Idrogeno: 2023 anno della svolta? Industria e ricerca ci credono

Sull’idrogeno sono in molti a prevedere che l’anno in corso sia quello decisivo su molti fronti. Serve, però, chiarezza su norme, piani nazionali e strategie, ma intanto i progetti proseguono.

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Idrogeno: 2023 anno della svolta? Industria e ricerca ci credono

Il 2023 anno della (definitiva) svolta per l’idrogeno? Un segnale importante per crederlo è stato annuncio della Banca europea dell’idrogeno fatto dalla Commissione Europea in occasione della presentazione del Net-Zero Industry Act. Per l’Italia ci sono anche i 3,6 miliardi stanziati dal PNRR, che hanno riacceso la filiera italiana.

Industria, ricerca, investitori, normatori: in molti hanno questa sensazione. Così si è sentito più volte nel corso dell’Hydrogen Forum, evento organizzato dal Sole 24 Ore.Hydrogen Forum 2023

La regolazione italiana…

L’idrogeno ha un ruolo che va definendosi nel percorso di decarbonizzazione. Lo ha fatto notare Stefano Besseghini, presidente di ARERA, che ha affermato: «ora la posizione dei regolatori sul tema è spingere con grande decisione per fare in modo che l’assetto consumo-generazione punti a un modello tecnico e di business per tenere in piedi il meccanismo».

Come regolazione italiana «abbiamo progetti di regolazione per distributori del gas in cui è finito anche l’idrogeno, è un tentativo di replicare il modello già utilizzato per l’elettrico che ha già dato risultati, qui l’innovazione è già orientata a iniziative visibili soprattutto sulla regolazione», ha proseguito.

Lo stesso presidente dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente ha messo in rilievo l’importanza di tre concetti legati all’idrogeno: ricerca, sviluppo e innovazione. Su questi va posta adeguata attenzione e una tassonomia precisa, in quanto, tutte e tre «hanno necessità diverse di finanziamento, obiettivi diversi e anche capacità diverse di remunerare l’investimento». Inoltre, a proposito delle tempistiche fra esperienze pilota e adozione su scala industriale, «abbiamo un pattern evolutivo su cui si può fare qualche previsione, poi c’è l’attenzione alle accelerazioni tecnologiche che sono difficili da prevedere, ma che sono la vera scommessa competitiva».

…e la visione europea: UE prima al mondo con un quadro regolatorio

Il 3023 quale anno di svolta dell’idrogeno è una prospettiva su cui si guarda con molta attenzione a Bruxelles. Lo ha affermato Stefano Grassi, Capo gabinetto del Commissario europeo all’Energia Kadri Simson. Proprio per quanto riguarda l’Europa, «vediamo un momento delicato per il futuro dell’idrogeno, la storia del 2030 si scrive oggi, nel 2023 la speranza è che la storia si scriva in Europa e in Italia».

Ha posto quindi l’attenzione su tre concetti specifici: speranza, rischio e necessità di agire.

Per quanto riguarda la speranza, Grassi ha ricordato l’avvio della strategia europea sull’idrogeno, del 2020, rinforzata con la strategia Repower EU in cui oltre all’obiettivo di arrivare a 10 tonnellate di idrogeno verde prodotto su scala europea, si sono aggiunte 10 tonnellate di idrogeno verde importato dai paesi terzi partner proprio per rafforzare l’idea che l’idrogeno possa fornire un supporto alla sicurezza energetica.

«Se guardiamo oggi questo segnale di speranza, vediamo che 16 Stati membri hanno adottato le loro strategie per l’idrogeno con obiettivi che nell’insieme arrivano a 40 GW di elettrolizzatori e quasi sei tonnellate di produzione, quindi al di sopra degli obiettivi del 2020». Ha ricordato inoltre come i fondi cumulati in Europa attraverso i piani nazionali siano pari a 10 miliardi.

Ci sono poi i due progetti IPCEI che forniranno finanziamenti fino a 10,6 miliardi di euro, che dovrebbero sbloccare ulteriori 15,8 miliardi di euro in investimenti privati nella generazione, trasporto e in altre attività industriali.

Accanto agli investimenti l’Europa ha posto attenzione sulla regolazione: proprio Grassi ha ricordato come l’UE sia il primo attore mondiale ad avere un quadro regolatorio completo per un ecosistema dell’idrogeno entro il 2023.

Idrogeno: i rischi e la necessità di agire dell’UE

C’è però un rischio. Tra i 500-600 progetti mappati sull’idrogeno, in corso di gestazione, solo il 10% ha già raggiunto una fase matura, in termini di investimenti. «La maggior parte dei progetti che sono ancora a livello di concept dovranno decidere se diventare progetti di investimento e ottenere lo status di Final Investment Decision»: la FID è il punto nel processo di pianificazione del progetto di capitale in cui viene presa la decisione di assumere importanti impegni finanziari.

Il rischio è che l’Europa, partita molto bene nello scacchiere mondiale, perda terreno nella sempre più agguerrita concorrenza sul tema idrogeno: oltre agli USA, Cina, Giappone e India hanno posto una forte attenzione anche sull’idrogeno verde.

Ecco, allora la necessità di agire. Perché, nel frattempo, gli altri attori mondiali si stanno muovendo, mentre l’UE sta incontrando difficoltà e rallentamenti su vari fronti. Ecco allora le decisioni prese in materia comunitaria: tra queste l’avvio della riforma del mercato elettrico, finalizzata alla competitività, «per aiutare quei 300-400 miliardi di investimenti nella generazione rinnovabile e a basso tenore di carbonio di cui abbiamo bisogno». Il Net-Zero Industry Act punta a questo: produrre internamente almeno il 40% della tecnologia di cui l’UE ha bisogno per raggiungere i suoi obiettivi climatici ed energetici entro il 2030.

