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Da uno studio realizzato da ENEA e Politecnico di Milano è stato sviluppato un biomattone realizzato da una miscela di calce e canapulo, in grado di mantenere in casa una temperatura media di 26°, anche nei periodi di estremo caldo Nell’ambito del progetto “Riqualificazione energetica degli edifici pubblici esistenti: direzione nZEB”, finanziato dalla Ricerca di Sistema Elettrico del Ministero dello Sviluppo Economico, Enea e Polimi hanno studiato un biomattone adatto per l’utilizzo in clima mediterraneo, soggetto nei mesi estivi a temperature sempre più calde. Considerando che secondo studi ENEA i consumi energetici delle abitazioni in Italia sono responsabili del 45% delle emissioni di CO2, si tratta di una soluzione molto interessante guardando alle possibili applicazioni negli interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, in grado di migliorare l’efficienza energetica degli edifici e garantendo risparmi di energia fino al 50%. Realizzato in materiale composito, da una miscela di calce e canapulo, lo ‘scarto’ legnoso della canapa, il biomattone riesce a mantenere una temperatura interna di circa 26° anche nei periodi più caldi dell’anno, non rendendo necessario l’uso dei climatizzatori. Vincenza Luprano, ricercatrice del Centro Ricerche ENEA di Brindisi spiega che la canapa è un materiale sempre più utilizzato nell’edilizia green, sia per le sue caratteristiche di materiale naturale, sia per la vasta disponibilità sul territorio e per il basso impatto del ciclo produttivo sull’ambiente, in un’ottica di economia circolare. Grazie all’analisi del ciclo di vita (LCA), i ricercatori hanno verificato che la miscela utilizzata permette di creare mattoni adatti alla realizzazione di edifici NZEB, e dalle ottime prestazioni in termini di basso impatto ambientale, alte prestazioni energetiche, traspirabilità, ottime capacità isolanti, protezione dall’umidità e comfort. In particolare sono state fatte verifiche sulle prestazioni dei biomattoni, in una prima fase in laboratorio in camera climatica a 23° e a 35° e poi analisi “in situ”, in Sicilia e in Veneto, su edifici realizzati con le stesse tecnologie. Giovanni Dotelli del Politecnico di Milano sottolinea che i risultati dello studio mostrano un bilancio ambientale molto positivo per quanto riguarda l’impronta di carbonio: “in pratica la parete in blocchi in calcecanapulo funziona come un sistema in grado di sottrarre CO2 dall’atmosfera e tenerla bloccata per un tempo sufficientemente lungo”. Inoltre – commenta Patrizia Aversa, del Centro Ricerche ENEA di Brindisi– si è confermata la buona performance a livello termoigrometrico della parete che si assesta su valori interni constanti, indipendentemente dalle oscillazioni di umidità e temperatura esterne, senza che sia necessario l’utilizzo di condizionatori e per l’intero periodo di misura effettuato nei mesi più caldi. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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