Il Quinto Conto Energia, criticità e prospettive per il fotovoltaico in Italia

Impatto del nuovo sistema incentivante sull’industria del fotovoltaico italiano

Il 12 Luglio scorso è stato ufficialmente raggiunto il limite dei 6 miliardi di € di costo cumulato annuo per gli incentivi agli impianti fotovoltaici che, come preannunciato, pone fine al sistema di incentivazione regolato dal Quarto conto Energia, entrato in vigore poco più di un anno fa.
Con la delibera ufficiale emanata dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas lo stesso giorno, si è quindi definitivamente stabilito il 27 Agosto 2012 come data di entrata in vigore del nuovo “Quinto Conto Energia.

Il testo definitivo del decreto del 6 Luglio 2012, fissa il nuovo sistema incentivante, confermando di fatto le linee definite nella Bozza dello scorso Aprile e adottando solo in minima parte le modifiche proposte dalla Conferenza delle Regioni. Il dibattito sugli impatti che il nuovo testo avrà sull’intera industria del fotovoltaico italiano non accenna ad attenuarsi, con le associazioni di categoria e le imprese del settore che, vedendo disattese le forti proposte di rivisitazione che avevano sostenuto, non possono che mostrarsi estremamente critiche prefigurando uno scenario per il prossimo futuro non certo favorevole.

La prima sostanziale novità introdotta dal decreto è la rivisitazione delle tariffe incentivanti, che contrariamente ai suggerimenti della Conferenza delle Regioni, sono state addirittura ridimensionate rispetto a quanto previsto dalla Bozza, con tagli compresi tra il 50% (per gli impianti fino a 3kW su edificio) e il 75% (per impianti con potenza maggiore di 1MW a terra) rispetto ai valori del Quarto Conto Energia. Sono poi previsti dei premi, questa volta cumulabili, per impianti le cui componenti principali siano di provenienza europea e per quelli installati in sostituzione di coperture in amianto. Ulteriore cambiamento è rappresentato dalla fine del regime di “scambio sul posto”, sostituito con una tariffa premio sulla quantità di energia auto consumata.

Altro punto di cambiamento, che ha attirato la maggior parte delle attenzioni degli operatori rappresentando l’elemento di maggiore criticità, è la soglia di potenza oltre la quale è richiesta l’iscrizione al registro impianti per poter accedere all’incentivazione; questo costituirà di fatto una graduatoria, stilata dal GSE sulla base di opportuni criteri, degli impianti ammessi all’incentivazione entro un certo limite di spesa. Nonostante la richiesta di innalzamento a 100kW da parte della Conferenza delle Regioni, sono stati confermati i 12 kW come limite per l’accesso diretto agli incentivi. Questo valore sale a 20kW nel caso venga accettata una riduzione delle tariffe pari al 20% e a 50kW nel caso in cui gli impianti siano realizzati contestualmente ad interventi di bonifica da amianto. Vengono poi ammessi all’incentivazione diretta senza obbligo di iscrizione al registro gli impianti classificati come “integrati con caratteristiche innovative“, “a concentrazione” e “su edifici e terreni della pubblica amministrazione“, questi ultimi purché realizzati con gara d’appalto pubblica.

I criteri di priorità per la formulazione delle graduatorie del registro tendono a premiare installazioni su impianti energeticamente efficienti, la rimozione dell’amianto e gli interventi di bonifica dei siti oltre al made in EU e agli impianti “al servizio di attività produttive”.

Il tetto massimo di spesa aggiuntiva per gli incentivi è stato fissato a 700 milioni di € annui, che pur non accogliendo integralmente la richiesta di innalzamento a 759 milioni della Conferenza delle Regioni, costituiscono comunque una revisione rispetto agli originali 500 milioni previsti nella Bozza. Ulteriori 50 milioni di euro sono stati riservati ad ognuna delle 3 categorie già citate (“integrati con caratteristiche innovative”, “a concentrazione” e “su edifici e terreni della pubblica amministrazione“). La distribuzione dei contingenti di potenza incentivabile prevede 140 mln€ con l’applicazione del primo registro, 120 con il secondo e 80 mln€ con i successivi.

