Bioarchitettura e risparmio energetico

PONTAROLO ENGINEERING

Presentiamo a seguire l’intervista al sig. Pontarolo, titolare della Pontarolo Engineering di Pordenone, nonchè membro del Comitato di Presidenza dell’ANCE e Coordinatore della commissione Edilizia Sostenibile e Certificazione Energetica; presidente collegio costruttori Pordenone; Ance Friuli: vicepresidente e responsabile della Commissione Edilizia Sostenibile e Certificazione Energetica.

Bioarchitettura

Il protocollo di Kyoto porta alla necessità di una nuova pianificazione anche del territorio?
“Credo che il concetto di sostenibilità debba partire proprio da questo. Non è pensabile applicare la sostenibilità solo a ciò che fa il cittadino finale che compera un terreno e si costruisce una casa.
Sostenibilità vuol dire prima di tutto individuare dove insediare nuove zone produttive, siti abitativi, infrastrutture.
Se solo pensiamo ai percorsi che oggi devono fare le merci nei diversi spostamenti, quanto carburante fanno consumare per i trasporti e quanta CO2 si immette nel territorio – per mancanza di infrastrutture, per cattiva progettazione e pianificazione del territorio – possiamo renderci conto che l’urbanistica è la prima materia legata alla sostenibilità e dovrebbe essere adeguatamente ripensata, tenendo presente che dovrà necessariamente essere sostenibile.
Dobbiamo tutti porci la domanda se quello che si sta facendo in ambito territoriale possa essere fatto meglio.
Il primo pensiero che deve avere chi si occupa di edilizia è legato alla sostenibilità e a quale sarà l’impronta ecologica che, qualsiasi nuova progettazione, lascerà alle generazioni future.
Nasceranno sicuramente anche nuovi modi di progettare, di pensare l’edilizia e l’ambiente.
La speranza è che chi si occupa di queste cose sia davvero illuminato e che la politica segua questo spirito.
Questo è un aspetto fondamentale!
La politica deve acquisire sensibilità vera, altrimenti tutti gli sforzi rischiano di essere inutili. Speriamo che le logiche siano proprio quelle del rispetto del territorio del mondo in cui viviamo”.

La certificazione e la qualità dell’edificio rappresentano un’opportunità o un problema?
“Finalmente anche in Italia non si parla solo di costo di costruzione, ma anche di prestazioni dell’edificio, a livello di consumo, durata e spese di manutenzione.
Fino a oggi invece il focus è sempre stato individuato nel costo di costruzione, senza considerare che il costo di un edificio non è solo quello di oggi, mentre costruisco, ma è un costo che l’edificio avrà nell’arco della vita, in 10-20-30 anni a seconda dell’uso che se ne deve fare.
Oggi finalmente si considera anche quanto costa riscaldare o raffreddare un edificio, quanto è sostenibile quell’edificio nel contesto in cui si trova.
Quindi si parla di impianti solari. Si cominciano a individuare altre varianti: la posizione delle vetrate, per esempio, a sud piuttosto che a nord.
Si ragiona anche in funzione dei consumi.
Questo è molto importante per l’ambiente, credo che passare dal prescrizionale al prestazionale sia qualcosa che rivoluzionerà il modo di progettare e di costruire.
In questa maniera sicuramente anche gli operatori del settore si troveranno costretti, per poter rimanere nel mercato, a costruire fabbricati che consumino meno ma che possano durare molto, che inquinino poco e costino poco a livello di manutenzione”.

Ultimamente, in televisione, si vede la pubblicità di un’azienda costruttrice che vende l’idea di costruire in modo sostenibile. Si tratta di un nuovo messaggio. Forse le imprese di costruzione hanno capito che può diventare un plus nella vendita
“Le imprese di costruzione iscritte alla nostra associazioni di categoria, l’Ance (io sono il coordinatore della commissione Edilizia Sostenibile e Certificazione Energetica per l’Ance) già da un po’ percorrono questa strada.
Prima di tutto perché ci credono, non solo per una questione di marketing ma, soprattutto, per una questione etica.
Per fortuna come dicevo stiamo andando verso il prestazionale, le imprese “etiche” hanno finalmente modo si svincolarsi da quelle che erano le logiche di mercato di prima, legate esclusivamente al prezzo.
Fino a ieri le imprese erano costrette a costruire con i minimi requisiti prestazionali e la qualità era una variabile poco considerata.
Oggi, invece,  produrre in modo etico, quindi sostenibile, sta diventando davvero un plus, anche per l’ente pubblico che commissiona i lavori o per l’utente finale”.

