Report Energie rinnovabili: osservatorio fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico

Sviluppo delle rinnovabili elettriche a livello globale, quadro normativo, impatto delle rinnovabili sulla bolletta. Analisi delle singole fonti: fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico

Il Renewable Energy Report è il primo dei rapporti dell’Energy & Strategy Group a mettere sotto un unico “cappello” tutte le fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico) che vengono utilizzate nel nostro Paese per la produzione di energia elettrica.

La ricerca, come al solito, è stata condotta utilizzando approcci metodologici diversi, ancorché complementari e tra di loro interrelati: dall’analisi della letteratura all’analisi della normativa, dal confronto con ricercatori e professori universitari alle interviste a oltre 80 operatori del settore, dall’analisi comparativa di rapporti di ricerca e studi di settore italiani e internazionali al censimento e alla raccolta di informazioni anagrafiche ed economiche di circa 130 imprese operanti nei diversi comparti delle rinnovabili.

Il Rapporto è suddiviso in nove sezioni. Le prime tre, di carattere generale, offrono dati e analisi rispettivamente sullo stato dell’arte dello sviluppo delle rinnovabili elettriche a livello globale (evidenziando quanto queste siano ormai rilevanti per il mix energetico complessivo), sugli impatti delle rinnovabili sul prezzo della componente energia e sull’intera bolletta in Italia, sugli ultimi rivolgimenti del quadro normativo, dando in particolare evidenza degli impatti della cessazione dei regimi di incentivazione delle diverse fonti (e proponendo anche un impiego per le somme che si dovessero nel prossimo futuro liberare). Le successive cinque sezioni (dalla quattro alla otto inclusa) si dedicheranno invece agli approfondimenti sulle diverse fonti (fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico e quadro di sintesi), dando particolare enfasi a valutare e analizzare le dinamiche connesse alla gestione dell’installato, anche se si è ovviamente prodotta una stima, del mercato atteso nel periodo 2015-2020. Infine, il Rapporto si chiude con una analisi dei «legami» tra le rinnovabili ed il sistema finanziario, studiando sia le dinamiche del mercato «secondario», ossia della transazione della proprietà di impianti a fonti rinnovabili già attivi, che le modalità con cui le imprese proprietarie di impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili possono recuperare nuovi capitali e/o rimodulare il proprio livello di indebitamento, continuando a mantenere la proprietà degli asset.

Le rinnovabili nel mondo

Le fonti rinnovabili nel 2014 hanno prodotto il 23% dell’energia elettrica necessaria a soddisfare il fabbisogno di energia a livello mondiale, garantendo oltre 5.400 TWh di produzione. Il «peso» delle rinnovabili è inoltre in crescita, con la potenza complessivamente installata che è passata da meno di 1 TW a oltre 1,7 TW dal 2007 al 2014, soprattutto grazie alla crescita di fotovoltaico (da 10 GW nel 2007 a oltre 183 nel 2014) ed eolico (da 95 a oltre 377 GW).

Nel 2014 sono stati investiti per la realizzazione di nuovi impianti da fonti rinnovabili oltre 235 miliardi di € a livello globale, in crescita rispetto al 2013 e con una positiva inversione di tendenza rispetto al trend negativo degli anni 2012 e 2013, riportando i livelli di investimento prossimi a quelli «record» del 2011. Una crescita che tuttavia ha visto spostare decisamente il “baricentro” dall’Europa all’Asia, inseguendo inevitabilmente lo sviluppo di sistemi incentivanti.

 

In soli otto anni, dal 2007 ad oggi, l’Europa ha perso decisamente il suo ruolo di leadership, passando dal rappresentare oltre il 40% degli investimenti complessivi nel 2007 a poco più della metà (23%) nel 2014.

Il calo è meno evidente se si guarda ai valori assoluti, con l’Europa che passa da 56 miliardi di € investiti nel 2007 a 54 nel 2014. In compenso è l’Asia – che sino al 2011 era additata come il grande «nemico» dell’Europa perché pur non avendo un mercato interno aveva sviluppato capacità produttiva in «concorrenza» con quella del Vecchio Continente – ad aggiudicarsi nel 2014 la lion’s share degli investimenti (il 49% contro il 23% del 2007 ed una crescita in valore assoluto di 85 miliardi di €). L’America sembra stare «alla finestra», passando dal 24% al 34% del peso globale dal 2007 al 2014 (ma con un aumento «reale» di 11 miliardi di €), dimostrando il fatto che – a differenza di Europa prima e Asia poi – non ha mai veramente «abbracciato» il paradigma delle rinnovabili. L’Africa, buona ultima nel panorama mondiale, è però l’area geografica ad avere la crescita più significativa, quadruplicando il suo peso a livello mondiale con una crescita di oltre 9 miliardi di € di investimenti, che potrebbero essere il preludio per lo sviluppo di mercati nazionali anche interessanti.

