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Proseguono i lavori alla COP29 di Baku per affrontare la crisi climatica globale, con un forte impegno verso nuovi obiettivi di finanziamento per il clima. Delegazioni di tutto il mondo stanno discutendo intensamente per raggiungere un accordo che consenta ai paesi più vulnerabili di accedere alle risorse necessarie per mitigare e adattarsi agli effetti devastanti del cambiamento climatico. Parallelamente, la questione dell’urbanizzazione e delle sue sfide si intreccia con le priorità climatiche, sottolineando la necessità di strategie integrate. Nuovi obiettivi di finanziamento climatico: verso un accordo globale A Baku, il tema centrale dei negoziati riguarda l’entità e le modalità di un nuovo obiettivo di finanziamento climatico, fondamentale per sostenere le nazioni in via di sviluppo. Il dibattito si concentra sulla provenienza di queste risorse – governi, banche multilaterali o settore privato – e sull’allocazione equa dei fondi. Secondo Cedric Schuster, presidente dell’Alleanza dei Piccoli Stati Insulari (AOSIS), il target minimo è ambizioso: 39 miliardi di dollari all’anno per i piccoli stati insulari e 220 miliardi per i paesi meno sviluppati, in forma di sovvenzioni equivalenti. “Testi che non includano questi parametri non saranno accettabili,” ha dichiarato Schuster, sottolineando l’urgenza di supportare le nazioni più vulnerabili. Un’altra questione emersa è il significato stesso di “paese in via di sviluppo.” Alcuni negoziatori, infatti, chiedono una revisione delle classificazioni per tenere conto della crescita economica di stati come Cina o alcuni paesi del Golfo. Come ha sottolineato Cecilia Kinuthia-Njenga dell’UNFCCC, “In un contesto multilaterale, i risultati dipendono dalla flessibilità e dalla cooperazione.” Anche Jiwoh Abdulai, Ministro dell’Ambiente della Sierra Leone, ha evidenziato una questione morale: “Non parliamo di beneficenza, ma di un debito climatico. I nostri popoli stanno pagando con la vita.” Urbanizzazione e cambiamento climatico: una doppia sfida Le città, che ospitano già metà della popolazione mondiale e prevedono un incremento di 2,4 miliardi di abitanti entro i prossimi 20 anni, sono al centro del dibattito COP29 per il loro duplice ruolo: principali responsabili delle emissioni globali e vittime delle loro conseguenze. Secondo il rapporto World Cities Report di UN-Habitat, entro il 2040 miliardi di persone che vivono in aree urbane potrebbero affrontare un ulteriore aumento delle temperature di almeno 0,5°C. “Lo sviluppo urbano rapido e non pianificato rappresenta una minaccia per la biodiversità, l’ambiente e la sicurezza alimentare,” ha dichiarato Anaclaudia Rossbach, Direttrice Esecutiva di UN-Habitat, durante una sessione ministeriale. L’urgenza di intervenire è evidente: il settore delle costruzioni rappresenta il 40% delle emissioni di gas serra, ma per rispettare gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) entro il 2030, è necessario costruire 96 nuove abitazioni al giorno. “C’è una sola strada da percorrere,” ha aggiunto Rossbach, “un percorso comune dove le esigenze sociali, urbane e climatiche siano affrontate armoniosamente su solide basi economiche.” Le città hanno anche un ruolo strategico nell’abbattimento delle emissioni. Come sottolineato da Inger Andersen, Direttrice Esecutiva dell’UNEP, il 52% delle emissioni globali di gas serra proviene da sole 25 megacittà. “Azioni come il miglioramento dell’efficienza energetica, la gestione dei rifiuti e l’espansione del trasporto pubblico possono avere un impatto enorme,” ha detto Andersen rivolgendosi ai sindaci presenti. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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