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Il 5 dicembre scade l’obbligo di diagnosi energetica per le grandi imprese e le energivore. È una misura per fare efficienza energetica, valida per tutte le aziende a cura di Vittorio Gabrielli Indice degli argomenti: Diagnosi energetica: cosa prevede l’obbligo per grandi imprese ed energivore Diagnosi energetica: un’opportunità per le Pmi L’obbligo di fare diagnosi energetica ha una data: 5 dicembre. Entro giovedì, infatti, imprese a forte consumo energetico e grandi imprese devono eseguirla. Questa diagnosi, ricorda il Decreto Legislativo 102 del 2014, che ha recepito la Direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, dovrà essere condotta da: “società di servizi energetici, esperti in gestione dell’energia o auditor energetici e da ISPRA relativamente allo schema volontario EMAS, nei siti produttivi localizzati sul territorio nazionale”. A una prima scadenza, ricorda lo stesso D.Lgs. 102/2014, fissata nel 2015, ogni quattro anni queste aziende dovranno sottoporsi. Si è arrivati così a quest’anno, come secondo appuntamento obbligatorio. Diagnosi energetica: cosa prevede l’obbligo per grandi imprese ed energivore Ma da dove nasce l’esigenza di diagnosi energetica? La risposta la fornisce lo stesso decreto 102 (successivamente modificato dal D.Lgs. 141/2016): promuovere e migliorare l’efficienza energetica per raggiungere l’obiettivo nazionale di risparmio energetico, che consiste nel ridurre entro il 2020 i consumi di energia primaria di 20 Mtep, pari a 15,5 Mtep di energia finale, conteggiati partendo dal 2010. Per centrare l’obiettivo il decreto ha previsto varie misure, compreso l’efficientamento energetico negli edifici e negli stessi acquisti delle PA centrali come pure il miglioramento della prestazione energetica degli immobili pubblici. Torniamo all’obbligo di diagnosi energetica, che dovrà essere redatta il 5 dicembre. Chi sono le aziende cui si riferisce? Il Ministero dello Sviluppo economico lo ha spiegato nei chiarimenti pubblicati a novembre 2016: per “grande impresa” ci si riferisce a realtà con più di 250 dipendenti e un fatturato superiore a 50 milioni di euro o a un totale di bilancio annuo superiore di 43 milioni. Le energivore sono le imprese iscritte nell’elenco annuale della CSEA – Cassa per i servizi energetici e ambientali. A provvedere alla diagnosi energetica, dal 2016, sono determinati soggetti: gli Esperti in gestione dell’energia (EGE), certificati ai sensi della norma UNI CEI 11339, le Energy Service Company (ESCo), gli energy auditor, figure professionali qualificate secondo la norma UNI CEI EN 16247-5. Grandi imprese ed energivore possono essere esonerate dall’obbligo: questo accade se adottano sistemi di gestione conformi EMAS e alle norme ISO 50001 o EN ISO 14001, a condizione che il sistema di gestione in questione includa un audit energetico realizzato come prescritto dalla “legge 102”. Una volta effettuata la redazione, la diagnosi energetica va trasmessa all’ENEA entro il prossimo 22 dicembre. Per questo l’Agenzia nazionale per l’efficienza energetica ha realizzato il portale dedicato Audit102. Diagnosi energetica: un’opportunità per le Pmi Sempre il Dlgs 102/2014 prevede anche misure per promuovere la diagnosi energetica anche nelle piccole e medie imprese. Si legge, infatti, che dal 2014: “e con cadenza annuale fino al 2020, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, pubblica un bando per il cofinanziamento di programmi presentati dalle Regioni finalizzati a sostenere la realizzazione di diagnosi energetiche nelle PMI o l’adozione nelle PMI di sistemi di gestione conformi alle norme ISO 50001”. La stessa norma segnala che i programmi di sostegno presentati dalle Regioni prevedano che gli incentivi siano concessi “alle imprese beneficiarie nel rispetto della normativa sugli aiuti di Stato e a seguito della effettiva realizzazione delle misure di efficientamento energetico identificate dalla diagnosi energetica o dell’ottenimento della certificazione ISO 50001”. Perché puntare a introdurre la diagnosi in queste imprese? Una prima risposta è data dalla necessità di centrare gli obiettivi di efficienza energetica che l’Italia e ogni paese dell’Unione Europea deve raggiungere. Qui si gioca un punto determinante e le piccole medie imprese possono davvero essere fondamentali in questo percorso. Il nostro Paese è primo in UE per numero di imprese: ne conta oltre 3.719.000, specifica la Cgia di Mestre. Le microimprese e le Pmi italiane danno lavoro a milioni di persone: sul totale di 14,5 milioni di occupati presenti nel Belpaese, 11,4 lavorano presso le Pmi, di cui 6,5 nelle micro imprese. Ma imprese micro, piccole e medie scontano un problema annoso: sostengono i costi dell’energia elettrica e della componente fiscale tra i più elevati d’Europa, sottolinea la CNA attraverso lo studio condotto dall’Osservatorio Energia realizzato dal Centro Studi della Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media impresa. Risulta, infatti, che nelle prime tre fasce di consumo che vanno da meno di 20 MWh/a fino a 500-2000 MWh/a, nelle quali rientrano le utenze riferibili alle imprese micro, piccole e artigiane, in Italia si paga la quarta bolletta elettrica più cara d’Europa. Da qui risulta come l’efficienza energetica possa essere una leva virtuosa per questo tessuto produttivo. Occorre quindi puntare a conoscere i propri consumi per migliorare la gestione dell’energia utile e ridurne l’uso: in questo senso la diagnosi energetica è uno strumento essenziale. Gli incentivi per farla non mancano: per esempio, la Regione Lombardia ha recentemente stanziato più di due milioni di euro per incentivare le piccole e medie imprese, a realizzarla. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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