Architettura biocompatibile e Edilizia sostenibile: sono la stessa cosa?
“Voglio sottolineare che l’Architettura biocompatibile è una cosa un po’ diversa dai discorsi fatti fino ad ora. All’interno dell’edilizia sostenibile c’è anche la biocompatibilità ma non viceversa.
La parola biocompatibilità nasce da biologia e, se guardiamo sul vocabolario, la biologia è lo studio scientifico dei fenomeni vitali e degli organismi viventi.
Essa studia le caratteristiche fisiche e comportamentali degli organismi, la loro classificazione, l’origine e lo sviluppo delle specie e l’interazione che hanno l’una con l’altra e nei confronti dell’ambiente. Va benissimo ma è una cosa diversa dalla sostenibilità di cui stiamo parlando.
Se cerchiamo sul dizionario che cos’è lo ‘sviluppo sostenibile’, potremo osservare che è definito una forma di sviluppo (che comprende lo sviluppo economico, delle città, delle comunità eccetera) che non compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello sviluppo preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve naturali (che sono esauribili, mentre le risorse sono considerabili come inesauribili).
E’ su questo che ci dobbiamo concentrare, non su altre cose.
La biocompatibilità esula da questo, si può benissimo scegliere di costruire con criteri di biocompatibilità, ma è davvero un’altra cosa.
Spesso si fa l’errore di confondere la biocompatibilità con la sostenibilità.
Tanto è vero che la Commissione Itaca (commissione interregionale che sta fissando i regolamenti per l’edilizia sostenibile, con dei parametri oggettivi che possano stabilire se un edificio è davvero sostenibile) nell’articolo 1 dà una definizione precisa di cosa si intenda per edilizia sostenibile”.

Quali parti sociali devono diventare protagoniste di questo percorso?
“Deve essere un obiettivo primario di tutti, a partire dagli studenti che si occupano, a tutti i livelli e nelle varie discipline, di sostenibilità.
Ma anche i progettisti e i committenti devono rendersi conto che, non esiste solo il prezzo, ma un rapporto qualità/prezzo/prestazione e che, proprio nella prestazione, rientra la sostenibilità.
Naturalmente l’obiettivo deve essere perseguito anche dai costruttori, ma le garantisco che le imprese di costruzione dell’Ance sono già su questa lunghezza d’onda.
E poi, come dicevamo prima, la classe dirigente e i politici che già se ne stanno occupando.
La mia speranza è che non sia solo modo demagogico di affrontare la sostenibilità, ma che sia una reale presa di posizione e di coscienza, altrimenti incorreremo nel rischio che vengano varate norme per favorire solo alcune realtà, senza uno sguardo di insieme e senza trovare delle reali opportunità per il futuro.”

Isolamento termico, acustico, sicurezza, materiali compatibili. Quali esempi ci sono oggi in Italia che possono concretamente dimostrare come realizzare un edificio sostenibile?
“Esempi che percorrono questa via ce ne sono tanti.
Oggi come oggi però siamo a un punto di partenza, non c’è ancora una definizione precisa su come vada costruito l’edificio sostenibile. Siamo ancora a livello di sperimentazione.
I progettisti e produttori di materiali, i costruttori, i committenti e gli acquirenti non sono ancora ben orientati. Adesso stanno nascendo tanti prodotti e, il mercato opererà delle scelte.
Nel giro di qualche anno ci sarà una strada più precisa, molti prodotti e tecnologia spariranno altri rimarranno. Sicuramente quello che posso dire è che stiamo vivendo un cambiamento sostanziale del modo di percepire, progettare, di costruire e naturalmente di pianificare il territorio”.

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