Nel Rapporto viene poi presentato il dettaglio dell’andamento delle installazioni per ciascuna delle fonti rinnovabili considerate.

Le Rinnovabili ed il prezzo dell’energia elettrica in Italia

Il PUN è passato dai 72,23 €/MWh del 2011 ai 52,08 €/MWh (-27,8%) del 2014, in concomitanza con una crescita della produzione da fonti rinnovabili dal 29% del totale nel 2011 a ben il 45% del totale nel 2014.

Nello stesso periodo è aumentata in maniera significativa la componente delle rinnovabili non programmabili (fotovoltaico ed eolico), passate dal 7,3% del totale alla fine del 2011 al circa 14% (quasi il doppio) alla fine del 2014. Tra le fonti maggiormente «programmabili», invece, è raddoppiato (dal 3,8% al 7,6%) il peso delle biomasse, è cresciuto del 35% il peso dell’idroelettrico (che ha superato quota 20% del totale), mentre è rimasto pressoché costante (in assenza appunto di nuove installazioni) il geotermico.

E’ vero che nel medesimo periodo la domanda di energia è scesa da 335 TWh a 309 TWh (-7,8%), ma il confronto comunque evidenzia senza ombra di dubbio la crescita «assoluta» della produzione da rinnovabili: 97,15 TWh nel 2011 (di cui 53,6 da idroelettrico) contro 139 TWh nel 2014 (+43%, di cui 66,7 da idroelettrico).

Non appare possibile, nonostante si siano riportate diverse analisi, “isolare” completamente l’impatto delle rinnovabili sull’andamento dei prezzi, appare però ragionevole ipotizzare e valutare due scenari: (i) quello «limite», in cui l’intero calo del PUN (-27,8%) dal 2011 al 2014 sia imputabile alle rinnovabili, anche in conseguenza dell’effetto di «stabilizzazione» oraria e stagionale dei prezzi (e non dimenticando ovviamente che il PUN 2011 incorporava comunque una quota del 29% di produzione da rinnovabili, anche se in gran parte derivante dall’idroelettrico); (ii) quello «conservativo», in cui il calo del PUN derivante dalla crescita di produzione da rinnovabili sia quello «residuale», dopo aver scontato un 6% circa di impatto del calo del prezzo del gas, l’1,7% circa di calo del prezzo del carbone, lo 0,2% di calo del prezzo del petrolio ed un altro 3% circa come effetto «aggiuntivo» del calo della domanda elettrica e del PIL. In questo caso il calo del PUN attribuibile alle rinnovabili è nell’intorno del 16,9% (ossia il 61% circa del totale).

L’impatto delle rinnovabili non è ovviamente limitato al solo PUN, in quanto ad esse competono anche una serie – peraltro significativa – di «costi» associati alla bolletta elettrica. In particolare, si sono considerate nel Rapporto, altre tre componenti di costo: il costo del servizio di dispacciamento, il costo dei servizi di trasmissione, distribuzione e misura, e gli oneri generali di sistema (che comprendono anche la componente A3). In maniera analoga a quanto fatto per il PUN è stato possibile costruire due scenari di impatto delle rinnovabili sulle componenti di costo della bolletta: (i) uno scenario “limite”, dove oltre alla componente A3 sono stati imputati alle rinnovabili l’80% dell’incremento dei costi di trasmissione, distribuzione e misura ed una quota consistente dell’incremento dei costi di dispacciamento (50% della componente uplift, costi di modulazione eolico e 50% dei costi di interrompibilità), per un totale di oltre 13,2 miliardi di € di costi; (ii) uno scenario “conservativo”, con una quota ridotta di attribuzione dei costi, che vale invece circa 12,4 miliardi di € di costi.

Se si considerano gli effetti – comunque innegabili – delle rinnovabili sul calo del PUN e sull’aumento dei costi delle altre componenti della «bolletta» elettrica appare evidente come:

–   l’effetto “netto” ad oggi dell’incremento della produzione da rinnovabili avvenuto tra il 2011 ed il 2014 possa essere stimato tra i 7 e gli 8,6 miliardi di € di costi aggiuntivi, inferiori al costo degli incentivi che era appunto pari alla fine del 2014 a circa 11,9 miliardi di €.

