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Le linee guida della Commissione Europea in prospettiva dell’Unione Energetica mettono al centro il graduale allontanamento dei Paesi Membri da un’economia basata sulle fonti fossili ponendo al centro la generazione distribuita di energia elettrica da fonti rinnovabili ed un ruolo attivo dei consumatori finali. Nel dettaglio le linee guida comunitarie prevedono che i cittadini dovrebbero: essere al centro della transizione energetica; avvantaggiarsi delle nuove tecnologie per pagare di meno; partecipare attivamente al mercato elettrico. E quindi che: sia garantita la tutela dei consumatori vulnerabili; i consumatori debbano poter gestire non solo l’offerta ma anche la domanda in un’ottica di “demand response”. Ciò implica che tutte le direttive comunitarie e normative nazionali in materia dovrebbero: Informare di più i consumatori di energia perché attraverso comportamenti più efficienti riducano i loro costi energetici; Promuovere sistemi tariffari che indirizzino la domanda di energia ai momenti in cui c’è più offerta di energia; Permettere che i consumatori possano avvantaggiarsi delle nuove tecnologie intelligenti controllando il proprio consumo e autoproducendo energia e integrandosi in reti intelligenti; Promuovere sistemi che permettano la riqualificazione energetica degli edifici esistenti; Garantire un quadro normativo stabile che permetta ai consumatori e agli investitori di fare i necessari investimenti. Nella realtà dei fatti, però, in Italia la politica energetica nazionale sta andando in direzione diametralmente opposta. Infatti, la possibilità per i consumatori e per i produttori di energia da fonte rinnovabile di rendere servizi alle reti ancora non è garantita benché sia pendente da ormai 4 anni un procedimento in tale senso e da ultimo anche il D. Lgs. 102/2014 abbia richiesto l’adozione di tale regolamentazione. Inoltre, gli incentivi per la trasformazione del patrimonio edilizio in edifici a energia quasi zero sono previsti solo per le pubbliche amministrazioni e non per gli edifici privati. Infine, le recenti riforme tariffarie e in particolare quella per gli utenti elettrici domestici – Deliberazione 582/2015 dell’AEEGSI – premiano il prelievo di energia di rete anziché riconoscere vantaggi economici ai virtuosi che adottano soluzioni di efficienza energetica e autoconsumo. La riforma delle tariffe elettriche dell’Autorità si spinge molto oltre l’applicazione delle leggi nazionali e comunitarie, definendo scelte politiche non proprie di un organismo regolatorio. Più consumi meno paghi: a parità di valore di mercato dell’energia elettrica aumenta il costo complessivo della bolletta elettrica per tutte le famiglie fino a 4 componenti e in maniera molto significativa per i nuclei monofamiliari. Oneri uguali per tutti in qualunque momento: si riduce sostanzialmente il potere del consumatore di incidere sui propri costi energetici, in quanto incrementa le componenti fisse della tariffa che rimangono uguali qualunque sia il comportamento del consumatore e non si prevede alcun meccanismo di graduazione tariffaria per gli oneri a seconda dei momenti di consumo. Paghi anche se non prelievi energia dalla rete: si riduce la convenienza dell’autoproduzione e dell’efficienza energetica in quanto limita la parte della bolletta che è pagata a consumo di energia prelevata dalla rete e aumenta la parte che è pagata comunque anche se non si preleva energia dalla rete. In sostanza la proposta dell’Autorità: danneggia le fasce meno abbienti perché applica gli aumenti a chi cerca di spendere meno riducendo i consumi; pretende di passare da una struttura progressiva a una struttura fissa per gli oneri di rete e quindi da un opposto all’altro; penalizza i cittadini che avevano investito in efficienza ed autoconsumo; pretende di dare risorse ai distributori in modo indistinto a prescindere dal fatto che siano attuati idonei interventi per garantire il corretto funzionamento della rete parametrando i costi all’impegno di potenza, sottende invece costosi e antistorici investimenti di nuova infrastrutturazione per risolvere le congestioni, che sarebbero contrari alla normativa comunitaria e inutili. In tutto questo quadro rimane una domanda ancora senza risposta: chi si prenderà la responsabilità politica degli eventuali sprechi dei concessionari che sono organismi al di fuori di meccanismi di concorrenza? Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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