Riforma condominio, cosa cambia per l’energia

Con la nuova Legge sarà possibile produrre energia da fonti rinnovabili per il proprio appartamento

Entra in vigore il 18 giugno prossimo la riforma sulla disciplina dei condomini. La legge 220 dell’11 dicembre 2012 – “Modifica alla disciplina del condominio negli edifici – Riforma del condominio”, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012, riscrive alcuni passaggi fondamentali delle regole che normano la convivenza civile in un palazzo.  Maggioranze, amministratore, spese, millesimi sono alcuni dei passaggi toccati dalle nuove norme che dovrebbero regolare i rapporti con i vicini di casa.

La riforma si compone di 32 articoli che, rivede il capo del codice civile dedicato al condominio negli edifici (artt. 1117 e successivi), rappresentando l’approdo di un percorso di riforma che ha impegnato il Parlamento per più legislature.

I profili di novità introdotti in materia energetica riguardano due questioni principali: una legata alla produzione di energia rinnovabile, l’altra al riscaldamento. Nel primo caso si fa riferimento alla possibilità di introdurre particolari innovazioni allo scopo di realizzare impianti per la produzione di energia eolica, solare o comunque da fonte rinnovabile; nel secondo caso si ammette la possibilità  del distacco di un singolo condomino dall’impianto centralizzato di riscaldamento.

Assume importanza, nell’ambito di un’accezione più estensiva dell’immobile, anche la diversa definizione delle parti comuni dell’edificio nelle quali vengono inserite, tra le altre,  i pilastri e le travi portanti; le facciate degli edifici (anche nell’eventualità di un intervento di efficienza a integrazione architettonica), i parcheggi (per un’eventuale copertura con pensilina fotovoltaica) e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune.

 

Energia rinnovabile sul lastrico condominiale

Se vi siete convinti che grazie ai  pannelli fotovoltaici posati sull’intero lastrico condominiale possiate dotare il vostro palazzo alla tecnologia più sostenibile sostenendola in sede assembleare, sappiate che l’articolo 2 inserisce nel codice civile  l’art. 1117-ter. Esso prevede che la modifica della destinazione d’uso delle parti comuni richiede un numero di voti che rappresenti i 4/5 dei partecipanti al condominio e i 4/5 del valore dell’edificio.

Se poi rimangono dubbi sull’iniziativa e non riuscite ad andare in porto, è bene sapere che l’opportunità di installare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili può essere destinata anche “al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato”. Quindi anche per il solo appartamento in cui abitate. Cosa fare a questo punto per farsela approvare?

L’articolo 5 incide sulla materia delle innovazioni riscrivendo l’articolo 1120 c.c.

Con esso i condomini possono approvare alcune tipologie di innovazioni con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio (ai sensi del secondo comma dell’articolo 1136 c.c.). Tali innovazioni, nel rispetto delle normative di settore, possono avere ad oggetto, tra l’altro: il contenimento del consumo energetico; la realizzazione di parcheggi; la produzione di energia da impianti di cogenerazione e da fonti rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune.

Da notare che la nuova prescrizione introduce, inoltre, un nuovo e più stringente iter di convocazione dell’assemblea da parte dell’amministratore. In caso di proposta di innovazione (analoga a quella sopradescritta), l’amministratore è tenuto a convocare l’assemblea entro 30 giorni dalla richiesta anche di un solo condòmino; tale richiesta dovrà contenere la specificazione delle innovazioni proposte e delle modalità di esecuzione dei lavori

Dopo aver convinto tutti della bontà del progetto, si può anche incorrere nella non banale necessità di dover convincere nuovamente i vicini della necessità di effettuare anche modifiche o lavori sul suolo comune. Qualora si rendano necessarie modificazioni di questo tipo, l’interessato ne deve e dare comunicazione preventiva all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.

L’art. 1117-ter vieta in tutti i casi le modificazioni delle destinazioni d’uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.

L’assemblea, in questo caso,  può prescrivere, con la maggioranza (di cui all’articolo 6 che sostituisce l’articolo 1122 del codice civile), adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele specifiche. Con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, ad idonea garanzia per i danni eventuali.

Ma non finisce qui.  Se, nel frattempo, qualcuno ha tramato contro il vostro impianto fotovoltaico anche in corso d’opera c’è l’articolo 1117-quater che detta disposizioni per la tutela contro le attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni. In tali casi, l’amministratore o i singoli condomini possono diffidare l’esecutore di tali attività e chiedere la convocazione dell’assemblea che delibera in merito alla cessazione delle attività, anche mediante azioni giudiziarie, con la maggioranza prevista dal codice all’art. 1136.

