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A cura di: la redazione Per contrastare il cambiamento climatico e rispettare i target internazionali fissati con l’Accordo di Parigi e quelli nazionali definiti dal PNIEC, è necessario puntare sulle rinnovabili e in particolare sul fotovoltaico. Ma per raggiungere i 32 GWp di nuovi impianti solari previsti al 2030 dal Pniec, gli impianti su tetto non sono sufficienti. Lo sostengono alcune tra le principali associazioni ambientaliste, Greenpeace, ITALIA SOLARE, Legambiente e WWF – che hanno scritto ai ministri dello Sviluppo economico, Ambiente, Agricoltura e Attività culturali e Turismo, sottolineando l’urgenza che venga potenziata la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra e chiedendo che non vengano promulgati provvedimenti che blocchino l’installazione dei pannelli sui terreni agricoli. Considerando infatti che le nuove installazioni procedono troppo lentamente per garantire il rispetto dei 32 GWp fissati dal PNIEC, che comunque secondo i firmatari sono sottodimensionati rispetto agli obiettivi climatici e alle potenzialità del Paese, è necessario aumentare la capacità installando impianti su tutti i nostri tetti e nelle aree dismesse, realizzare interventi di revamping e repowering degli impianti esistenti, ma anche incrementare gli impianti a terra utilizzando le aree agricole dismesse o poste vicino a infrastrutture, senza andare dunque a limitare la superficie agricola oggi utilizzata né sfruttando terreni con caratteristiche di pregio ambientale e assicurando permeabilità e biodiversità dei suoli. “Il fotovoltaico può benissimo affiancare le coltivazioni con il vantaggio, per l’agricoltore, di beneficiare di una entrata integrativa in grado di aiutare la sua attività agricola”. Le associazioni ritengono che sia possibile sviluppare interessanti sinergie con le attività agricole e, secondo le stime di calcolo, ipotizzando di lasciare un ampio spazio tra le file dei moduli, sono necessari 2 ettari per ogni MWp. “Stimando che circa il 30% di 30-50 GW potrà essere installato sui tetti e su terreni industriali o contaminati, serviranno 40-70 mila ettari circa di terreni agricoli, pari allo 0,2-0,4% dei terreni coltivabili disponibili“. La diminuzione dei prezzi degli impianti e i continui miglioramenti di tecnologia ed efficienza permettono ormai di realizzare progetti fotovoltaici a terra in area agricola senza incentivi. Ma le associazioni sono preoccupate perché “le gare per l’accesso agli incentivi per gli impianti in aree dismesse o bonificate sono andate sostanzialmente deserte, per problemi normativi e ritardi del nostro Paese nelle bonifiche“. Inoltre manca una normativa adeguata che tuteli i terreni agricoli. Ecco perché le associazioni propongono che ci sia una pianificazione dell’installazione degli impianti in queste aree, che potrebbe anche avere un ruolo di tutela dei terreni. Attualmente infatti è possibile realizzare impianti in aree agricole senza limitazioni, non è semplicemente permesso l’accesso alle aste e agli incentivi di questi impianti. Ciò ha portato alla realizzazione di impianti su terreni agricoli senza alcuna pianificazione o integrazione nel territorio, creando spesso malcontento e con il rischio che gli enti locali introducano provvedimenti ad hoc per limitare le installazioni. Per risolvere questi problemi è importante definire dei parametri da rispettare a sostegno delle nuove installazioni su terreni agricoli e che contemporaneamente tutelino le imprese che potrebbero incrementare il proprio lavoro, anche “mantenendo l’attività agricola tra le file di moduli fotovoltaici” e incentivando in questo modo l’agrofotovoltaico. Alcuni studi hanno dimostrato i vantaggi dell’agrofotovoltaico anche per il suolo: una ricerca dell’università dell’Oregon ha evidenziato i moduli fotovoltaici aumentano l’umidità del suolo, assicurando più acqua per le radici durante il periodo estivo. Inoltre possono esserci vantaggi anche per l’apicoltura, facendo crescere le piante intorno alle file di moduli, senza l’utilizzo di pesticidi, le api potrebbero resistere più facilmente alle difficoltà legate all’inquinamento e all’uso degli anticrittogamici – sostanze chimiche utilizzate per combattere i parassiti delle piante. Un’altra possibilità è quella di far pascolare le pecore nei terreni in cui sono stati installati i pannelli, con il vantaggio di tenere l’erba bassa sfruttando ampie aree d’ombra. Per concludere le associazioni chiedono che ci sia la revisione delle Linee guida per l’inserimento degli impianti nel paesaggio e che nella legge di delegazione europea messa in consultazione dalla Presidenza del Consiglio, sia inserita la possibilità di installare impianti rinnovabili anche in “terreni non coltivati privi di pregio ambientale e la combinazione di fotovoltaico e attività agricole, e definendo le condizioni per l’installazione di impianti fotovoltaici in area agricola“. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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