–   l’effetto di lungo termine – nell’ipotesi che i maggiori costi di funzionamento della rete si mantengano anche nel futuro, così come però gli effetti di risparmio sul PUN, ma ovviamente a differenza degli incentivi (componente A3) che invece si esauriranno nel 2035 – appare invece addirittura positivo con una riduzione della «bolletta» elettrica compresa, a seconda dello scenario considerato, tra 3,2 e 4,8 miliardi di €

I numeri discussi devono quindi far riflettere sulla necessità di considerare – come peraltro avviene a livello globale con il trend di cui si è dato conto nella sezione precedente di questo Rapporto – le rinnovabili come una parte integrante ed ormai irrinunciabile del mix energetico italiano.

La normativa sulle Rinnovabili in Italia

Al 31 Marzo 2015, momento di chiusura di questo Rapporto, il contatore delle FER (che include tutti gli incentivi erogati sotto diverse forme alle rinnovabili elettriche non fotovoltaiche) aveva totalizzato quota 5.705 mld € (considerando anche 1,3 mln € dedicati al solare termodinamico), solo 95 mln € sotto la soglia ultima prevista dal decreto DM 6/7 2012 di 5,8 miliardi di €. La quota principale di incentivi sia da attribuirsi ai Certificati Verdi (che contano per oltre 3,1 miliardi di €), ossia con riferimento agli impianti entrati in esercizio entro il 31/12/2012. Segue, con oltre 1,7 miliardi di €, la quota spettante agli impianti incentivati con tariffa onnicomprensiva (nel 76% circa dei casi imputabili ad impianti a biogas). Gli impianti più recenti, quelli per capirci che rientrano nella incentivazione con il modello dei «Registri» e delle «Aste», coprono invece una parte minoritaria (circa l’8,5% del totale).Un modo di interpretare questo dato è che l’errore, se di errore si può parlare nella scelta di incentivare le rinnovabili, è avvenuto all’inizio del loro periodo di sviluppo, ove si è forse ecceduto nella «misura» della incentivazione.

Il modello dei “Registri” e delle “Aste” si è rivelato piuttosto complesso da “governare” ed ha generato non pochi “squilibri”, con la potenza messa a disposizione per i rifacimenti che è sempre risultata largamente (se non completamente) superiore alle effettive richieste. Il contrario è avvenuto nel caso dei Registri, dove la potenza richiesta è sempre stata più elevata di quella ammissibile, mentre nelle Aste si è passati dai casi (biomasse e idroelettrico) ove la potenza ammissibile sorpassa di gran lunga quella richiesta, al caso (eolico) dove avviene esattamente il contrario.

L’effetto combinato di questo “squilibrio” è che i soldi degli incentivi sono comunque stati spesi (o meglio impegnati), per incentivare una potenza (2412 MW), pari a circa 1/2 di quella messa a disposizione (4685 MW) e soprattutto pari a circa la metà di quella per cui è stata fatta richiesta (4668 MW).

Partendo da questi dati e con l’obiettivo di proporre una riflessione al legislatore, il Rapporto sviluppa la seguente argomentazione:

  • si è stimata la quota di potenza «prenotata» ma che presumibilmente non sarà mai effettivamente realizzata, il cosiddetto «inoptato»;
  • si è calcolata la quota di incentivi «liberati» nel periodo 2015-2018 dalla scadenza dell’accesso agli incentivi per impianti soggetti al regime dei Certificati Verdi e CIP6.

Sommando l’effetto dell’ «inoptato» e degli incentivi «liberati» da CV e CIP6 si ottiene un valore di oltre 820 milioni di € che potrebbero – a parità di costi rispetto all’attuale «contatore» delle FER – essere rimessi in gioco nel triennio 2015-2018.

Si sono costruiti due scenari:(i) uno scenario «as is», dove la quota di incentivi «liberati» e «inoptati» venga rimessa in gioco con le medesime regole del 2014; (ii) uno scenario «remix» dove la quota di incentivi «liberati» e «inoptati» venga rimessa in gioco ma con una attribuzione che tenda a riequilibrare domanda e offerta per le diverse fonti, in particolare premiando l’eolico.

  • nello scenario “as is”, la nuova potenza incentivabile nel triennio 2016-2018, ammettendo che la rimessa in gioco degli incentivi avvenga a partire dal prossimo anno, potrebbe arrivare a 2,15 GW (per un media quindi di oltre 700 MW annui)
  • nello scenario “remix”, la nuova potenza incentivabile potrebbe sfiorare i 2,5 GW (oltre 830 MW all’anno), in larga parte rappresentati da impianti eolici.

Le opportunità del prossimo triennio di liberare risorse già commesse (e quindi di poter dare nuova linfa al sistema delle rinnovabili senza aumentare i costi complessivi) potrebbero essere sfruttate efficacemente per ridare slancio al comparto delle rinnovabili, e per colmare, qualora si volessero seguire le suggestioni dello scenario «remix», i problemi di mismatch tra domanda e offerta che hanno impattato così negativamente sulle nuove installazioni dell’ultimo periodo.

