Bicicletta in Italia: fa bene, ma si usa poco. Ecco perché

Venerdì 3 giugno si festeggia la Giornata internazionale della bici, un mezzo ecologico e che porta benefici alla salute, all’economia, al turismo. Ma occorre crederci e supportarla

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Bicicletta in Italia: fa bene, ma si usa poco. Ecco perché

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La bicicletta in Italia è un mezzo diffuso, ma ancora poco usato. In occasione della World Bicycle Day, che si celebra il 3 giugno è tempo per fare un bilancio sull’uso che si fa di questo mezzo –  l’unico davvero ecosostenibile – nel nostro Paese.

Da una recente ricerca Ipsos emerge che la maggioranza (57%) degli italiani intervistati dice di saper andare in bicicletta e quasi la metà (49%) di possederne una che può usare per i propri spostamenti. Tuttavia solo il 10% del campione afferma di raggiungere il proprio posto di lavoro o studio in sella alla propria due ruote e il 13% la usa come mezzo di trasporto principale per un tragitto di due chilometri.

Ricerca Ipsos: gli italiani usano poco la bicicletta

Perché accade questo? Dalla stessa ricerca emerge che il 62% dei sondati ritiene che muoversi in bici nella propria zona sia troppo pericoloso. Inoltre, solo una minoranza degli intervistati (43%) ritiene eccellente l’infrastruttura ciclistica della propria zona, contro l’81% dei Paesi Bassi. La maggioranza degli italiani (71%) del campione è d’accordo sul fatto che i nuovi progetti di infrastrutture stradali nella propria area dovrebbero dare priorità alle biciclette rispetto alle automobili.

Bicicletta in Italia: servono più ciclabili

A quest’ultima considerazione viene in supporto quanto emerso dal report MobilitAria 2022, a cura di Kyoto Club e CNR-IIA in cui si segnala sì il potenziamento delle reti ciclabili grazie anche agli stanziamenti del Ministeri delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (MIMS), con i casi virtuosi di Roma (+ 69 km), Genova (+ 29 km), Torino (+17 km), Bologna (+ 12 km) e Cagliari (+11 km).

Ma tra gli interventi caldeggiati per migliorare la qualità dell’aria delle città c’è la raccomandazione di investire sulle reti ciclabili per 5mila chilometri di percorsi.

La consapevolezza degli italiani sulla capacità delle bici di generare un impatto green sotto forma di emissioni e traffico ridotti si notano nella già citata ricerca Ipsos: l’88% degli intervistati è del parere che la bici svolga un ruolo importante nella riduzione della CO2, mentre l’85% crede che svolga un contributo nella riduzione del traffico.

La bici fa bene alla salute, all’economia…

Andare in bicicletta rafforza i muscoli del cuore, abbassa le pulsazioni a riposo e riduce i livelli di grasso nel sangue. Le ricerche dimostrano inoltre che le persone che si recano al lavoro in bicicletta hanno un’esposizione all’inquinamento da due a tre volte inferiore a quella dei pendolari in auto, per cui la loro funzionalità polmonare risulta migliorata.

La bici fa bene alla salute, all’economia e al turismo

Uno studio danese condotto per 14 anni su 30mila persone di età compresa tra i 20 e i 93 anni ha rilevato che l’uso regolare della bicicletta protegge le persone dalle malattie cardiache. Una ricerca condotta in Finlandia su larga scala ha rilevato che le persone che vanno in bicicletta per più di 30 minuti al giorno hanno un rischio inferiore del 40% di sviluppare il diabete di tipo 2.

Oltre che avere positivi impatti sulla salute, la bicicletta in Italia (e non solo), li ha anche a livello economico. Non per niente si parla di bikeconomy, termine che rappresenta una filiera che spazia dai produttori di macchinari e attrezzature fino ai distributori, dai produttori di componentistica fino ai noleggiatori. In Italia, secondo il report “Ecosistema della bicicletta” di Banca Ifis (2021) si contavano – prima della pandemia – 2.900 imprese capaci di generare ricavi annui per 9 miliardi di euro e di dare occupazione a 17mila persone.

