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A cura di: Andrea Ballocchi Indice degli argomenti: Pannelli fotovoltaici fine vita: gli aspetti normativi Pannelli fotovoltaici fine vita: un tesoro da sfruttare Il riciclo dei pannelli fotovoltaici fine vita è un’opportunità non solo per la sostenibilità ambientale e per l’economia circolare ma per l’economia. Secondo Irena, se completamente reimmessi nell’economia, il valore del materiale recuperato dai moduli fotovoltaici potrebbe superare i 15 miliardi di dollari entro il 2050. La stessa Agenzia prevede che considerando una vita media dei pannelli di 25 anni, si raggiungeranno 78 milioni di tonnellate circa entro il 2050. L’Italia potrebbe ottenere grosse opportunità dal riciclo di materie prime contenute nei pannelli solari, occupa infatti la settima posizione al mondo con una crescita costante della potenza installata che dal 2015 (18,9 GW) è passata al 2019 (20,8 GW). A fine 2019 si contavano più di 880mila moduli installati. Ma a oggi qual è la situazione e quali le novità e modelli virtuosi per pensare a sfruttare al meglio questo tesoro sommerso? Italia Solare ha fatto il punto in un convegno dedicato, anche alla luce delle novità apportate dal D.Lgs 118/2020, detto anche decreto RAEE del 3 settembre 2020. Pannelli fotovoltaici fine vita: gli aspetti normativi Partiamo dal D.Lgs 118/2020, che recepisce la direttiva europea 2018/849 che interviene nella gestione dei RAEE (rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche) derivanti da componenti del fotovoltaico. «Questo decreto ha rafforzato alcuni aspetti già presenti nella normativa: in particolare, nell’articolo 1 si è sottolineato l’obbligo di registrare i moduli ai sistemi collettivi, dando quindi la possibilità di tracciamento, e ha confermato la delega al GSE delle attività relative ai moduli incentivati a fine vita», ha ricordato Luca Fasolino, del Consorzio ECOEM. Una novità particolarmente significativa dal punto di vista normativo dei pannelli fotovoltaici a fine vita la evidenzia Luca Votta di Kiwa Group. Ricorda che quest’anno è stata pubblicata la norma IEC 61215-1:2021 che stabilisce i requisiti per la qualificazione della progettazione dei moduli fotovoltaici terrestri adatti al funzionamento a lungo termine. La norma è interessante perché le regole per il revamping di un impianto fotovoltaico prevedono che tutti i moduli nuovi siano conformi alle regole del V Conto Energia e che rispondano ai requisiti di norme quali appunto IEC 61215. Per questo è da salutare la nuova normativa che – ha segnalato lo stesso Votta – prevede standard più elevati, garantendo un maggiore livello di qualità per il mercato e per gli utenti finali. Se il processo normativo in buona parte è definito, è invece urgente stimolare la realizzazione di impianti in grado di occuparsi del trattamento e riciclo parti dei pannelli fotovoltaici fine vita. Infatti, secondo le previsioni, la produzione di rifiuti complessivi di fotovoltaico in Italia è destinata passare da poco più di 100 tonnellate del 2015 a più di 2000 t nel 2030 per poi impennarsi fino a superare il milione dopo il 2040 (vedi grafico). «Questo trend di crescita dei rifiuti fotovoltaici dovrebbe essere ancora più rapido perché si sta accorciando la durata di vita media dei pannelli», ha segnalato Marco Tammaro, Responsabile del Laboratorio per le Tecnologie per il Riuso, il Riciclo, il Recupero e la valorizzazione dei Rifiuti e Materiali di ENEA. Pannelli fotovoltaici fine vita: un tesoro da sfruttare I pannelli fotovoltaici fine vita sono una miniera di materie prime. Come ha sottolineato Tammaro, «per 1 MW di installato si ottengono circa 80 tonnellate di rifiuti dopo un tempo di durata vita media di 25/30 anni». Se si pensa che la composizione media di un pannello di silicio cristallino comprende vetro (73%), alluminio (10%), polimeri (9%), silicio (5%), rame (1%), ma anche argento (0,1%), stagno (0,12) oltre che parti minime di piombo (0,07%) si può comprendere la ricchezza insita e le potenzialità del loro riciclo. Soprattutto pensando che l’Unione Europea dipende, in maniera seria, da altri Paesi per ottenere materie prime altrimenti insufficienti. Ma come avviene il trattamento per il recupero parti? La struttura di un pannello fotovoltaico è a strati: uno strato superiore di vetro, al di sotto EVA e a seguire gli elettrodi metallici e le celle fotovoltaiche, vero cuore del sistema, racchiuso in un altro strato di EVA e poi uno inferiore di vetro e polivinilfluoruro (PVF). A contenere il tutto è la scatola di giunzione. I metodi per il trattamento sono di due tipi: termici e meccanici seguiti da un processo di raffinamento chimico. È un processo complesso e delicato su cui la ricerca lavora per consentire di mettere a punto processi di riciclo che permettano di conciliare economia circolare e sostenibilità ambientale ed e economica. In questo senso ENEA da tempo è impegnata e ha condotto diversi progetti. Uno di questi, conclusosi quest’anno, RESIELP, era focalizzato sul recupero di silicio e di altri materiali. Per questo è stato messo a punto un trattamento termico e idro-metallurgico. Inoltre lo stesso Tammaro ha lavorato a un metodo innovativo brevettato per separare i componenti principali dei pannelli (Vetro, EVA, Celle, Contatti elettrici) a basso consumo energetico e a basse emissioni. Dalla ricerca, quindi, le idee non mancano. Ma se si vuole puntare sulla transizione ecologica, oltre a quella energetica, occorre accelerare per riuscire a far sì che i pannelli fotovoltaici fine vita tornino a essere preziosi componenti per i prossimi impianti rinnovabili. 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