durante la sua combustione, emette in atmosfera la stessa CO2 che era stata fissata dalle piante durante il processo della fotosintesi, e sarebbe comunque destinata a essere riemessa in atmosfera attraverso un ciclo, nella maggior parte dei casi, annuale. Il suo impatto climatico può quindi, essere considerato nullo». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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