… e al turismo

Oltre a questo c’è anche il cicloturismo e il contributo reale, costituito da 4,6 miliardi di euro di spesa annua attribuibile, e potenziale, stimato in 20 miliardi di euro se si arrivasse a un modello simile a quello adottato dal Trentino Alto Adige.

Occorre quindi puntare su un’offerta più forte e coordinata, a partire dalle infrastrutture, perché la bicicletta in Italia può generare occasioni di conoscenza del territorio maggiori. Si pensi alle ciclovie: esse favoriscono lo sviluppo di aree meno note. FIAB ha stimato che ogni euro investito in queste infrastrutture ne restituisce 3,5 al territorio, e a progetto ultimato ogni chilometro di percorso genera un indotto annuo sulla zona attraversata di 110mila euro. Una rete strutturata e ben diffusa di ciclovie potrebbe generare, sempre secondo FIAB, 2 miliardi di euro annui.


30/04/2021

Bici e cicloturismo per la transizione ecologica: i vantaggi per l’Italia

Il cicloturismo per l’Italia vale oggi a 5 miliardi di euro, ma potrebbe quadruplicare in 2 anni. Lo afferma Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bike Economy, che spiega anche come riuscire

Bici e cicloturismo per la transizione ecologica: i vantaggi per l’Italia

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Abbinare cicloturismo e bici alla transizione ecologica è necessario perché la combinazione è virtuosa non solo per l’ambiente e per la salute, ma anche per l’economia.

Se le bici a pedalata assistita si stanno prendendo sempre più spazio sul mercato, diventando protagoniste anche nel cicloturismo, quanto pesa oggi questo ambito fondamentale del turismo sostenibile? Ma soprattutto, quanto vale la bici, quale strumento di svago, ma sempre più mezzo di trasporto urbano nonché occasione per creare vacanze dedicate?

Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bikeconomy
Gianluca Santilli

La risposta a queste domande passa dalla bikeconomy, un fenomeno economico analizzato da Gianluca Santilli – è stato se non il primo al mondo, di certo in Europa. Avvocato, ciclista appassionato, creatore ed organizzatore di grandi eventi internazionali come la Granfondo di Roma, è ideatore e presidente dell’Osservatorio Bikeconomy, ovvero l’economia che ruota attorno alla bicicletta e che ha numeri considerevoli. Lo stesso osservatorio evidenzia come la produzione e la vendita di biciclette e accessori in Europa ha un giro di affari che supera i 10 miliardi di euro all’anno di cui 1,3 in Italia, leader del comparto, mentre il settore del cicloturismo muove ogni anno oltre 50 miliardi di euro.

Ma non c’è solo il beneficio diretto. La bikeconomy evidenzia che ci sono importanti valori economici che vanno ben oltre la mera riduzione del traffico, grazie alla conseguente riduzione della congestione stradale, alla sicurezza ed alle morti risparmiate, al risparmio miliardario legato alla salute nonché alla riduzione delle emissioni, ecc.

«Il cicloturismo per l’Italia conta oggi 5 miliardi di euro ma ha potenzialità enormi che occorre saper sfruttare. Servono infrastrutture, servizi, digitalizzazione, comunicazione e soprattutto competenze – spiega Santilli – Con le giuste condizioni, potremmo tranquillamente raggiungere la Germania, che oggi fattura 20 miliardi, nel giro di un paio d’anni grazie alle straordinarie potenzialità del nostro territorio. Si potrebbe quadruplicare il valore attuale, contando anche sugli investimenti privati, oggi pressoché inesistenti, favoriti dalle finalità del Next Generation EU, in grado di innescare un virtuoso partenariato pubblico-privato, supportato dalle amministrazioni provinciali e regionali, promuovendo anche possibilità di accedervi grazie a modalità di trasporto verde intermodale, come treno-bici».

Partiamo dalla bikeconomy: cosa significa?

È un termine ampio che abbraccia ambiente, salute, turismo, mobilità sostenibile, tecnologia, infrastrutture, smart cities e si estende anche alla rigenerazione territoriale. Entrano in gioco tantissime componenti che hanno il vantaggio di essere tra loro collegate da un concetto comune: la sostenibilità.

