Progettazione architettonica per il sistema urbano labile verso la città a consumo netto di suolo zero

L’occupazione di suolo è aumentata negli ultimi decenni a ritmi insostenibili, proprio per questo entro il 2050 Europa ed Italia devono arrivare a consumo netto di suolo zero. La progettazione architettonica sostenibile è possibile. Lo scenario ENDO-COMPOSIZIONE

Approfondimento realizzato in collaborazione con Architettura>Energia, centro ricerche del Dipartimento Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara.

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L’occupazione di suolo è aumentata negli ultimi decenni a ritmi insostenibili nel lungo termine, come riportano i rapporti sul consumo di suolo a livello europeo, nazionale e locale. Nello spazio fisico i segni del consumo di suolo sono sempre più rilevanti e si manifestano sotto forma di inutili lottizzazioni, opere incompiute, seconde e terze case in zone tutelate, linee di costa deturpate, danni per frane e inondazioni, aree ed edifici storici lasciati vuoti, aree da bonificare, campagne abbandonate, capannoni sfitti e spazi in abbandono o in disuso. I dati disponibili testimoniano l’aggressione del territorio e della dissipazione del Paesaggio. Nonostante l’impegno di associazioni che si dedicano alla sensibilizzazione sul tema, la società resta poco informata in materia, continua a considerare il “mattone” come un investimento redditizio ed associa nuovi consumi con uno stato di benessere.

Consumare nuovo suolo è un meccanismo dannoso per l’ambiente e per la qualità di vita dei cittadini. Un meccanismo smascherato per arricchire pochi alle spese di molti.

Nel 2011 l’obiettivo a cui l’Europa e l’Italia devono puntare è stato definito: il consumo netto di suolo zero entro il 2050. Al Senato è in esame un Disegno di Legge per il contenimento del consumo di suolo e il riuso del suolo edificato. In diversi paesi e città europee sono state avviate da tempo buone pratiche e misure tese al raggiungimento dell’obiettivo. I tempi sono maturi per il cambiamento. Tutto ciò richiede urgentemente una risposta politica e tecnica nei processi e nei progetti sul territorio.

Analisi

È a partire da questa riflessione che si sviluppa la tesi di laurea presentata “ENDO-COMPOSIZIONE: uno scenario di progettazione architettonica per il sistema urbano labile verso la città a consumo netto di suolo zero“, il cui scopo è l’individuazione di nuove dinamiche di crescita urbana e progettazione architettonica sostenibili e in grado di salvaguardare la risorsa suolo. Una risposta interdisciplinare ed interscalare, dalla grande scala ai singoli progetti architettonici.

La città di Fano (PU), è stata scelta come città di studio, per elaborare una metodologia di analisi e sintesi applicabile in altre realtà. Lo studio è iniziato con una fase di ricerca degli aspetti storici, normativi e culturali legati alle dinamiche di uso del suolo, a cui è seguita un’operazione di analisi, schematizzazione e catalogazione delle aree urbane d’interesse. In particolare si è effettuata un’analisi della struttura e della matrice urbana della città, che risulta essere la sovrapposizione di tre sistemi differenti, qui definiti Sistema Iperstatico, Isostatico e Labile.

Il SISTEMA IPERSTATICO: tutto il background costruito della città e delle infrastrutture territoriali quali segni stabili, fissi e vincolati. Questo sistema costituisce la componente funzionale e necessaria dei luoghi di lavoro, della residenza, del trasporto, del commercio, dell’istruzione, della sicurezza e della produzione.

Il SISTEMA ISOSTATICO: lo spazio non costruito che si presenta oggi sotto forma di superfici naturali, semi-naturali o ad uso agricolo che si intersecano con l’ambiente antropico. Questo sistema si trova in una situazione di stabilità da tutelare in quanto quotidianamente minacciata dalla volontà di trasformazione, contaminazione e consumo.

Il SISTEMA LABILE: l’insieme di aree o singoli edifici che contengono all’interno una condizione di labilità di natura storica, economica o sociale che può diventare una risorsa locale, ovvero una possibilità per rispondere alle esigenze della città senza utilizzare altro suolo libero. Infatti tra gli spazi labili troviamo elementi eterogenei per dimensioni e tipologia, in condizioni di abbandono, di degrado, di sottoutilizzo o in corso di trasformazione. Sono di proprietà pubblica, privata o mista e comprendono ex complessi industriali, aree da bonificare, edifici storici non più utilizzati, ex edifici pubblici, ex caserme, stazioni ferroviarie in disuso, capannoni sfitti, case cantoniere, opere incompiute. Infatti, come disse l’architetto Stefano Boeri in un’intervista: “[…] de-industrializzazione e l’esaurirsi dell’efficienza urbana di alcune grandi strutture sono i temi di dimensione epocale che si sono aperti negli ultimi anni del secolo scorso, dal 1975 in poi. Questi grandi vuoti sono molto più diffusi e articolati nella tipologia di quello che normalmente si pensa.”[1]

