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Render del progetto Urban Jungle (©Stefano Boeri Architetti) Indice degli argomenti: Forestazione urbana e riduzione della CO2 L’Italia e la forestazione urbana. Prato capofila Il Piano di forestazione Le Urban Jungles Tre i progetti pilota Da alcuni anni la forestazione urbana è diventata questione centrale delle politiche ambientali ai vari livelli tanto da entrare a far parte dell’agenda di governo di numerosi stati e capitali del mondo. Oltreoceano, alla metà circa del decennio scorso, il tema si è imposto nelle politiche urbane di grandi città statunitensi come Los Angeles, Denver, New York che, tra le prime, hanno aderito alla Million Trees Initiative, con programmi e progetti di messa dimora di milioni di esemplari. Forestazione urbana e riduzione della CO2 Più recentemente, con la percezione sempre più evidente degli effetti del cambiamento climatico, c’è stato un cambio di registro: da iniziative di riduzione dell’inquinamento atmosferico a strategia di contenimento delle emissioni dei gas serra e, in taluni casi, di risposta concreta alla desertificazione di intere parti del pianeta. Esempio di verde intensivo in città Per arrivare a cogliere l’importanza della forestazione urbana, l’Italia nonostante l’esistenza di una Strategia nazionale del verde urbano risalente ad alcuni anni fa, ci arriva con un po’ di ritardo e solo sulla spinta delle sempre più numerose iniziative internazionali. Ma come spesso accade, anche grazie alla capacità di adattamento, il nostro Paese si è svegliato dal torpore e si è posto alla testa di un movimento internazionale con originalità e capacità di visione strategica. L’Italia e la forestazione urbana Negli ultimissimi anni, insomma, in Italia si è assistito a un repentino cambio di rotta frutto di un’altrettanta rapida presa di coscienza. Lo testimoniamo gli appuntamenti del Forum mondiale sulle foreste urbane di Mantova (2018) e Milano (2019), il lancio del progetto Forestami del Comune e della Città Metropolitana di Milano (2018), le esperienze di Mantova, Torino e soprattutto Prato, che con le sue Urban Jungles si pone alla testa del movimento di riconquista del verde nelle città e nei centri urbani. Prato capofila L’esperienza del comune di Prato è una delle più avanzate e innovative: il piano operativo comunale, lo strumento urbanistico che definisce le strategie di sviluppo della città, è infatti orientato a fornire risposte concrete e immediate alle conseguenze del climate change. Render del progetto Urban Jungle (©Stefano Boeri Architetti) Un’indicazione emersa anche grazie al dibattito pubblico che il processo di pianificazione ha innestato. Nel piano operativo il verde è declinato secondo un approccio innovativo: non una questione paesaggistica, ma un tema fondamentale per la salute dei cittadini. Il Piano di forestazione All’interno dello strumento urbanistico ha trovato spazio il Piano di forestazione messo a punto da Stefano Boeri Architetti. L’obiettivo del Comune è arrivare a piantare nel territorio cittadino 190 mila nuovi alberi entro il 2030, attraverso una strategia che si compone di diverse azioni, tra di loro connesse ma autonome, in grado di attirare finanziamenti e investimenti. Render del progetto Urban Jungle (©Stefano Boeri Architetti) Tra queste, è compreso il piano per il “verde capillare”, da sviluppare anche sulla superficie degli edifici, e quello per la cosiddetta demineralizzazione urbana: per incentivare la rigenerazione green delle aree dismesse si offrono bonus volumetrici in altezza e si chiede che una parte della superficie venga destinata a verde. Il piano operativo alla cui definizione ha contribuito anche Stefano Mancuso, professore all’università di Firenze e direttore del Laboratorio internazionale di neurobiologia vegetale – converte la città toscana da centro industriale a città verde. Prato guarda ora al suo futuro a partire da verde, riuso del patrimonio industriale dismesso, contenimento del consumo di suolo, infrastrutture e salute pubblica. Le Urban Jungles Ma le sorprese non finiscono qui. Prato sarà la prima città che avrà una sua giungla urbana (un primato, a quanto se ne sa, mondiale). Si tratta di un progetto, co-finanziato con 3,7 milioni di euro dal Fondo europeo di sviluppo regionale attraverso il programma Urban Innovative Action, di ri-naturalizzazione di alcune zone ed edifici di Prato: aree ad alta densità abitativa che verranno riprogettate in chiave green, affidando alle piante il compito di abbattere le sostanze inquinanti, ripristinare il suolo e gli spazi e renderli fruibili alla città. Render del progetto Urban Jungle (©Stefano Boeri Architetti) Il tutto attraverso la partecipazione degli abitanti delle zone coinvolte dal progetto, aumentando in questo modo la consapevolezza civica e la resilienza della città nel suo complesso. La principale innovazione sta nel concetto di Urban Jungle, che supera il tradizionale concetto di forestazione urbana. Invece di ricostruire le aree dense della città, la vegetazione può colonizzare gli obiettivi posizionando il verde sul maggior numero possibile di superfici e spazi il più vicino possibile al luogo in cui vengono rilevate le criticità ambientali. L’approccio è applicato alla creazione delle infrastrutture verdi urbane e costituisce un efficace banco di prova per la sua replicazione in altre città. Tre i progetti pilota Tre i progetti pilota individuati: il primo interesserà le case popolari di via Turchia (102 alloggi, in cui vivono alcune centinaia di persone); il secondo l’edificio meglio noto come Estra (con un investimento a carico di Consiag; le spese di progettazione verranno sostenute dal progetto europeo); l’ultimo, infine, riguarderà un edificio di via Giordano, che verrà destinato a nuovo mercato metropolitano nello storico quartiere di Macrolotto 0. Esempio di verde intensivo La fase di progettazione tecnica impegnerà tutto il 2020: i lavori invece inizieranno agli inizi del 2021 per terminare nel gennaio 2022. Entro l’estate verranno posizionati 32 sensori ad alta tecnologia: serviranno a misurare la qualità dell’aria e la capacità di assorbimento degli inquinanti da parte degli alberi. Nell’operazione di creazione delle Urban Jungle sono coinvolti Stefano Boeri Architetti, Pnat (Plant Nature and Technology, start-up fiorentina nata nel 2014 come spin-off dell’università di Firenze), l’istituto di Biometeotologia del Cnr, Estra (società di energia e telecomunicazioni), Treedom (piattaforma on-line per la piantumazione a distanza di alberi), Greenapes (piattaforma B Corp ambientale), Epp (l’Agenzia di edilizia residenziale pubblica pratese) e Legambiente Toscana. A tutt’oggi Prato vanta un patrimonio arboreo di 29mila alberi di proprietà pubblica: si stima che generino benefici economici per oltre 400mila euro all’anno, eliminino 3.715 chilogrammi di inquinanti atmosferici ogni anno, intercettino 7.891 metri cubi di acqua meteorica e 69.600 chilogrammi di anidride carbonica all’anno. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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