Idrogeno verde, piani e investimenti: cosa serve per svoltare

L’idrogeno costituisce una risorsa energetica fondamentale per supportare e accelerare la transizione energetica. «Per questo, è importante identificare ed esaminare quali sono i fattori abilitanti per raggiungere l’obiettivo nazionale di produrre 0,7 milioni di tonnellate ton circa di idrogeno verde entro il 2030. Lo sviluppo e l’adozione di questa fonte di energia sono infatti determinati da vari elementi che presentano a oggi diversi livelli di maturità», ha affermato Giacomo Chiavari, EY Europe West Strategy and Transaction Energy Leader. 

Secondo Alberto Dossi, presidente di H2IT, l’associazione italiana nata per promuovere la filiera dell’idrogeno occorre che l’Italia si doti di una propria strategia nazionale sull’H2: “Serve una visione di ampio respiro, una roadmap che dia certezza gli operatori. Non dimentichiamoci che un elettrolizzatore da 10 MW costa circa 20 milioni di euro. Parliamo di investimenti importanti, che hanno bisogno di un quadro normativo chiaro e definito”.

Ha ricordato che, oltre al piano, servono incentivi e infrastrutture. A questo proposito ha ricordato la conclusione del primo bando del Ministero delle Infrastrutture e dei Traporti sulle Hydrogen Refuelling Station, su cui sono stati stanziati 230 milioni di euro. Oggetto del bando era lo sviluppo della sperimentazione dell’idrogeno per il trasporto stradale, attraverso la realizzazione di almeno 40 stazioni di rifornimento a base di idrogeno per veicoli leggeri e pesanti. Al momento ne sono state assegnate 36.

Serve però che il dicastero indichi «presto una seconda gara per assegnare gli oltre 100 milioni di euro ‘avanzati’ dalla prima procedura», in cui sono stati assegnati 103 milioni su una dotazione complessiva di 130 milioni di euro.

Progetti sull’idrogeno verde e blu: industria e ricerca ci sono

In questo quadro così complesso, l’attività dell’industria e della ricerca si muove. Maire (Tecnimont), ha ricordato l’amministratore delegato Alessandro Bernini, lavora su alcuni progetti innovativi per trasformare i rifiuti in idrogeno. Si ricorda, a esempio, il progetto di Roma dove si lavora per ricavare idrogeno ed etanolo dalla produzione di gas sintetico da rifiuti indifferenziati. All’estero i piani dell’azienda la portano, attraverso la controllata Nextchem a collaborare per l’avvio di un impianto integrato di idrogeno rinnovabile e ammoniaca verde. In India la filiale indiana del Gruppo sta lavorando per costruire uno dei più grandi elettrolizzatori a membrana a scambio protonico (PEM) dell’India.

Italgas, ha rilevato l’ad Pier Lorenzo Dell’Orco, sta lavorando in Sardegna per avviare il primo progetto pilota nazionale di un impianto per la produzione di idrogeno verde, basato sulla tecnologia Power to Gas. 

Fincantieri è impegnata sull’impiego dell’idrogeno su navi a idrogeno per le operazioni in porto. Come ha spiegato l’amministratore delegato Pierroberto Folgiero, il gruppo sta lavorando sull’idrogeno a bordo per produrre 5 MW utili per le operazioni portuali. «E con il progetto Ipcei realizzeremo la prima nave a idrogeno per un grande armatore visionario, stiamo già lavorando a questo obiettivo».

Tra le varie realtà industriali presenti, oltre a Snam (impegnato da tempo su progetti in campo H2) e Rina (attiva con un progetto IPCEI focalizzato sulla produzione di acciaio con idrogeno), è intervenuta anche la ricerca, con ENEA, da tempo attiva sull’H2. È attore protagonista nell’accordo di programma con il MITE nel contesto della M2C2 “Energia Rinnovabile, Idrogeno, Rete e Mobilità Sostenibile”, voce di investimento su idogeno e ricerca del PNRR, per cui sono stati stanziati 110 milioni, 75 dei quali all’Agenzia Nazionale quale soggetto realizzatore.

Tra le aziende attive c’è anche FNM, non solo col progetto dei treni all’idrogeno, per cui è stata avviato il progetto di hydrogen valley in Valcamonica (con A2A e Snam), che porterà a vedere correre sui binari i primi sei treni già quest’anno e se tutto andrà bene, nel 2024 saranno pronti per il trasporto passeggeri. «Si parla di infrastrutture di ricarica per la mobilità stradale». Lo stesso responsabile ha aggiunto a questo proposito: «prevediamo di realizzare da qui al 2025 cinque impianti di rifornimento a idrogeno, due in tangenziale est, due in tangenziale ovest e uno a Tortona. Abbiamo su un progetto che vale 50 milioni di euro risorse per 30 milioni. Da qui a due anni e mezzo non ci saranno più alibi nel Nord Italia per dire che non si può viaggiare con auto e camion alimentati a idrogeno. In 24-36 mesi potrebbe essere possibile uno switch dei trasporti verso l’idrogeno».

Infine, ma non per ultima H2 Energy, che ha ricordato come stiano lavorando per creare la prima gigafactory italiana di produzione degli stack e dei sistemi di elettrolisi alcalini, PEM e AEM «nel prossimo futuro», ha ipotizzato Saro Capozzoli, fondatore e direttore dell’azienda. Più certa la presentazione della loro tecnologia brevettata di elettrolizzatori AMSE, in fase avanzata di sviluppo industriale: ad aprile, alla fiera di Hannover.

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