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A cura di: Tommaso Tetro Sul cammino delle energie rinnovabili c’è un ostacolo più grande degli altri. Si chiama burocrazia. E in particolare se messe di fronte all’iter delle procedure, a pagare un prezzo più alto rispetto ad altre fonti pulite è l’eolico che, negli ultimi otto anni, ha visto scendere del 76% in numero di autorizzazioni. Il tema è stato scodellato sul tavolo del dibattito pubblico che si è aperto con il decreto per la governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e delle Semplificazioni dall’Anev (Associazione nazionale energia del vento). Le 5 criticità per lo sviluppo dell’eolico Cinque le principali “criticità e cause del rallentamento” per l’eolico: ”lentezza del rilascio delle autorizzazioni, troppa discrezionalità per le procedure di Valutazione di impatto ambientale (Via), blocco da parte delle sovrintendenze, disomogeneità tra norme regionali e nazionali, contenziosi tra istituzioni”. “Sul cammino dell’energia eolica, chiamata nell’attuale fase di transizione ecologica a dare il proprio contributo per la lotta ai cambiamenti climatici e per favorire la decarbonizzazione – osserva l’Anev – troppo spesso si incontrano ostacoli burocratici che ne bloccano lo sviluppo”. E’ per questo che diventa “necessario ‘liberare l’energia eolica’”: argomento che è anche al centro della campagna di comunicazione dell’Associazione ‘Libera l’energia, segui il vento’. Cuore della discussione è “la linearità e la trasparenza dei processi autorizzativi”: la richiesta, che va avanti “da anni”, è “di ricondurre le tempistiche medie degli iter per la realizzazione degli impianti eolici”. A oggi – spiega l’Anev – ci vogliono “oltre 5 anni rispetto ai 6 mesi previsti dalla normativa”. Un blocco causato, quasi sempre, da “pareri discordanti tra decisori”. Una soluzione per superare questi contrasti potrebbe avvenire grazie a “regole chiare” e a “un’indicazione preventiva delle mitigazioni”. Il presidente dell’Anev Simone Togni la mette in chiave Recovery: “la transizione ecologica è un’opera immane che ha a che fare con la semplificazione delle procedure burocratiche. Di questo si parla nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Per realizzarlo dobbiamo velocizzare e snellire”. Oggi abbiamo tempi troppo lunghi Negli ultimi otto anni – spiega l’Anev – c’è stata “una riduzione del 76% dei provvedimenti di autorizzazione emessi dalle pubbliche amministrazioni competenti. Inoltre dal 2017 ad oggi sono state lo 0% su oltre 9 Gigawatt di richieste, le autorizzazioni delle sovrintendenze”. E i conflitti sia tra istituzioni, con un ministero (Transizione ecologica) che acconsente e un altro (Beni culturali) che nega, che tra amministrazioni e imprese hanno “tempi non compatibili con gli investimenti industriali”. L’obiettivo naturalmente è “semplificare e velocizzare”, di fronte a questo insieme di difficoltà; è per questo che l’Anev propone essenzialmente alcune modifiche da apportare al decreto: il repowering degli impianti esistenti; eliminare il parere del ministero dei Beni culturali se si ricade su aree non vincolate, per la realizzazione di nuovi impianti occorre definire chiaramente le modalità per ottenere dal ministero dei Beni culturali parere positivo preventivo su aree vincolate, specificando quali azioni di mitigazione rendono compatibili gli impianti eolici rispetto ai vincoli preordinati; definizione di tempi rapidi e modalità certe per dirimere questioni di contrasto, con l’intervento della presidenza del Consiglio o del Comitato interministeriale per la transizione ecologica affinché dirima la questione in 30 giorni. Nel quadro istituzionale attuale la nascita del ministero della Transizione ecologica e del Cite (Comitato interministeriale per la transizione ecologica) rappresenta “un importante passo verso il corretto funzionamento dei meccanismi autorizzativi e quindi verso il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione posti dall’Ue al 2030. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – rileva Togni – il tema della semplificazione è posto tra le riforme necessarie che il nostro governo ha giustamente individuato come indispensabili” per “dare una svolta in termini di tempi e procedure al Paese. La transizione ecologica è un’opera immane che ha a che fare con la semplificazione profonda delle procedure burocratiche di cui si parla nel Piano e per la quale è necessaria una chiara individuazione di obiettivi e di strumenti necessari a raggiungerli, per proseguire con una sensibilizzazione della popolazione attraverso una campagna di informazione chiara che spieghi i motivi per i quali un percorso così importante sia necessario e soprattutto conveniente”. E’ quello che “ci aspettiamo che il governo Draghi e il ministero per la Transizione ecologica facciano, imprimendo una vera svolta allo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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