Secondo l’ultimo studio svolto dalla European Cyclists’ Federation, relativo al 2019, sommando tutte queste componenti si arriva a 500 miliardi di euro per l’Unione Europea.

Il bonus bici ha influito positivamente sulla crescita delle bici?

Non si sa ancora quanto abbia inciso. Tuttavia la tendenza delle vendite era già da tempo in ascesa. Personalmente, ritengo che il Bonus Bici sia stato investito in maniera errata. Doveva servire, a mio avviso, a favorire la riconversione verso la mobilità sostenibile, con infrastrutture cittadine adeguate a circolare in bici in sicurezza, specie in città. Invece si è ridotto a un mero sconto sulla bici peraltro di ogni tipo e quindi anche non ad uso cittadino. È stato un segnale che conferma la scarsa conoscenza del fenomeno che vede la bici al centro di un nuovo paradigma della mobilità in cui le città non sono più auto-centriche. È un problema che riguarda lo stesso strumento principale per fare mobilità in città, i PUMS (Piani Urbani Mobilità Sostenibile): sono anacronistici, le linee guida sono ancora condizionate dall’auto, considerata il mezzo principale cui gli altri veicoli – bici compresa – sono un corollario. Invece, se si vanno a vedere gli esempi di New York, Londra e Parigi si comprende come queste città si dirigono verso un modello car free entro pochi anni.

La Pandemia Covid-19 è un ostacolo o un’opportunità per la promozione della mobilità ciclabile?

Potrebbe essere un’opportunità come lo è stata la crisi petrolifera degli anni Settanta e la conseguente austerity per la bici nei Paesi Bassi.

Bici e cicloturismo per la transizione ecologica: i vantaggi per l’Italia

In uno studio realizzato dall’Osservatorio Bikeconomy e dalla società olandese Decisio, commissionato dall’Ambasciata Olandese, denominato Covivere, ovvero la mobilità oltre il Covid, si è messo in luce questo cambiamento drastico avvenuto in pochi anni in questa Nazione che oggi è universalmente considerata la patria delle bici. Bene, occorre pensare che non è sempre stato così, ma ha saputo sfruttare un momento difficile, trasformandolo in opportunità. Il Covid potrebbe rappresentare un’opportunità analoga per l’Italia.

Il cicloturismo quanto vale oggi?

Gli ultimi dati stimano per il cicloturismo un fatturato europeo di 50 miliardi, un decimo di quello riguardante la bike economy, che si compone di due filoni: la mobilità urbana e sostenibile che ruota attorno a smart city e rigenerazione urbana e, appunto, il cicloturismo.

Esso ha un potenziale straordinario, favorito anche dagli effetti della pandemia, che ha amplificato la voglia di stare all’aria aperta con un naturale distanziamento e le limitazioni agli spostamenti che hanno consentito lo sviluppo del turismo di prossimità e di quello cosiddetto “esperenziale”. Il nostro Belpaese in questo senso è favorito dalla possibilità di fare turismo alla scoperta di tanti luoghi che offrono molto, quanto a bellezza, paesaggio e cultura. Lo stesso Ministero del Turismo si sta concentrando sul filone del turismo esperienziale, contando anche sulla ricchezza di borghi e territori anche poco conosciuti, ma ricchissimi di fascino e che oggi hanno un’occasione unica di promuoversi e farsi scoprire.

Perché occorre credere e puntare sul cicloturismo?

Il cicloturismo stimola l’occupazione, specie per i giovani che in tal modo non abbandoneranno i loro territori a favore delle città ed è un’occasione per valorizzare l’economia del territorio. Grazie alla bici l’indotto derivante da ospitalità, assistenza, luoghi culturali, enogastronomia, permette di trasformarla in un volano economico incredibile, per qualsiasi territorio.

Un esempio: la Val Badia, in Alto Adige, fattura ormai di più con la bicicletta che con lo sci e il turismo invernale.