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La tesi propone la costituzione di uno strumento utile, fruibile sia dall’amministrazione pubblica che da soggetti privati, per l’analisi e la catalogazione degli spazi labili. Esso sarà implementabile tramite procedure di partecipazione on-line. Un documento quindi in continuo aggiornamento, di facile lettura e condiviso per innescare un cambiamento nel governo del territorio a partire dalla scala locale. Lo strumento che si propone è un database dettagliato degli spazi labili della città che vengono individuati, mappati e catalogati. Si fornirà così un quadro d’insieme, sintetico ed esaustivo, delle aree della città da cui partire per recuperare suolo e progettare spazi contemporanei di qualità che abbiano ricadute positive anche sull’ambiente antropico adiacente e tutelino il paesaggio valorizzandone le caratteristiche.

Per ogni spazio labile individuato viene redatta una apposita SCHEDA TECNICA DI CATALOGAZIONE, per riportare in maniera uniforme e di facile lettura la documentazione fotografica dello stato attuale, la localizzazione, l’estensione, la superficie impermeabilizzata, la superficie edificata, l’utilizzazione territoriale o l’utilizzazione fondiaria prevista dal Piano Regolatore Generale vigente, la tipologia di spazio labile, lo stato di proprietà, la previsione urbanistica, la presenza o meno di vincoli storico-monumentali, paesistici o di rischio idro-geologico, la descrizione delle caratteristiche dell’elemento ed infine la sua cronistoria. Una volta che si hanno a disposizione tutte le schede è possibile avviare dei progetti sulle aree catalogate in base alle esigenze della città o avviare procedimenti di deimpermeabilizzazione [greeeing o de-sealing] in maniera totale o parziale. Grazie ad opportuni documenti integrativi in cui si delineeranno modalità, tempi e procedure operative le amministrazioni potranno svolgere un ruolo chiave nell’avvio di una nuova visione di sviluppo delle realtà urbane. L’importanza di un’operazione di catalogazione degli elementi con instabilità interna è anche prevista dal Decreto Legge in esame al Senato che riporta “[…] i comuni eseguono il censimento degli edifici e delle aree dismesse, non utilizzate o abbandonate esistenti. Attraverso tale censimento i comuni verificano se le previsioni urbanistiche che comportano consumo di suolo possano essere soddisfatte attraverso interventi di rigenerazione.”[2]

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L’area dell’EX-FORNACE LATERIZI SOLAZZI a Cuccurano di Fano

Encocomposizione

Dopo la catalogazione degli spazi si definisce l’ENDOCOMPOSIZIONE quale ultima fase delle proposta e risposta, a livello di progettazione architettonica, alle esigenze della città a consumo netto di suolo zero. L’azione di Endo-Composizione consiste nel progettare sull’esistente, dall’interno, adottando il principio di non consumare suolo libero per una città che sappia cogliere le opportunità di instabilità dello stato attuale per valorizzare e relazionare il Sistema Iperstatico e il Sistema Isostatico. L’Endo-Composizione diventa allora l’azione architettonica sui pieni, sugli spazi in differenti modi consumati e oggi disponibili. In una città che non consuma più suolo libero, i pieni disponibili, ovvero gli spazi labili, diventano allora di grande interesse perché costituiscono gli spazi dove la città potrà rispondere alle esigenze di nuovi luoghi del lavoro, della residenza, della collettività, dello sport e dei servizi. Questa azione di progettazione architettonica ed urbana sarà il motore per una nuova fase di crescita urbana e un cambio di visione del settore dell’urbanistica, dell’architettura e dell’edilizia per offrire alla città dei modelli di sviluppo di qualità programmatica e ambientale.

L’Endo-Composizione, come azione proposta per gli spazi labili, è stata applicata nell’area dell’EX-Fornace Laterizi Solazzi a Cuccurano di Fano che si estende per circa 10 ettari, scelta fra le aree individuate in analisi. L’obiettivo è di creare delle linee guida per gli altri interventi di Endo-composizione previsti per tutti gli altri spazi labili catalogati.

La labilità dell’area di progetto è stata causata dalla cessata attività produttiva dovuta alle difficoltà della crisi economica e alla pesante stagnazione del settore edilizio sia a livello locale che nazionale.

