Idrogeno verde per la decarbonizzazione: su cosa lavora la ricerca

Da anni si parla di un’alternativa sostenibile alla produzione dell’idrogeno tradizionale che sfrutti le rinnovabili e sia carbon zero. Dalla mobilità all’energy storage per le rinnovabili, la ricerca opera per far sì che l’idrogeno verde diventi un’opzione concreta per ridurre le emissioni.

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Idrogeno verde per la decarbonizzazione: su cosa lavora la ricerca

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L’elemento più abbondante dell’universo è diventato fonte di interesse e di investimenti in Europa e nel mondo perché può essere la chiave “per un futuro energetico pulito, sicuro ed economico”. La stessa IEA – Agenzia Internazionale dell’Energia ha affermato che “l’’idrogeno pulito sta attualmente godendo di uno slancio politico e commerciale senza precedenti, con il numero di politiche e progetti in tutto il mondo in rapida espansione”.

La pandemia Covid-19 ha di fatto accelerato piani e strategie: dall’Unione Europea alla Cina, dai piani ambiziosi della Germania e della Francia, tutti sono interessati all’idrogeno “pulito”, il cui valore di mercato globale dovrebbe raggiungere i 191,8 miliardi di dollari nel 2024.

L’Europa può giocare un ruolo di primo piano: stime della Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking – partnership pubblico privata nata dalla sinergia tra Commissione europea, industria ed enti di ricerca – affermano che l’idrogeno in UE può arrivare a rappresentare il 24% della domanda finale di energia e contribuire a creare 5,4 milioni di posti di lavoro entro il 2050.

Il potenziale generabile è di circa 2.250 TWh, quantitativo sufficiente per alimentare 42 milioni di auto di grandi dimensioni, 1,7 milioni di camion, circa un quarto di milione di autobus e più di 5.500 treni.

Idrogeno: cos’è e perché è interessante per il settore energetico

Primo elemento chimico della tavola periodica, l’idrogeno è il “carburante” iniziale delle stelle. Nell’universo, il 92% di ciò che si conosce è formato da idrogeno. Il suo nome deriva dal greco e significa “generatore d’acqua”, termine che fu coniato nel tardo Settecento.

L’idrogeno può essere usato per produrre altri composti o come combustibile per produrre energia. Non solo: oggi è possibile produrre, accumulare, spostare e utilizzare l’energia in diversi modi grazie a questo elemento assai versatile. È possibile produrlo impiegando energie rinnovabili, nucleare, gas naturale, carbone e petrolio.Idrogeno: cos’è e perché è interessante per il settore energeticoPuò essere trasportato sotto forma di gas da gasdotti o in forma liquida dalle navi.

Può essere trasformato in elettricità e metano come riscaldamento per gli edifici e può essere utilizzato nell’industria chimica, per produrre ammoniaca, concimi per l’agricoltura e prodotti petroliferi, e nell’industria metallurgica per il trattamento dei metalli.

Tipologie di idrogeno in base al processo di produzione

A seconda delle emissioni di carbonio generate dalla processo di produzione l’idrogeno viene classificato secondo una scala di colori.

Idrogeno verde, rosa e giallo

L’idrogeno verde è quello cui tende l’attenzione internazionale per la necessità di decarbonizzazione e di energy transition. Si definisce verde l’idrogeno che non solo soddisfa la soglia di basse emissioni di carbonio, ma viene generato utilizzando fonti di energia rinnovabili come il fotovoltaico, l’eolico o l’idroelettrico.

Si parla di idrogeno rosa quando il processo di produzione utilizza esclusivamente energia proveniente da centrali nucleari e di idrogeno giallo se si utilizza esclusivamente energia solare.

Idrogeno grigio, nero e marrone

L’idrogeno grigio, invece, viene prodotto generando alte emissioni di CO2 mediante un processo chiamato “steam reformation” che utilizza vapore ad alta temperatura per dividere il gas metano ad alta pressione.

Ancora più inquinanti dell’idrogeno grigio sono l’idrogeno nero, prodotto dal carbone, e l’idrogeno marrone, prodotto dalla lignite, entrambe senza cattura di carbonio.

Idrogeno blu

Quando il processo di produzione utilizza fonti fossili ma implica la cattura della CO2 generata si parla di idrogeno blu. L’idrogeno blu a basse emissioni di carbonio è generato utilizzando fonti non rinnovabili, come il gas naturale, attraverso un impianto di produzione accoppiato a un sistema di cattura e di stoccaggio permanente della CO2 prodotta nel processo.