Nella sezione del Rapporto sulla normativa si dà inoltre conto della entrata in vigore della normativa sui SEU (Delibera 578/2013/R/eel). Per tutti gli impianti che alla data del 1 gennaio 2014 hanno già ottenuto il riconoscimento del meccanismo dello scambio sul posto, il GSE procederà in automatico al riconoscimento di apposita qualifica che consente un trattamento sostanzialmente analogo a quello dei SEU.

Il problema si pone invece per gli impianti entrati in esercizio dopo il 1 gennaio 2014 per i quali invece è necessario – se si vuole usufruire dei benefici derivanti dalla disciplina dei SEU – presentare apposita domanda di conformità.

La scadenza è fissata per il 31 maggio 2015, anche se ad oggi non sembra esserci effettivamente una grande «corsa» da parte dei titolari di impianti (che pure dovrebbero essere un numero consistente visto che dal gennaio 2014 ad oggi sono stati realizzati oltre 50.500 impianti fotovoltaici).

Le ragioni dell’atteggiamento attendista sembrano essere almeno due. La prima riguarda il fatto che la norma prevede già implicitamente la possibilità di ritardi con l’unica «sanzione» del mancato recepimento dei benefici sino alla data dell’invio «in caso di  ritardo nell’invio di tale dichiarazione i benefici dei SEU non verranno riconosciuti per il periodo fra l’1 gennaio 2014 e l’ultimo giorno del mese in cui viene inviata la documentazione». La seconda, più pericolosa, riguarda l’assenza di chiarezza circa le conseguenze dell’accesso alla disciplina dei SEU. Non è infatti immediato il passaggio al pagamento del 100% degli Oneri generali di sistema e neppure chiaro se vi sia una forma di «penalizzazione».

Resta il fatto che ad oggi questi impianti non pagano per la quota di autoconsumo gli Oneri generali di sistema e potrebbero quindi continuare in questo modo anche se la “alea” introdotta dal “buco” normativo non va sottovalutata soprattutto ai fini della valorizzazione degli impianti sul mercato “secondario”.

La sezione riporta infine un rapido aggiornamento riguardo alle conseguenze dell’entrata in vigore di due normative, di cui si è peraltro già molto dibattuto, (i) lo «spalmaincentivi» (decreto legislativo del 23 Dicembre 2013), con gli esiti della «scelta» lasciata ai proprietari di impianti e (ii) la estensione della detrazione fiscale agli impianti fotovoltaici e ai sistemi di storage, per effetto della Legge di Stabilità 2015.

Il fotovoltaico in Italia

Il volume complessivo di potenza fotovoltaica installata è di 18.320 MW al termine del 2014 con la nuova potenza installata nell’ultimo anno che è stata di «solo» 385 MW, poco più del 22% rispetto al valore del 2013 ed in linea invece con i valori del 2008. In buona sostanza, è come se il fotovoltaico italiano avesse fatto un salto nel tempo, tornando ai suoi albori. Non a caso, nel 2014 il segmento di mercato più importante è tornato ad essere quello residenziale e dei piccoli impianti, che pesa per il 59% delle nuove installazioni, mentre sono sostanzialmente «spariti» gli impianti di taglia superiore al MW. Alla riduzione delle taglie dell’installato si è associata anche una sua redistribuzione «geografica», con la Lombardia a controllare nel 2014 da sola il 33% del mercato delle nuove installazioni. Più in generale, nel 2014 quasi il 42% delle nuove installazioni è stata fatto al Nord, il 35% al Centro e «solo» il 23% al Sud.

In sintesi, Il valore del mercato delle nuove installazioni (mercato «primario» del fotovoltaico) è stato pari nel 2014 a circa 658 mln €.

Per quanto riguarda la possibili nuove installazioni nel periodo 2015-2020, il confronto con gli operatori ha permesso di identificare due scenari possibili:

  • uno scenario «ottimistico», che veda l’effettiva diffusione dei SEU come stimolo alla realizzazione di impianti anche di media taglia anche attraverso l’estensione dei benefici dei SEU (da tempo invocata dal settore) alla configurazione un venditore-molti clienti allacciati alla stessa porzione di rete (il cosiddetto modello «condominio» o «centro commerciale»);
  • uno scenario «conservativo», che veda invece un sostanziale consolidamento del mercato residenziale ma un ulteriore calo delle installazioni negli altri segmenti di mercato.