Sulla base di queste principali novità è possibile stimare il totale della potenza teoricamente incentivabile con il limite di spesa che il decreto fissa. Considerando una distribuzione media delle diverse taglie di impianto, il Quinto Conto Energia potrebbe andare ad incentivare, secondo elaborazioni dell’Energy & Strategy Group, circa 5,3GW. Tale valore dipenderà fortemente dalla taglia media dell’installato, in quanto impianti di piccola taglia usufruirebbero di tariffe più alte, riducendo quindi il totale della potenza installata a parità di costo per la relativa incentivazione.
Il Quinto Conto Energia, criticità e prospettive per il fotovoltaico in Italia 1

La revisione del meccanismo avrà dunque un impatto estremamente significativo, soprattutto sugli impianti di grande taglia. Secondo le nostre analisi ad esempio il costo di un impianto da 1 MW su edificio, che autoconsumi il 50% dell’energia prodotta e che entri in esercizio nel primo semestre di applicazione del Quinto Conto Energia, dovrebbe attestarsi ad un valore di 1.100€/kWp (rispetto ai 1.700€/kWp circa di oggi) al fine di garantire un IRR unlevered del 6%. Un impianto da 200kW, stanti le stesse condizioni, al fine di garantire lo stesso ritorno sull’investimento dovrebbe attestarsi su valori di costo pari a 1.700€/kWp (rispetto ai 2.000€/kW circa di oggi).

Gli impianti di più piccole dimensioni, pur conservando una redditività sicuramente più interessante rispetto ai grandi impianti, vengono penalizzati dalla revisione del meccanismo dello scambio sul posto e l’introduzione del solo premio sull’autoconsumo. Un impianto da 3kW, che entri in esercizio il primo semestre di applicazione del nuovo schema, che rende possibile l’autoconsumo del solo 25% dell’energia prodotta, presenterebbe un IRR unlevered pari al 4,5%, in luogo del 14% garantito con lo scambio sul posto.
Risulta confermata in via generale la tendenza a privilegiare impianti di piccole dimensioni e a premiare l’autoconsumo, considerando anche l’ulteriore complicazione costituita dal registro che andrà ad impattare sugli impianti di taglia maggiore di 12kW, che a fine 2011, contavano in Italia per il 91% della potenza installata.

Ulteriore criticità che alimenta il dibattito quotidiano, risiede nell’idoneità del limite di spesa previsto. Se già i 700 milioni di euro aggiuntivi erano stati duramente criticati come una condanna definitiva per il fotovoltaico italiano, la situazione non è di certo resa più favorevole dalla prevedibile corsa all’allaccio degli impianti di questi ultimi mesi. Ad oggi i valori del contatore fotovoltaico del GSE indicano una spesa annua cumulata pari a 6,07 miliardi di euro, determinando malumori e dubbi su un Conto Energia che secondo alcuni “nascerebbe già morto”. Se dovesse essere confermato il ritmo delle installazioni dell’ ultima settimana, verrebbero sottratti all’incentivazione tramite il nuovo conto energia circa 200 milioni di euro, riducendo ulteriormente lo spazio per la nuova potenza incentivabile.

Con uno scenario di questo tipo, tutti gli attori della filiera del fotovoltaico in Italia non possono che ritenersi ad un importante punto di svolta. Da un lato la sfida è quella di lavorare per una ulteriore riduzione dei costi degli impianti che permetta di rendere ancora appetibile un investimento di questo tipo, dall’altro risulta quanto mai necessario valutare opportunità di internazionalizzazione, raggiungendo mercati in fase di crescita e sviluppo, quali i Paesi dell’Est Europa, Medio Oriente, Sudafrica e Sud America.
D’altro canto l’auspicio è quello che in un futuro ormai prossimo il fotovoltaico divenga auto-sostenibile, raggiungendo, almeno per alcune taglie di impianto, la grid parity e aprendo nuove possibilità di rilancio del settore anche nel nostro Paese. In tale prospettiva, nuovi potenziali modelli di consumo stanno attirando l’attenzione: si tratta dei SEU (Sistemi Efficienti di Utenza), in cui un impianto fotovoltaico potrebbe essere utilizzato al servizio di una rete locale di utenze (tipicamente un porto, un aeroporto o una stazione), e nei quali quindi la remunerazione dell’investimento verrebbe definita tramite contratti diretti tra il produttore e il consumatore di energia. Tuttavia quest’ultima applicazione trova ancora pareri discordanti riguardo la sua sostenibilità a livello di sistema elettrico e dei provvedimenti normativi necessari a garantirne la fattibilità non vi è ancora alcuna traccia.

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