La transizione verso l’idrogeno verde potrà trovare un sostegno grazie all’impiego del blu. Lo sostiene un recente studio di Guidehouse (ex Navigant) secondo cui la produzione su larga scala di biometano e di idrogeno verde e blu può aiutare a raggiungere una riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 in una combinazione intelligente con l’elettricità rinnovabile.

Pregi e limiti dell’idrogeno

La versatilità dell’idrogeno si combina alla sua anima “green”: dalla sua combustione si produce per lo più acqua, oltre a piccole quantità di ossidi di azoto.

Può essere conservato per lunghi periodi di tempo e a su larga scala a costi competitivi, rispetto ai sistemi convenzionali di energy storage su larga scala. “L’Europa ha già notevoli capacità di stoccaggio. La sua rete gas ha una capacità di 36 miliardi di m³ e, supponendo una miscelazione del 10%, potrebbe quindi stoccare immediatamente fino a 100 TWh. In futuro, anche le caverne di sale e i giacimenti di gas esauriti potrebbero servire come stoccaggio. Supponendo una capacità disponibile dell’80%, i 18 miliardi di m³ di caverne di sale in Europa offrono una potenzialità stoccaggio di circa 40 TWh”, segnala la Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking nel report Hydrogen Road Map.

L’idrogeno è un vettore energetico flessibile, ideale per decarbonizzare gli usi finali nei trasporti, nel settore residenziale, nell’industria.

Tuttavia, ci sono diversi aspetti che non hanno permesso finora all’idrogeno di imporsi nella transizione energetica. Il primo e più importante è legato ai costi di produzione “verde”: dei 500 miliardi di metri cubi prodotti a livello globale, solo una minima percentuale (la IEA stima meno dello 0,1%) deriva dall’elettrolisi, ossia il processo elettrolitico mediante cui è possibile scindere l’acqua in idrogeno e ossigeno tramite passaggio di energia elettrica prodotta da rinnovabili. Il resto è ottenuto tramite processi chimici impiegando principalmente gas naturale o petrolio. Questo è il suo limite principale e la conseguenza è che, così prodotto, impatta notevolmente sull’ambiente, producendo emissioni importanti di CO2.

La sua infiammabilità è un limite relativo dato che è meno infiammabile della benzina e la sua notevole leggerezza favorisce la sua dispersione in spazi aperti in caso di fuga. Inoltre, quando brucia, lo fa molto rapidamente.

Un altro ostacolo da superare è l’infrastruttura per la sua distribuzione, oggi ancora arretrata; infine, sottolinea Irena in uno studio dedicato, le normative attuali limitano lo sviluppo di un’industria dell’idrogeno pulito.

Idrogeno verde: sempre più progetti in campo

Cresce l’interesse sullo sviluppo dell’idrogeno verde per la decarbonizzazione di vari settori di impiego. Per ora è ancora troppo costoso per competere sia con l’idrogeno sia con i fossili, ma il numero di progetti in corso è cresciuto di sette volte nell’ultimo anno, in quanto gli investitori puntano sulla probabilità che i costi di idrogeno scendano, secondo un recente report di Wood Mackenzie.

L’idrogeno verde potrebbe essere più economico del gas naturale in diversi ambiti entro il 2050, secondo BloombergNEF. Questo oggi: ma non si contano ancora le potenzialità esplorate dalla ricerca che potrebbero far diventare l’“idrogeno rinnovabile” ancora più interessante.

A questo proposito lo scorso novembre, la European Clean Hydrogen Alliance ha annunciato un cospicuo numero di progetti che l’industria europea sta intraprendendo per lanciare l’economia europea dell’idrogeno su larga scala. Si parla di oltre 750 progetti, che spaziano dalla produzione di idrogeno verde al suo utilizzo nell’industria, nella mobilità, nell’energia e negli edifici.

A livello industriale, proprio in questo periodo il gruppo industriale tedesco Thyssenkrupp ha annunciato la costruzione di un impianto di green hydrogen da 200 MW per Shell nel porto di Rotterdam, lo scalo più grande d’Europa e il terzo più trafficato al mondo. L’elettricità per la produzione di idrogeno sarà fornita dal parco eolico offshore Hollandse Kust (Noord) da 759 MW, sviluppato dalla stessa Shell ed Eneco nel Mare del Nord olandese. I lavori cominceranno a primavera e il progetto dovrebbe iniziare la produzione nel 2024.