Nel primo caso appare possibile arrivare ad installare sino a 500 MW nel 2015 (250 MW nel residenziale, 240 MW di impianti di medie dimensioni e solo 10 MW per i grandi impianti, come coda di realizzazioni previste nel corso del 2014) e sino a 600 MW/anno al 2020 (con una spartizione pressoché uniforme tra il mercato residenziale e quello degli impianti fino ad 1 MW), portando ad un totale installato di 21,8 GW.

Nel secondo caso, invece, il mercato si attesterebbe a circa 400 MW nel 2015 e solo a circa 300 MW anno al 2020 (in larghissima parte ascrivibili al mercato residenziale), portando ad un totale installato di poco superiore ai 20 GW.

Se il totale delle nuove installazioni (ed anche le previsioni, rispetto ai “fasti” del passato) appare decisamente limitato, non così si può dire dell’installato complessivo che con i suoi oltre 18 GW ha anzi contribuito nel 2014 a soddisfare oltre l’8% del fabbisogno elettrico complessivo del nostro Paese.

Se si guarda quindi all’installato complessivo è possibile valutare l’impatto del fotovoltaico in termini di «volume d’affari generato» – senza considerare gli incentivi – pari a quasi 1,8 miliardi di €, oltre 2,7 volte il mercato «primario».

Tale valore è così costituito: (i) 358 milioni di €, per i servizi di Operation&Maintenance; (ii)215 milioni di €, per i servizi assicurativi; (iii) 1,2 miliardi di € per la componente di sola vendita dell’energia (senza considerare ovviamente gli incentivi.

Appare estremamente interessante notare che la differenza tra la componente ricavo da vendita dell’energia e le componenti di costo analizzate, senza gli incentivi, portano ad identificare il «valore aggiunto» del settore in 640 milioni di € (il 52% dei ricavi da vendita di energia).

tratta ovviamente di una approssimazione sull’intero settore e con diverse ipotesi per le quali si rimanda al testo del Rapporto, e con questo «valore aggiunto» (e gli incentivi) va ripagato il debito (ed i relativi interessi) contratto per finanziare gli impianti e il costo del personale e della amministrazione della società (per i grandi impianti), ma è pure il segnale di un settore «sano» dal punto di vista della operatività e che può quindi essere considerato come una componente di lungo termine del mix energetico del nostro Paese.

L’eolico in Italia

Il volume complessivo di potenza eolica installata è di 8.657 MW al termine del 2014 con un valore delle nuove installazioni pari a circa 107 MW, il 26,2% rispetto al volume 2013. Nonostante la riduzione “drastica” delle installazioni, l’Italia conferma la sua presenza nella top 5 per potenza complessivamente installata in Europa, anche se significativamente distante dai 39 GW tedeschi ed i 23 spagnoli

La potenza eolica in Italia è quasi totalmente rappresentata da impianti sopra i 5 MW (circa il 95% del totale). Il comparto del mini eolico, nonostante anche nel 2014 abbia segnato una crescita di circa il 14% rispetto all’anno precedente ha ancora un peso sulle installazioni complessive estremamente contenuto (lo 0,2% del totale fino ai 20 kW, circa il 2% fino ai 200 kW, per equivalenti 25 MW di nuova potenza nel 2014) e tale sembra destinato a rimanere.

Il valore del mercato delle nuove installazioni è stato pari nel 2014 a circa 152 mln €, con la lion’s share che è andata appannaggio degli impianti di taglia superiore a 5 MW, con un controvalore di oltre 105 mln € (oltre il 69% del totale).Il mercato dei piccoli impianti ha generato investimenti per 32 mln €, valore che – fatte le proporzioni con la potenza installata – mette bene in evidenza il divario «di scala» tra impianti grandi (con costi di investimento pari a 1.300 €/kW) e impianti piccoli (con costi di investimento sino a 1.600 €/kW).

Per quanto riguarda il futuro, in assenza della possibile rimessa in gioco di incentivi, quasi tutti gli operatori sono concordi nel delineare uno scenario che preveda la realizzazione nel 2015 – soprattutto come frutto della chiusura di progetti già avviati o ammessi ad incentivazione – di circa 90 MW di nuova potenza in impianti di taglia superiore al MW, sostanzialmente in linea con quanto accaduto nel 2014, cui vanno sommati circa 20 MW di impianti di piccola taglia, con l’ulteriore «crollo» delle nuove installazioni a poco più di 50 MW (di cui 15 MW di minieolico) a partire dal 2016, considerando di fatto «chiuso» il mercato primario se non si rimetterà mano all’incentivazione.