 

Riscaldamento centralizzato addio: mi metto in proprio

Un altro punto importante della riforma in materia energetica  riguarda la possibilità per un condòmino di decidere il distacco dall’impianto di riscaldamento comune. Ebbene, senza alcun tipo di formalità o procedura particolare, il singolo (recita l’ultimo comma dell’articolo 3 , in materia di diritto del condomino sulle parti comuni) potrà farlo senza rischiare divieti o contenziosi, ma ovviamente c’è un limite a questa possibilità: il distacco potrà avvenire, infatti,  se non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri.

Rimane in capo al condòmino che si “separa” l’obbligo di contribuire alle spese di manutenzione straordinaria e messa a norma dell’impianto centralizzato.

La decisione deve comunque avvenire senza preavviso e deve essere “oggettivamente constatato che l’immobile non gode della normale erogazione del calore a causa di problemi tecnici all’impianto di riscaldamento centralizzato condominiale”.

Ma non basta. Il nuovo art. 1118 c.c. sostituito con la Riforma, specifica anche che il distacco avviene “dopo che nell’arco di un’intera stagione di riscaldamento, il condominio non sia riuscito a risolvere il problema”.

Tra gli addetti ai lavori rimane tuttavia il dubbio su come effettivamente si possa dimostrare che gli altri condòmini non subiscano un aggravio dall’operazione.

Il rischio è quello di una guerra di perizie e controperizie derivante dal fatto che quando si modifica l’equilibrio termico di un impianto, esso provocherà una resa differente (di calore e di costi) da immobile a immobile, in grado di determinare un innalzamento del tasso di litigiosità tra chi rimane e deve pagare di più e chi si distacca. Ad agevolare la controversia è stata introdotta  però la contabilizzazione del calore, che è sempre più diffusa,  e che consente  una suddivisione in maniera più equa e proporzionale dei consumi effettivi.

 

Parti comuni

Uno dei pilastri della riforma – come abbiamo già accennato in più parti – risiede  nella modifica della definizione di parti comuni, così come era previsto fino ad oggi.L’articolo 1 della legge 220/2012 sostituiscel’articolo 1117 del codice civile,fornendo una definizione più articolata di «parti comuni» dell’edificio. L’articolo 2 ne estende poi l’applicabilità della disciplina anche a più condominii di unità immobiliari o di edifici (i cosiddetti Supercondomini).

Il testo propone, inoltre, le nuove diciture di “impianti idrici e fognari” e di “sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell’aria” che definiscono impianti che ricadono tra le parti comuni. Il provvedimento specifica che in caso di impianti unitari, si dovrà far rientrare l’impianto tra le parti comuni fino al punto di utenza, salve le normative di settore in materia di reti pubbliche.

 

Fondo per la manutenzione straordinaria

Tra i vari punti della legge, il più controverso è, a parere degli addetti ai lavori, il punto 4 dell’art. 1135 c.c. che impone l’obbligo per l’assemblea, in caso di deliberazioni aventi ad oggetto l’approvazione di opere di manutenzione straordinaria e/o di innovazioni, di costituire un fondo speciale di importo pari ai lavori da realizzare.

Il testo rileva che “l’assemblea dei condomini provvede [..] alle opere di manutenzione straordinaria e alle innovazioni, costituendo obbligatoriamente un fondo speciale di importo pari all’ammontare dei lavori“.

La specialità del fondo consiste nel fatto che esso può essere utilizzato solo per la destinazione prevista dai condomini e deve essere istituito solo per gli specifici interventi di manutenzione straordinaria deliberati dall’assemblea, quindi non per future opere non ancora determinate e neppure determinabili. Per manutenzione straordinaria s’intende, in effetti,  quella al di fuori della normalità e abitualità da eseguirsi sugli impianti e sulle cose comuni e, in genere, quella mirante a conservarne nel tempo o a ricostruirne od innovarne la struttura.
Le ragioni della obbligatorietà della costituzione del fondo speciale risiederebbe nel fatto che si vuole imporre all’assemblea una contabilità separata per la realizzazione di opere straordinarie e per il riparto delle relative spese tra i condomini:  si vuole così dotare per tempo il condominio della necessaria provvista di denaro per affrontare spese che generalmente si palesano assai rilevanti, rafforzando la garanzia a coloro che sono chiamati a realizzare le opere deliberate.

Inutile dire – come è già stato fatto notare dalle associazioni di categoria – che un fondo di questo tipo, in tempi di “vacche magre” come quelle attuali, raffredda l’entusiasmo anche del condòmino più conciliante. Il rischio è che, dunque, ogni possibile nuovo intervento di una certa entità venga di fatto ostacolato o congelato dalle assemblee.

In tempi di scarsissima fiducia verso il prossimo, in pochi si sognerebbero di anticipare in toto i soldi per un lavoro prima dell’apertura del cantiere. La conseguenza è un possibile ulteriore ed inutile rallentamento all’attività delle manutenzioni edili e del loro indotto.

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