Invece, a livello di progetti di ricerca, ce ne sono diversi che vedono spesso l’Italia protagonista o coinvolta, i cui obiettivi sono, oltre che ambiziosi, concreti. Andiamo a scoprirli.

Decarbonizzare con energia da biomasse e biogas

L’impiego dell’idrogeno verde per la decarbonizzazione diventa interessante per produrre energia in maniera più “pulita e circolare”. A questo proposito ENEA sta lavorando al progetto GICO (Gasification Integrated with CO2 capture and conversion), finanziato dal programma Horizon 2020 con circa 4 milioni di euro, per produrre idrogeno verde da biomasse e rifiuti e, allo stesso tempo, catturare la CO2 emessa per la sua valorizzazione energetica.

Da quanto si sa, il team ENEA parteciperà

“occupandosi delle attività sperimentali per la produzione di idrogeno verde da gassificazione di biomasse, con cattura di CO2 mediante sorbenti solidi. Saranno sviluppati impianti a biomasse residue di piccola e media taglia (500 – 5.000 kWe) che utilizzeranno da 2 a 20 tonnellate di scarti al giorno disponibili a livello locale.”

Sempre legato al settore energetico è BioROBURplus, un progetto basato sul reforming ossidativo del biogas per sviluppare idrogeno da diversi tipi di biogas provenienti da rifiuti di discarica, scarti organici e fanghi di depurazione in modo economicamente sostenibile.

Da quanto affermano i partner (sono 11 di sette Paesi UE), l’efficienza energetica della conversione del biogas in idrogeno supererà l’80%, grazie ad alcune innovazioni tecnologiche. Al termine del lavoro di ricerca, è previsto un test finale a TRL 6 – ovvero la tecnologia sarà dimostrata in ambiente industrialmente rilevante – per dimostrare il raggiungimento degli obiettivi, cogliendo l’opportunità unica offerta da ACEA di sfruttare tre diversi tipi di biogas e l’integrazione termica con un digestore anaerobico che genera lo stesso biogas.

Idrogeno verde per l’energy storage: l’impegno di Torino, dagli atenei al Polo nazionale

A coordinare BioROBURplus è il Politecnico di Torino, città molto attiva sul fronte dell’idrogeno. Conta infatti anche sull’Università di Torino, a sua volta coordinatrice del progetto HyCARE.

Idrogeno per l’energy storage: progetto HyCare

Finanziato con poco meno di 2 milioni di euro interamente dall’UE, è nato con l’obiettivo di sviluppare un serbatoio di stoccaggio di idrogeno con l’uso di un vettore di idrogeno allo stato solido in larga scala. Il serbatoio sarà basato su un concetto innovativo, che collega l’idrogeno e l’accumulo di calore per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impronta dell’intero sistema. Sarà collegato a un elettrolizzatore a membrana a scambio protonico (PEM) da 20 kW come fornitore di idrogeno e a una cella a combustibile PEM da 10 kW come utente di idrogeno. Il serbatoio sarà installato nel sito dell’ENGIE Lab CRIGEN, un centro di ricerca e competenza operativa dedicato al gas, alle nuove fonti di energia e alle tecnologie emergenti.

L’idea è realizzare un sistema di stoccaggio di idrogeno basato su idruri, integrato con elettrolizzatori e celle a combustibile, in cui l’idrogeno viene proposto come stabilizzatore di reti elettriche basate sulle energie rinnovabili.

Tra l’altro, la scorsa estate Università degli Studi e il Politecnico di Torino hanno firmato l’accordo di coopetizione sul tema idrogeno per collaborare in maniera più stretta e strutturata, con gruppi di lavoro finalizzati su specifici temi. L’accordo intende anche fornire i presupposti e un supporto pratico alle iniziative di Regione Piemonte e Città di Torino per costituire un Polo Nazionale per la Ricerca sull’Idrogeno, a cui hanno già aderito gli atenei piemontesi, alcune istituzioni e diverse aziende.

In tema d’impiego dell’idrogeno verde per la decarbonizzazione, lo stesso Politecnico torinese – attraverso i docenti Massimo Santarelli e Marta Gandiglio del Dipartimento Energia – ha coordinato anche il progetto REMOTE, dedicato alla fornitura di energia in aree remote “con opzioni multiple per tecnologie integrate basate sull’idrogeno”.