Anche nel caso dell’eolico, come già visto per il fotovoltaico, il mercato può però dirsi aver raggiunto un certo grado di maturità, con le nuove installazioni del 2014 (107 MW) che hanno contato «solo» per poco più dell’1% rispetto alla base installata.

Se si considerano quindi le componenti di ricavi (vendita dell’energia) e costi (O&M e servizi assicurativi) connessi all’installato è possibile valutare l’impatto dell’eolico in termini di «volume d’affari generato» – senza considerare gli incentivi – pari a oltre 960 milioni di €, oltre 6 volte il mercato «primario».

La differenza tra la componente ricavo da vendita dell’energia e le componenti di costo analizzate, senza gli incentivi, portano ad identificare il «valore aggiunto» del settore in 590 milioni di € (il 75% dei ricavi da vendita di energia).

Anche qui, come nel fotovoltaico, appare quindi un settore «sano» dal punto di vista della operatività e che può quindi essere considerato come una componente di lungo termine del mix energetico del nostro Paese.

Le biomasse in Italia

La potenza cumulata, sommando le quattro diverse tipologie di biomassa (agroforestale, biogas, oli vegetali, rifiuti soldi urbani) utilizzate per la produzione elettrica, ha superato al termine del 2014 i 4,1 GW, con una crescita di «soli» 131 MW, contro i 450 MW del 2013 ed i 764 MW del 2012.

Per quanto riguarda il futuro, quasi tutti gli operatori sono concordi nel delineare uno scenario che prevede la realizzazione nel 2015 di circa 50 MW di nuova potenza, ma solo come frutto della chiusura di progetti già avviati o ammessi ad incentivazione, e l’arresto «completo» delle nuove installazioni ed anzi la «chiusura» degli impianti (soprattutto a oli vegetali e a biogas, laddove sia eccessivo il ricorso all’acquisto di materia prima) al termine del periodo di incentivazione.

Le ragioni di tale “pessimismo” sono da ricercarsi nel quadro dell’installato.

Gli oltre 4,1 GW di impianti a biomasse (anzi meglio i 3,2 GW escludendo gli RSU) che producono energia elettrica nel nostro Paese rappresentano indubbiamente un parco di generazione che ha generato nel 2014 un «volume d’affari» pari a 1,8 miliardi di € (di cui 783 milioni di € per la vendita di energia e ben 734 milioni per l’acquisto di materia prima).

Il «valore aggiunto» complessivo del settore è tuttavia – caso unico nelle rinnovabili – negativo e pari a -301 milioni di €, segno di una condizione strutturale in cui l’assenza di incentivazione rende non sostenibile la produzione di energia.

biomasse agroforestali sono le uniche a potersi «sostenere» stabilmente anche in assenza di incentivazione, mentre il biogas si trova in una condizione «limite» che rende gli investimenti sostenibili nel tempo solo se vi è localmente (e possibilmente a costo zero) la disponibilità di materia prima.

Gli oli vegetali, considerando la necessità di importazione della materia prima, sono invece «strutturalmente» destinati ad avere difficoltà a sostenersi in assenza di incentivi.

E’ indispensabile una razionalizzazione del comparto che faccia sopravvivere gli impianti in grado di sostenersi (eventualmente anche grazie alla creazione di portafogli di generazione in mano a soggetti professionali e alla ricerca intelligente di «filiere» di approvvigionamento a basso costo) e che invece liberi le risorse impegnate in impianti non più utilizzabili in un mercato non incentivato.

L’idroelettrico in Italia

L’unica parte del mercato a crescere in maniera apprezzabile e con logiche simili a quelle che in questo Rapporto sono state oggetto di analisi per le altre fonti rinnovabili – è quella degli impianti di piccola e media taglia, che possiamo quindi a ben ragione definire come la componente «nuova» dell’idroelettrico.

La componente «storica» dei grandi bacini, che evidentemente pesa ancora oggi per circa l’83,5% del totale della potenza installata, è invece frutto di investimenti e logiche differenti che per tale ragione non verranno qui analizzate.

Il totale installato, infatti, (per oltre 15,3 GW in impianti “storici” di grandi dimensioni) è pari a oltre 18,3 GW alla fine del 2014.

Nel 2014 sono stati installati 73,54 MW di nuova potenza idroelettrica, in crescita (ed è l’unico caso fra le rinnovabili) del 5,8% rispetto al 2013, anche se con valori ancora lontani rispetto ai 140 MW del 2012 o ai 216 MW del 2011, per un controvalore del mercato delle nuove installazioni (mercato «primario» dell’idroelettrico) pari a circa 327 mln €.