Si considerino poi le potenzialità che potrebbe aprire lo smart working, permettendo di creare opportunità di lavorare e vivere nelle località turistiche e non più in città, contribuendo ad ampliare enormemente la stagione turistica.

Il cicloturismo significa alberghi ad hoc, assistenza, guide turistiche formate per scoprire il territorio e le sue ricchezze, app digitali…

Quindi, che occasione può essere il cicloturismo per le aree minori?

In teoria è un’occasione enorme, peccato però che manchi ancora la cultura in molte, troppe aree.

Non si conoscono le potenzialità economiche legate alla bici. C’è poi il problema causato dalle troppe strutture di coordinamento amministrativo locale e non solo e dalla burocrazia.

Se la Germania fattura 20 miliardi col cicloturismo e l’Italia fatica ad arrivare a cinque, la differenza è data però in larga misura dalle infrastrutture. In Germania fare una vacanza in bici in famiglia con bimbi piccoli è normale mentre in Italia non ancora.

Peraltro, in Italia non servono ciclabili ovunque, specie nelle aree minori, dato che già le vie secondarie sono molto poco trafficate. Occorre quindi comprendere dove servono strutture ad hoc e dove invece basta valorizzare ciò che già c’è. Pensiamo anche alle ferrovie dismesse (il patrimonio ferroviario abbandonato in Italia ammonta ad oltre 7.500 km di tracciati – nda).

L’e-bike quanto potrebbe pesare sullo sviluppo del cicloturismo?

Entro 7/8 anni l’e-bike penso supererà la bici muscolare e la distanzierà raggiungendo tra una decina d’anni un rapporto di 5 a 1. Non a caso cresce a ritmi superiori al 20-30% annuo in termini di vendite. I motivi di questo successo in prospettiva (ma già oggi ha numeri in progressivo e significativo aumento) sono principalmente due: permette a tutti di andare in bici e favorisce la voglia di pedalare.

Le mountain bike a pedalata assistita permettono a tutta la famiglia di raggiungere mete di solito alla portata di pochi ciclisti o escursionisti iper-allenati. Alcuni rifugi si sono strutturati addirittura prevedendo la ricarica delle batterie.

Per quanto riguarda il cicloturismo, l’e-bike l’ha rivoluzionato. Oggi nelle aree montane i noleggi bici propongono esclusivamente mezzi elettrici. Solo cinque anni fa erano quasi esclusivamente muscolari. L’unico problema è la carenza di manifattura italiana: seppure sia il principale produttore europeo di bici tradizionali, questo non accade con le e-bike. Ancora oggi è forte il predominio asiatico, in più si assiste sempre di più all’avvento di nuovi soggetti provenienti da altre realtà che hanno intuito l’enorme potenziale e si sono lanciati. Il caso di Askoll è esemplare: da realtà produttrice di elettrodomestici si è proposto con successo nel settore dell’emobility leggera, puntando su ciclomotori ed e-bike. Lo stesso stanno facendo le case automobilistiche, chiudendo il cerchio di una mobilità sempre più virtuosa e green.


Gianluca Santilli, breve bio

Avvocato d’affari esperto di finanza e aziende Studioso dell’economia sostenibile ed in particolare di bikeconomy, è presidente di Osservatorio Bikeconomy nonché autore con Pierangelo Soldavini del libro “Bikeconomy” e di numerosi articoli. E’ relatore nei convegni anche internazionali sui temi dell’“economia legata alla bici”, del cicloturismo, della mobilità sostenibile e della rigenerazione di città e territori.

Ha rivestito anche il ruolo di capo della Procura e del Settore Amatoriale della Federciclismo.

Membro della Bikeconomy e Marketing Commission dell’UCI – Unione Ciclistica Internazionale, ha ideato e organizzato Granfondo Campagnolo Roma, uno dei più importanti eventi di ciclismo di massa al mondo.

Ha ideato Bikeconomy Forum, il primo convegno in Europa sulla bikeconomy e Osservatorio Bikeconomy, considerato il più autorevole think tank sul fenomeno in Italia, partner dell’Ambasciata d’Olanda. Ha fondato associazioni onlus e sportive.


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