Finanziato sempre attraverso Horizon 2020 (con quasi 5 milioni di euro), ha sviluppato, prodotto e installato una struttura ibrida innovativa per immagazzinare energia prodotta localmente da fonti rinnovabili attraverso una ibridizzazione di accumulo chimico e batterie elettrochimiche. Il sistema, nello specifico, permette l’accumulo di energia prodotta in eccesso per garantire una fornitura costante di energia da fonti rinnovabili, indipendente dall’intermittenza tipica di queste fonti, a zone isolate dove la rete elettrica non arriva. Il progetto è assai interessante per le potenzialità che offre: solo l’Italia conta almeno 19 piccole isole che trarrebbero vantaggio dall’applicazione di questa soluzione. Una di queste, Lipari, e il borgo di Ginostra è uno dei quattro siti sperimentali scelti e dove si punta a ridurre l’impiego di combustibili fossili del 95-100%, garantendo indipendenza energetica a emissioni zero. Per le sue caratteristiche e potenzialità, il progetto tra l’altro ha vinto l’EU Sustainable Energy Award 2020 per l’Innovazione.

Idrogeno verde per decarbonizzare i trasporti via mare, terra e cielo

Anche in termini di mobilità si lavora all’impiego di idrogeno verde per la decarbonizzazione. Oltre al trasporto su gomma, sono particolarmente interessati all’impiego di H2 anche il settore navale e aereo. Su quest’ultimo comparto lavora, per esempio, il progetto MAHEPA (finanziato con quasi 9 milioni di euro sempre dall’UE) che intende sviluppare propulsori ibridi-elettrici modulari e scalabili in grado di funzionare con carburanti alternativi o con idrogeno a zero emissioni. Ancora una volta è coinvolto il Politecnico di Torino, a questo progetto che sta incontrando qualche difficoltà, ma che è ancora in piena attività.

A livello di trasporto stradale è focalizzato H2Haul. L’acronimo definisce il fine del progetto, co-finanziato (con 12 dei 28 milioni totali) dalla Fuel Cell and Hydrogen Joint Undertaking. Esso mira a sviluppare e distribuire 16 camion a celle a combustibile a zero emissioni in quattro siti. Inoltre, saranno installate nuove stazioni di rifornimento di idrogeno ad alta capacità per fornire idrogeno affidabile e a basse emissioni di carbonio ai camion.  Il progetto, iniziato nel 2019, si concluderà nel 2024.Idrogeno verde per la decarbonizzazione dei trasporti di mare, progetto H2ShipsInfine, sempre a livello di ricerca, va segnalato in ambito di trasporto marittimo il progetto H2SHIPS. Finanziato da Interreg North-West Europe, intende sviluppare un’infrastruttura per il trasporto marittimo con propulsione a idrogeno che può ridurre drasticamente l’inquinamento e migliorare la qualità dell’aria e dell’acqua, specie in fase di bunkeraggio, ossia nella fase di approvvigionamento o rifornimento di combustibile a bordo di navi o di locomotive.Per testare il progetto, si farà affidamento su tre siti: il porto fluviale di Parigi, quello marittimo di Ostenda e di Amsterdam.

I programmi di sviluppo nel mondo

La Cina è il più grande produttore mondiale di idrogeno, con oltre 20 milioni di tonnellate di gas prodotto ogni anno, pari a circa un terzo dei volumi di produzione mondiale.

Ciò significa, al confronto, che l’approvvigionamento della Cina è circa tre volte superiore a quello dell’intera Europa, quest’ultimo a circa 7 milioni di metri cubi all’anno.

Il limite della produzione è quello di non puntare all’idrogeno green: i costi di produzione con la tecnologia di gassificazione del carbone maturo rimangono molto più bassi rispetto a quelli dell’elettrolisi, riferisce Standard & Poor. Tuttavia punta allo sviluppo delle celle a combustibile.

Attualmente il Paese si sta concentrando principalmente sull’uso dell’idrogeno nei trasporti, ma guarda con interesse anche su altre applicazioni, come il riscaldamento degli edifici.

Si prevede che il carburante a idrogeno rappresenterà circa il 10% del sistema energetico cinese entro il 2050, entro il quale la domanda specifica dovrebbe crescere fino a quasi 60 milioni di tonnellate.