Per quanto riguarda il futuro, quasi tutti gli operatori sono concordi nel delineare uno scenario in cui le nuove installazioni da qui al 2020 si attestino attorno ai 70 MW annui. La maggior parte di questi impianti, all’incirca il 90%, comunque sarà confinato in impianti di tagli inferiore al MW. Il potenziale «teorico» potrebbe anche essere superiore, ma gli operatori concordano sul fatto che la normativa vigente per le autorizzazioni – che varia anche significativamente tra le diverse Regioni e lascia eccessiva possibilità di intervento da parte degli enti locali nei processi autorizzativi, comportando tempi autorizzativi sino a 5 anni, ben oltre il tempo di  realizzazione dell’impianto – non lascia spazio a ulteriori possibilità.

Se si guarda invece all’installato, l’impatto dell’idroelettrico di taglia piccola e media in termini di «volume d’affari generato» – senza considerare gli incentivi – risulta pari nel 2014 a oltre 658 milioni di €, oltre 2 volte il rispettivo mercato «primario». Va sottolineato come – anche per le taglie piccole e medie – la differenza tra la componente ricavo da vendita dell’energia e le componenti di costo analizzate, senza gli incentivi, portano ad identificare un «valore aggiunto» di 342 milioni di € (il 68% dei ricavi da vendita di energia).

Le Rinnovabili in Italia: un quadro d’assieme

Il «volume d’affari» che nel 2014 è stato complessivamente generato dalle fonti rinnovabili analizzate nel Rapporto (fotovoltaico, eolico, biomasse – con l’esclusione degli impianti a RSU, idroelettrico – con l’esclusione degli impianti di taglia superiore a 10 MW) è pari a quasi 7 miliardi di € (che salirebbero a oltre 19,1 miliardi di € se si considerassero anche gli incentivi).

La componente principale – ed è fattore non trascurabile – sono i ricavi da vendita di energia (46,9% del totale), seguiti dal mercato «primario», ossia dalle nuove installazioni (24,4% del totale), mentre il restante 28,7% è riferito ai costi dei servizi di O&M, assicurazioni e acquisto di materie prime (ovviamente per le biomasse).

Letto da un’altra prospettiva, a fronte quindi di 1,7 miliardi di € di «investimenti», il comparto delle rinnovabili ha generato ricavi (senza incentivi) per oltre 3,2 miliardi di €, ed un «valore aggiunto» complessivo di 1,2 miliardi di €.

Scomposizione per fonte dei valori delle componenti analizzate

Report Energie rinnovabili: osservatorio fotovoltaico, eolico, biomasse, idroelettrico 1

Il «volume d’affari» che – considerando gli scenari discussi nelle sezioni precedenti del Rapporto – potrebbe nel 2020 essere associato alle fonti rinnovabili è pari a oltre 7,2 miliardi di € (in crescita del 3,2% rispetto al 2014).

I pesi delle diverse componenti andranno tuttavia a muoversi in maniera differente:

  • gli investimenti in nuovi impianti scenderanno a poco più di 1,2 miliardi di € (- 24% rispetto al 2014) come segno del più volte discusso rallentamento delle installazioni in assenza di incentivazioni;
  • la vendita dell’energia salirà a oltre 3,9 miliardi di € (+ 19,5% rispetto al 2014) come effetto combinato di un aumento dei prezzi (+15%) e del parco installato (+4,5%);
  • le componenti di costo dei servizi si attesteranno invece attorno ai 2 miliardi di €, sostanzialmente invariate rispetto al 2014 per effetto della riduzione attesa dei costi che controbilancerà l’ingresso di nuovi impianti.

Il «valore aggiunto» atteso al 2020 supererà quindi quota 1,9 miliardi di €, in crescita del 58% rispetto al 2014, ad indicare quanto globalmente (pur con le differenze viste nelle sezioni del Rapporto per le diverse fonti) sia «sostenibile» anche nel lungo termine il business della produzione di energia da fonti rinnovabili.

Un business che appare – anche per il peso che ha ormai assunto nell’economia italiana – chiaramente come un «patrimonio» di generazione di energia elettrica distribuita da mantenere attivo e vitale anche per il prossimo futuro

Le Rinnovabili e il sistema finanziario 

Viste le implicazioni rilevanti delle rinnovabili nel nostro sistema economico, pare importante riflettere sui «legami» tra queste ed il sistema finanziario. Si è discusso prima (e con maggiori dettagli disponibili nel Rapporto) della generazione di «valore aggiunto» e di come questo debba essere impiegato per onorare il servizio del debito (cui tutti gli investitori hanno fatto largamente accesso).

