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A Marrakech i Paesi hanno stabilito di fissare entro il 2018 il piano per la piena attuazione dell’accordo di Parigi, definendo obiettivi a lungo termine Si è conclusa nella notte tra venerdì 18 e sabato 19 novembre la COP22 di Marrakesh cui hanno partecipato 193 paesi, 111 dei quali hanno già ratificato l’accordo di Parigi, che hanno ribadito il forte impegno a rispettare il contenimento dell’aumento medio della temperatura globale entro i 2° rispetto all’era preindustriale, ma possibilmente entro 1,5°, e hanno siglato nuovi obiettivi a lungo termine in vista della Cop 24 del 2018. Che sia l’effetto dell’elezione statunitense di Donald Trump che in campagna elettorale ha fatto dichiarazioni quantomeno “sorprendenti” sulla realtà dei cambiamenti climatici o un rinnovato interesse da parte dei paesi a salvare il futuro del pianeta, il dato che emerge è che il mondo stia uscendo dall’immobilismo. I paesi partecipanti hanno infatti assunto l’impegno di precisare le proprie emissioni di CO2 entro il prossimo anno, in modo da aggiornare gli indici Indc (Intended nationally determined contributions), cioè i contributi stabiliti a livello nazionale di diminuzione di emissioni globali in atmosfera, entro il 2018 e non entro il 2020 come immaginato nel corso della Cop 21 di Parigi. Un passo in avanti verso la piena decarbonizzazione, che può concretizzarsi attraverso la diminuzione dei costi delle energie rinnovabili e un’azione in scala da parte di tutti gli attori coinvolti, ha commentato Manuel Pulgar-Vidal, ministro dell’Ambiente peruviano e leader Clima ed Energia del WWF Internazionale, che ha partecipato alla COP22. Tutti i paesi devono agire perché diminuisca la disparità tra gli obiettivi necessari per prevenire il cambiamento climatico e quelli fissati dai governi e l’unico modo, secondo Mariagrazia Midulla, responsabile Cima ed Energia del WWF Italia, è quello di vincere la sfida posta dall’Accordo di Parigi, e limitare entro 1,5%° C l’aumento medio della temperatura globale rispetto all’era preindustriale. Ricordiamo che con i dati attuali, secondo l’allarme lanciato dall’Unep, Programma delle Nazioni unite per l’ambiente, senza tagliare le emissioni di gas serra, anche se gli impegni di Parigi fossero pienamente attuati, la temperatura media aumenterebbe tra i 2,9 e i 3,4°, mettendo a rischio la sopravvivenza del pianeta. Rimane, a conclusione della COP22, la necessità di un maggior impegno in materia di finanza e nel definire forme di sostegno da parte dei paesi sviluppati, in linea con le indicazioni della comunità scientifica e con i principi dell’equità. In questo senso troppo poco è stato fatto, anche se segnali incoraggianti arrivano dalla Cina e altri paesi, che hanno intensificato la loro cooperazione con i paesi del Sud del mondo. Nel testo finale si richiede di arrivare a istituire entro il 2020 il Green Climate Fund, per il finanziamento ad attività per la mitigazione e la lotta al surriscaldamento nei paesi in via di sviluppo, con una previsione di 100 miliardi di dollari all’anno. In occasione della COP22 un gruppo di circa 50 paesi del Climate Vulnerable Forum ha annunciato il proprio impegno verso la transizione al 100% di energie rinnovabili entro il 2050 e a migliorare gli obiettivi attuali in materia di taglio di emissioni nel 2018. Tra gli altri impegni assunti il Marocco, ha annunciato un obiettivo del 52%di rinnovabili al 2030, e il Brasile che ha tagliato un miliardo di dollari di sussidi alle fossili. Esempio che anche in Italia si dovrebbe seguire, considerato che nel nostro Paese sono destinati alle fossili più di 14,5 milioni all’anno. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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