Essa è stata scelta come area di sperimentazione dell’azione di Endo-Composizione per le sue interessanti peculiarità.

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Il carattere storico-identitario della fornace, in attività dal 1872 al 2011. Oltre le foto d’epoca, sono ancora visibili, e oggi tutelati, i manufatti in muratura quali la Ciminiera Solazzi alta circa 55m, il Fornacione e l’ex-casa colonica usata come foresteria e magazzino.

La sua posizione di cerniera, interclusa tra l’antica Via Flaminia e l’ex-ferrovia Fano-Urbino, tra il paesaggio agrario di pianura, quello collinare e l’ambiente antropico. Analizzando nel dettaglio questa particolare strip di paesaggio si nota un alternarsi, di tessuto residenziale lineare, di clusters industrial-artigianali, di terreni interstiziali ad uso agricolo e di recenti impianti fotovoltaici. Occasionalmente e in maniera frammentaria, sorgono edifici per i servizi pubblici, edifici religiosi, aree per lo sport e verde urbano.

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Il progetto si sviluppa partendo dall’esistente, dall’interno del costruito così come oggi si presenta, sovrapponendo i diversi livelli di lettura dello stato di fatto con i nuovi livelli di progetto.

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Livelli di svuluppo del Masterplan

I differenti livelli sono:

1] Il livello delle DIRETTRICI STABILI del territorio della Via Flaminia e dell’ex ferrovia Fano-Urbino. Segni netti che definiscono l’area e distribuiscono i flussi dalla città alla periferia, e viceversa, lungo i suoi bordi. Tali direttrici richiedono allora un punto d’incontro all’interno dell’area. Un’area di interscambio di mezzi per una qualità dei trasporti più sostenibile.

2] Il BACKGROUND COSTRUITO adiacente all’area presenta tutte le differenti destinazioni d’uso che si possono incontrare nella strip analizzata. Il suo orientamento, le sue altezze e i fronti vengono talvolta mostrati e messi in relazione con ciò che avviene all’interno dell’area mentre a volte sono richiesti elementi di mitigazione. Gli accessi richiedono interventi che si relazionino con l’area che fino ad oggi è sempre stata chiusa, recintata ed introversa.

3] La MORFOLOGIA DELLO STATO DI FATTO costituisce un livello fondamentale in quanto la disposizione, la tipologia, l’impianto strutturale e i materiali del passato industriale vengono analizzati e declinati con un linguaggio contemporaneo in base alle nuove funzioni e allo scenario futuro dell’area. L’alternarsi delle tipologie delle coperture e il posizionamento dei vari volumi funzionali suggeriscono l’aggregazione futura degli edifici. Dopo l’analisi e i sopralluoghi nell’area si è deciso di non conservare i fabbricati esistenti in quanto strutturalmente, dimensionalmente ed esteticamente inadatti ad ospitare le nuove funzioni.

4] A differenza dei fabbricati industriali più recenti, vengono mantenute, ristrutturate e messe in sicurezza le TESTIMONIANZE URBANE esistenti inserite dalla Regione Marche tra i Beni Culturali di Archeologia Industriale.

5] Il livello NEW PROGRAM IMPRINTING costituisce l’insieme dei nuovi fabbricati progettati. Le nuove funzioni sono classificate in tre ambiti: il luogo del lavoro, della residenza e della collettività e dello sport. Il lavoro è ripensato in una forma differente dalla produzione pesante, ma dinamico, flessibile e leggero. Si configura come un elemento trasparente, accessibile e leggero quale è il Centro del Design. Al suo servizio si trova il Workshop Center per una diretta collaborazione tra gli aspetti del design e della produzione tramite stampanti 3D, macchine di falegnameria, tessitura, lavorazione metalli e produzione grafica. Il centro del lavoro è potenziato anche dal nuovo auditorium con 220 posti a cui si può accedere direttamente dall’interno o indipendentemente dalla piazza centrale qualora ospiti altre conferenze o eventi della città. Nell’ambito della residenza si prevedono 20 moduli abitativi in grado di rispondere all’esigenza di alloggi sociali per giovani coppie, studenti, anziani o immigrati. Il numero degli alloggi sociali, nonostante l’aumentare degli edifici costruiti, è sempre più esiguo e, anche in confronto alle richieste attuali e alla media degli altri paesi europei, richiede da tempo una pronta risposta in Italia. Un’idea di residenza che si affianca ai fabbricati storici, semplice, flessibile, accessibile e in grado di rispondere rapidamente alle mutevoli esigenze della società. Lo spazio della collettività e dello sport risponde invece all’ esigenza di realizzazione un’area piscina adatta ad un grande bacino di utenza. Il nuovo volume racchiude, oltre alla vasca olimpionica a 10 corsie [25 x 50 m] e alla piscina di allenamento [10 x 18 m], i servizi ad essa connessi, un’area ristorante a livello della piazza pubblica e una palestra al primo piano. Lo sport e il benessere, aspetti sempre più condivisi e praticati nella società attuale, sono così supportati dal nuovo complesso per diventare elementi di crescita, sviluppo e immagine di qualità della vita urbana.