Seguendo la medesima prospettiva che ha animato le altre parti del Rapporto, ovvero guardare all’installato più che ai nuovi investimenti, in questa sezione si sono approfondite: (i) le dinamiche del mercato «secondario», ossia della transazione della proprietà di impianti a fonti rinnovabili già attivi, con particolare riferimento alle differenze che emergono tra le diverse fonti;(ii) le modalità con cui le imprese proprietarie di impianti di generazione elettrica da fonti rinnovabili possono recuperare nuovi capitali e/o rimodulare il proprio livello di indebitamento, continuando a mantenere la proprietà degli asset.

L’accesso al mercato dei capitali – soprattutto per le imprese delle rinnovabili che hanno la proprietà degli impianti di produzione – appare essere piuttosto difficoltoso, con il refinancing sostanzialmente «frenato» dall’ottica project con cui era stato acceso nella maggior parte dei casi il debito iniziale, ed i mercati dei Mini Bond e dell’AIM ancora di là dall’esprimere il potenziale necessario a sostenere il comparto.

Il mercato del secondario ha invece dato segnali di “presenza” con un controvalore delle transazioni del 2014 pari a circa 1,32 mld € e con una distribuzione piuttosto peculiare:

  • 470 milioni di € sono il controvalore delle transazioni «correnti» (dell’ordine di qualche MW ciascuna, come sarà meglio dettagliato nelle slide successive) relative al passaggio di proprietà di oltre 212 MW di impianti fotovoltaici;
  • 200 milioni di € sono il controvalore delle transazioni «correnti» relative a 100 MW di impianti eolici passati di mano nel corso del 2014;
  • 650 milioni (stimati) di € legati alla transazione «straordinaria» di un parco da 600 MW di impianti eolici da Edison a F2I (ed i cui dettagli che verranno descritti più avanti in questa sezione).

Le altre fonti rinnovabili (biomasse ed idroelettrico) non hanno segnato transazioni di valore apprezzabile (se si eccettua un passaggio di proprietà di una centrale a biomasse da 20 MW per circa 20 milioni di €), anche se va sottolineato come – non esistendo un «registro» delle transazioni – il quadro qui presentato sia il risultato della ricostruzione dei dati raccolti attraverso interviste agli operatori.

Se si analizza il caso del fotovoltaico (che se ci si limita alle transazioni «correnti» ha contato per il 70% del totale), è interessante notare come le prime 10 transazioni sul mercato contano per oltre l’86% del totale della potenza passata di mano nel corso del 2014 e la loro distribuzione per tipologia di investitore mette bene in evidenza il ruoloin decisa crescita degli operatori finanziari.

In 9 casi su 10 l’acquirente è infatti straniero, a significare un forte interesse da parte degli investitori internazionali.

La vitalitàdelle transazioni sul mercato «secondario» è destinata a proseguire visto che l’effetto atteso dello «Spalma Incentivi» (soprattutto per gli impianti che hanno scelto l’opzione B) è quello di creare ulteriori opzioni per la cessione degli impianti.

Unica nota dolente (peraltro comune anche alle altre fonti), l’eccessiva parcellizzazione della proprietà degli impianti, che si scontra con l’interesse – soprattutto da parte degli operatori stranieri – di portafogli di taglia minima elevata (e comunque non inferiore a 10 MW).

Uno scenario estremamente interessante, emerso dalla nostra indagine anche se ancora con contorni da definire, è quello che gli istituti di credito possano giocare un ruolo da «intermediario» tra i proprietari di impianti ed i fondi di investimento interessati al mercato delle rinnovabili. Uno scenario interessante sotto diversi punti di vista: (i) perché risponde al problema della parcellizzazione della proprietà facendo in modo che sia l’istituto di credito a «creare» il portafoglio della taglia necessaria, accorpando impianti di «debitori» diversi; (ii) perché potrebbe più agilmente permettere la costruzione di portafogli «multi-fonte», essendo la maggior parte degli istituti di credito variamente esposti sulle diverse fonti rinnovabili; (iii) perché potrebbe permettere una «transazione intermediata», lasciando al fondo di investimenti l’istituto di credito come unico interlocutore, e a quest’ultimo invece il ruolo di gestore del rapporto «uno a molti» con i diversi proprietari.

Uno scenario cui guardano con interesse anche gli operatori dei servizi O&M, che potrebbero divenire lo sparring partner degli istituti di credito in questo tipo di operazioni.

Agli istituti di credito – e in subordine i grandi O&M contractor – il compito di innescare a questo punto il “cambio di passo” dando nuovo slancio al mercato degli “investimenti” nel comparto delle rinnovabili.

Il Rapporto Renewable Energy Report verrà presentato il 19 Maggio 2015 ore 9.30 al Politecnico di Milano – Campus Bovisa, via Durando 10 – Aula Carlo De Carli. Scarica il programma dei lavori

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