Seppure il settore abbia fatto notevoli progressi nella produzione e nell’applicazione delle celle a combustibile e dei relativi componenti, si registra ancora un certo ritardo per quanto riguarda lo stoccaggio e il trasporto dell’idrogeno e le infrastrutture.

A proposito di piani di sviluppo di una rete di trasporti a idrogeno, quelli della Corea del Sud sono molto ambiziosi. Nel suo programma dedicato, l’obiettivo del governo di Seul prevede di promuovere un aumento del numero di auto alimentate a celle combustibili, passando dalle duemila circolanti nel 2018 a 6,2 milioni entro il 2040, diventando il primo Paese produttore di auto fuel cell a livello globale già entro il 2030. Al momento, ci sono solo 14 stazioni di ricarica in Corea, ma il governo prevede di aumentare il numero di stazioni di ricarica fino a 310 entro il 2022 e raggiungere le 1200 entro il 2040.

L’obiettivo è sviluppare anche il trasporto pubblico e commerciale: intende introdurre 40mila autobus e 30mila autocarri, oltre a puntare su navi e treni a idrogeno. A livello energetico, intende arrivare al 2040 a riscaldare circa 940mila edifici con questo elemento.

Il Giappone è stato il primo paese al mondo a crederci, soprattutto per i trasporti: il governo ha stilato per primo un piano strategico per la tecnologia dell’idrogeno e delle celle a combustibile. Ora punta a un nuovo primato: aprire la strada alla creazione delle prime rotte commerciali internazionali per la spedizione di idrogeno pulito dall’Australia e dal Brunei.

In Australia, il governo ha istituito un fondo di finanziamenti per sostenere progetti dedicati allo sviluppo specifico. Denominato Advancing Hydrogen Fund da 300 milioni di dollari sarà amministrato dalla Clean Energy Finance Corporation. Come priorità iniziale, il CEFC cercherà di investire in progetti inclusi nel programma di sovvenzioni Arena da 70 milioni di dollari che mira a dimostrare la fattibilità tecnica e commerciale della produzione di idrogeno su larga scala mediante elettrolisi.

L’ambizioso progetto dell’UE e i piani di Germania e Francia

L’Unione Europea punta a essere primo continente al mondo emissioni zero entro il 2050. Per questo la Commissione europea, nel Next Generation EU, il progetto di recovery fund da 750 miliardi di euro, pone la lotta al cambiamento climatico al centro della ripresa dalla crisi innescata dal Covid-19.Idrogeno verde per la decarbonizzazione: su cosa lavora la ricerca 1

Il Green Deal europeo diventa così parte integrante della strategia di ripresa europea: la stessa Commissione UE segnala l’avvio di un’economia pulita dell’idrogeno in Europa, insieme a progetti di energia rinnovabile, in particolare eolico e fotovoltaico.Le potenzialità dell'idogeno in UEPer questo si vuole arrivare a produrre un milione di tonnellate di idrogeno verde. Lo riporta la Reuters, secondo cui un fondo UE esistente potrebbe spingersi a investire fino a 30 miliardi di euro nel combustibile. Nel programma biennale da 20 miliardi di euro di sovvenzioni e garanzie dell’UE per incrementare le vendite di veicoli “puliti”, c’è anche l’idea di installare due milioni di stazioni di ricarica per veicoli elettrici e a idrogeno entro il 2025.

C’è da dire che alcune associazioni ambientaliste, tra cui il WWF, hanno molto criticato il documento della Commissione Europea che punta a sviluppare l’idrogeno green.

Al piano europeo ci sono anche gli obiettivi dei due Paesi che scommettono di più: Germania e Francia. La prima ha approvato proprio in questi giorni una strategia nazionale per l’idrogeno. Il governo propone che la Germania costruisca una capacità di elettrolisi di 5.000 MW entro il 2030 e 10mila MW entro il 2040 per produrre il nuovo combustibile.

Anche la strategia francese per l’idrogeno prevede obiettivi ambiziosi per “ripulire” l’attuale uso dell’idrogeno grigio nell’industria, il più presto possibile. L’obiettivo è il 10% di utilizzo dell’idrogeno verde nell’industria per il 2022 e dal 20% al 40% per il 2027.

E in Italia? Nel nostro paese l’idrogeno potrebbe coprire il 25% di tutta la domanda energetica nazionale entro il 2050 ma, secondo il M5S manca ancora una vera strategia.

Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 18/7/2020

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