6 ] Nell’organizzazione degli spazi esterni e degli spazi interni si è applicata una LANDSCAPE GRID, una griglia di paesaggio che combina le trame agricole sul lato sud, le dimensioni dei fabbricati industriali e la modularità dell’esistente residenziale lungo la Flaminia. Tale griglia viene utilizzata come percorso esterno, come supporto alla disposizione delle nuove strutture, del verde pubblico e dei sistemi di illuminazione. La griglia verrà usata in parte ad uso agricolo nella zona sud-est, dove storicamente fu applicata la mezzadria e utilizzata dai primi proprietari della fornace per coltivare prodotti agricoli, ed in parte come spazi e aree verdi pubbliche.

7] Sulla griglia si dispongono anche le INFRASTRUTTURE VERDI ovvero masse naturali arboree lineari all’interno delle quali si ricavano percorsi permeabili e spazi di sosta o ricreativi. Esse assolvono anche a differenti funzioni quali l’accesso diretto ai nuovi edifici e alla piazza centrale, il parcheggio delle auto, l’interscambio tra auto-bici-mezzi pubblici, la barriera al rumore e ai venti invernali freddi dominanti da nord-est e nord-ovest [specie sempreverdi], l’ombreggiatura nei periodi estivi [specie caducifoglie] e l’apporto di qualità ambientale tramite una rete del verde che riprende specie, impianto e orientamenti delle alberature esistenti. Dall’analisi del contesto si riprendono e rielaborano alcuni elementi consolidati come i filari alberati interpoderali, le alberature isolate, i gruppi arborei boschivi e gli schemi di disposizione di uliveti e vigneti.

8] PUBLIC LIVING SPACE, ovvero il livello della piazza centrale della Ciminiera attorno alla quale si sviluppano i nuovi edifici e gli spazi esterni. La ciminiera Solazzi è conservata e valorizzata come landmark che focalizza percorsi e vedute dall’interno e dall’esterno dell’area. Un dinamico e mutevole spazio che risponde alle necessità degli ambiti di progetto ed offre i diversi scenari richiesti allo spazio pubblico contemporaneo.

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Planimetria e sezione di progetto

Il progetto

Si è quindi relazionato il progetto con il tempo, tramite le testimonianze urbane, e con il paesaggio, tramite le infrastrutture verdi e la griglia organizzatrice, come dimostrano anche i confronti con le foto d’epoca. Nonostante le geometrie semplici e nette sono stati ricavati spazi interni ed esterni dalle differenti caratteristiche per ospitare le funzioni previste per un grande numero di utenti nelle diverse ore della giornata e dell’anno.

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Confronto foto anni ’20 e viste di progetto degli spazi esterni

La Piazza della Ciminiera è stata progettata utilizzando differenti piani di quota per creare uno spazio pubblico attrezzato e dinamico, capace di ospitare attività ricreative, sportive e commerciali di quartiere. Piazza water square permeabile, dal carattere mutevole e attrezzabile per i differenti programmi d’uso attiva e attrattiva 24 ore. Sempre favorendo la creazione di un microclima confortevole tramite le alberature, il sistema ombreggiante e gli specchi d’acqua.

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Vista di progetto della Piazza della Ciminiera

Per i singoli edifici si utilizza un linguaggio ricavato dalle tipologie, dalla struttura e dai materiali del passato industriale. La struttura metallica con colonne verticali e coperture reticolari, l’andamento multiforme delle coperture e l’impiego di materiali leggeri viene applicato a tutti i nuovi fabbricati, in contrasto con i volumi storici in muratura conservati.

