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L’Ispra conferma per il 2019 il disaccoppiamento tra l’andamento delle emissioni (che si riducono) e l’andamento del Pil (che cresce), e spiega che il calo delle emissioni è dovuto soprattutto alle restrizioni alla mobilità adottate su tutto il territorio nazionale contro il Covid-19. L’analisi di Italy for climate, un’iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, racconta di come in Italia il processo durerà poco perché manca una vera e propria strategia di decarbonizzazione dell’economia e del sistema produttivo; l’emergenza sanitaria che colpisce la società mette “a nudo la fragilità di fronte alle crisi globali”. Poi costruisce un quadro in 10 punti su come ci stiamo comportando sul clima. a cura di Tommaso Tetro Indice degli argomenti: Effetti delle misure anti-coronavirus sulla mobilità I 10 punti del quadro climatico in Italia L’analisi sul futuro Il clima migliorerà nel 2020. Cioè l’inquinamento dell’aria avrà una netta schiarita. Ci sono però due problemi. Il primo, è che durerà poco. Il secondo: è colpa purtroppo del coronavirus, e delle misure prese per fronteggiare l’emergenza della pandemia. A certificarlo è l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) in una prima valutazione dei dati, in cui si dà anche conto di come sia ormai disaccoppiato l’andamento delle emissioni (che si riducono) con l’andamento del Pil (che cresce, sia pur di poco, ma cresce). Effetti delle misure anti-coronavirus sulla mobilità In Italia per esempio, in base all’analisi dell’Ispra, nei primi tre mesi del 2020 è attesa una riduzione delle emissioni di gas serra compresa tra il 5 e il 7%; si tratta di una stima sul primo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e spiega il calo delle emissioni soprattutto con le restrizioni alla mobilità adottate su tutto il territorio nazionale contro il Covid-19. L’abbassamento è quindi legato soprattutto ai trasporti, al minor traffico urbano, e soltanto in misura minore al riscaldamento, e alla chiusura parziale o totale degli edifici pubblici, oltre che di alcune aziende. Manca un processo strutturale di decarbonizzazione La discesa delle emissioni non avrà però uno status consolidato. Manca infatti una strategia per la decarbonizzazione dell’economia, e di conseguenza un processo strutturale che possa sostenere un miglioramento di questa portata. Il quadro attuale – messo in evidenza dal rapporto ‘10 key trend sul clima – i dati 2019 in anteprima per l’Italia’, realizzato da Italy for climate, un’iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – dipinge da un lato una riduzione delle emissioni che sarà a breve termine e dall’altro l’emergenza sanitaria che colpisce la società mettendo “a nudo la fragilità delle nostre economie di fronte alle crisi globali”. I 10 punti del quadro climatico in Italia Senza un processo strutturale le emissioni di CO2 torneranno a crescere, spiega Italy for climate: “Il 2019 è stato per l’Italia un anno con più ombre che luci sul fronte del clima”, con un aumento delle temperature più alto che nel resto del mondo e un’impennata del numero di eventi estremi legati ai cambiamenti climatici. Sono soltanto due dei 10 punti che raccontano l’Italia da un punto di vista climatico. L’Italia è diventata più calda di 0,6 gradi negli ultimi 40 anni rispetto al resto del mondo (la temperatura media è già aumentata di 1,6 gradi, più della media mondiale che è di circa 1 grado, e l’ultimo decennio è stato il più caldo di sempre). Soltanto l’anno scorso ci sono stati oltre 1.600 eventi estremi, oltre 10 volte quelli registrati nel 2008 e che solo nel 2019 sono aumentati del 60%”. Nello stesso anno le emissioni di gas serra in Italia si sono attestate a circa 423 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, tra lo 0,5 e l’1% in meno rispetto all’anno precedente (“una riduzione modesta non in linea con i target 2030”). Nel prossimo decennio dovremmo tagliare in media quasi 15 milioni di tonnellate di CO2 equivalente all’anno; negli ultimi anni i consumi energetici sono cresciuti come o più del Pil e questo trend viene confermato anche nel 2019. La crescita della produzione elettrica da energie rinnovabili negli ultimi sei anni in Italia è stata molto bassa, appena il 3% (il 24% la media europea). Nel 2019 l’Italia ha perso la storica leadership in favore della Germania, che ha raggiunto il 41,5% di produzione elettrica da rinnovabili contro il 40,5% dell’Italia. Nelle aste per l’accesso ai meccanismi di incentivazione alcuni impianti eolici sono arrivati ad offrire un prezzo di 4,9 centesimi di euro per kilowattora: per la prima volta nella storia nel 2019 il costo della generazione rinnovabile è sceso al di sotto del prezzo medio di mercato, pari a 5,2 centesimi di euro al kilowattora. Negli ultimi due anni il prezzo delle emissioni di carbonio del sistema europeo dell’Ets (Emission trading system) è passato da meno di 10 a oltre 25 euro per tonnellata di CO2, anche grazie a questa nuova dinamica la produzione elettrica da carbone, sempre meno conveniente, in Italia è scesa dai 49 miliardi di kilowattora del 2012 a circa 20 stimati nel 2019. Le emissioni di CO2 per produrre un kilowattora in Italia si sono dimezzate in trent’anni, scendendo per la prima volta nel 2019 sotto i 290 grammi di CO2 per kilowattora. Il calo di vendite delle auto diesel iniziato nel 2017 in Italia non si è tradotto in una crescita significativa dei veicoli con alimentazione alternativa, ma ha portato allo storico sorpasso delle auto a benzina. L’analisi sul futuro Alcuni “segnali incoraggianti” arrivano “dalla riduzione dei costi delle rinnovabili elettriche” e dalla discesa della produzione di energia elettrica da carbone. La crisi globale per il coronavirus – spiega Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile – “fa riflettere anche su altre possibili crisi potenzialmente globali” come per il clima. Quello che è avvenuto in Cina, cioè la riduzione delle emissioni di circa un quarto in queste settimane, potrebbe ripetersi anche in Italia. Ma, avverte Ronchi, “i dati aggiornati fino al dicembre del 2019 ci mostrano emissioni praticamente stazionarie da circa sei anni. Questo significa che non è in corso un reale processo di riduzione. La storia ci insegna che dopo una crisi economica grave e un calo significativo delle emissioni queste potrebbero tornare a crescere come e forse anche più di prima”. Una dimostrazione la fornisce l’ultima grande crisi finanziaria: “Nel 2009 un calo del Pil globale di circa l’1,7% si è tradotto in un calo delle emissioni dell’1,2% ma l’anno successivo con un Pil a più 4,3% le emissioni sono rimbalzate a più 5,8%”. Il disaccoppiamento delle emissioni con il Pil La tendenza delle emissioni di gas serra per il 2019 in Italia è di una riduzione del 2% rispetto all’anno prima (quando la diminuzione era stata dello 0,9%); e secondo la stima dell’Ispra viene “confermato il disaccoppiamento con il Pil”: di fronte a un abbattimento del 2% delle emissioni si è infatti registrata una crescita del Pil dello 0,3%. Tradotto, all’andamento in discesa delle emissioni, ha invece corrisposto l’indice economico in salita. Il calo del 2% stimato per il 2019 è dovuto soprattutto alla riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (meno 4,0%), e in particolare per la riduzione dell’utilizzo del carbone, e un contenimento dei consumi energetici anche negli altri settori, tipo industria (meno 3,7%), trasporti (meno 0,6%) e riscaldamento (meno 1,8%). Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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