Uno degli interni principali è l’Open space del Design Center dove sono possibili configurazioni mutevoli in base alle esigenze dei lavoratori e alla metodologia di lavoro. L’elemento caratteristico di questo spazio è l’antico forno per la cottura dei forati le cui pareti in cotto vengono mantenute e attrezzate per realizzare un blocco funzionale di servizi quali l’area bar, magazzino, servizi igienici, area stampa e archivio. Al secondo livello dell’ex forno, lungo 80 m e largo 5 m, sono state organizzate differenti sale per meeting, conferenze e riunioni. Il segno dell’elemento centrale è riprodotto poi in copertura dove la doppia falda è interrotta da una finestratura apribile per l’illuminazione e la ventilazione naturale dello spazio sottostante.

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Vista di progetto Design Center 

Organizzato con la medesima griglia dimensionale interna anche lo spazio con la piscina che potrà accogliere le richieste di un vasto bacino di utenza anche in occasione di competizioni di rilievo che possono attrarre numerosi spettatori. La copertura, caratterizzata dalla doppia falda con i 4 vertici dell’edificio posti a quote differenti, è realizzata con travature metalliche come avveniva in passato in quella che era l’area di produzione delle tegole. La grande coperta internamente esalta la forma e crea particolari e piacevoli effetti di illuminazione.

Per garantire le prestazioni energetiche, acustiche e di comfort sostenibili e in linea con le normative, si prevede una facciata a doppia pelle costituita da due pareti vetrate distinte e separate da una intercapedine d’aria interna per uno spessore totale di progetto di 50 cm. La parete viene ventilata naturalmente attraverso delle bocchette di ventilazione poste nella parte inferiore e superiore della facciata. Tale sistema permette di creare un vero e proprio schermo esterno, che protegge l’ambiente dal surriscaldamento nei mesi estivi, anche grazie alla possibilità di aprire la parete interna per la ventilazione e per l’ispezione e la manutenzione. Al contrario nei mesi invernali l’aria all’interno dell’intercapedine viene riscaldata dalla radiazione solare e il calore viene distribuito agli ambienti interni. Nell’intercapedine è disposta anche una rete metallica a controllo meccanico per la schermatura solare ed evitare l’eccessivo irraggiamento ma senza precludere una corretta illuminazione degli spazi interni.

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Vista di progetto della sala della piscina olimpionica

Riduzione del consumo di suolo

Dalla sovrapposizione dei livelli progettuali e dei livelli dell’esistente si ricava il masterplan di progetto. Esso permette di avere un area impermeabilizzata pari a 16135 m2 in confronto ai 66000 m2 impermeabilizzati allo stato attuale. L’indice di consumo di suolo passa così dal 70 al 17%. La densità abitativa invece è pari a 564 abitanti per km2 a cui corrisponde una popolazione insediata di 53 unità, implementabile in futuro con sopraelevazioni dei moduli residenziali inseriti.

La tesi dimostra quindi che il recupero dello spazio labile e l’incremento qualitativo dell’area siano possibili abbattendo l’indice di consumo di suolo in maniera rilevante, garantendo un numero di abitanti insediabili e di posti di lavoro coerente allo sviluppo del contesto territoriale in esame. Dall’azione di Endo-Composizione effettuata si individuano infine gli obiettivi e le linee guida per approfondire ed applicare il processo negli altri spazi labili:

  • Uso del Suolo 2.0
  • Integrazione del sistema costruito e del sistema degli ambiti di Paesaggio
  • Proposta di nuovi modelli di residenza, lavoro e spazi della collettività e dello sport
  • Up-grade sociale e sensibilizzazione sul tema del consumo di suolo
  • Utilizzo della tecnologia in modo intuitivo ed adattante.

Nella contemporaneità, dopo decenni di speculativo consumo di suolo, i tempi sono maturi per nuovi scenari di sviluppo urbano. La contemporaneità è l’epoca in cui i pieni sono un invito all’azione. Un’azione progettuale mirata agli spazi labili della città esistente verso una città a consumo netto di suolo zero. Un’azione di Endo-Composizione.

Riferimenti tesi di laurea

Laureando: Dott. Ing. Arch. Mirco Santi

Anno accademico: 2015/2016

Relatore: Prof. Paolo Bonvini

Correlatori: Prof. Antonello Alici e Prof. Valentina Radi

Tesi di laurea elaborata presso l’Università Politecnica delle Marche.

La sezione di selezione aree della città di Fano (PU) e schedatura delle stesse è un percorso condiviso con il laureando Francesco Menghini.

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[1] Intervista riportata in Temporiuso. Manuale per il riuso temporaneo di spazi in abbandono in Italia, Inti I., Cantaluppi G., Persichino M., Altraeconomia, Milano, 2014, pp.200-201.

[2] “Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato”, S.2383 approvato alla Camera dei deputati il 12 maggio 2016 e trasmesso al Senato il 13 maggio 2016. p.10.

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