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A cura di: Tommaso Tetro Dalla transizione ecologica potrebbero arrivare 15 milioni di nuovi posti di lavoro, con un capitale investito pari a 275 trilioni di dollari entro il 2050. Un rapporto messo a punto da McKinsey and company (‘The net-zero transition: what it would cost, what it could bring’) offre un quadro sugli scenari futuri che possono derivare dalla trasformazione del sistema economico verso la decarbonizzazione delle attività produttive, guardando in particolare al raggiungimento delle ‘emissioni nette zero’. Necessaria una transizione ordinata “Una transizione ordinata non solo scongiurerebbe gli effetti più gravi del cambiamento climatico, ma porterebbe con sé considerevoli benefici – rileva Marco Piccitto, senior partner McKinsey e direttore del McKinsey global institute – per esempio, risulterebbe non solo in minori costi dell’energia, ma anche in una più attenta conservazione del capitale naturale e in migliori condizioni di salute per la popolazione mondiale. E l’unità d’intenti e d’azione necessaria per questa transizione è di buon auspicio anche per risolvere altre problematiche di natura globale. Allo stesso tempo, i rischi a breve termine di una transizione mal gestita o, peggio, non gestita, non possono essere ignorati”. Settori per 85% emissioni e 69 Paesi Lo studio – che prende in esame i settori che contribuiscono all’85% delle emissioni totali – parla quindi dei “benefici sociali e economici” in 69 Paesi presi in considerazione; il tutto – viene spiegato – “a patto che il processo sia coordinato”. Obiettivo 70% delle spese per prodotti taglia-CO2 Oggi il 65% della spesa per l’energia e l’utilizzo del suolo è “destinata a prodotti ad alte emissioni; in futuro, il 70% sarà orientato verso prodotti a basse emissioni e le relative infrastrutture, invertendo così la tendenza attuale”. Transizione universale, risorse per 7,5% del Pil globale Secondo il rapporto “la transizione avrà una natura universale. Tutti i settori economici e tutti i Paesi saranno interessati dai cambiamenti dei sistemi energetici e di utilizzo del suolo”. Inoltre – mette in evidenza – “la trasformazione economica sarà significativa. Il capitale investito in asset fisici dovrebbe ammontare a circa 275 trilioni di dollari, pari al 7,5% del Pil globale, entro il 2050 – circa 9,2 trilioni di dollari l’anno – che corrisponde ad un aumento di 3,5 trilioni di dollari rispetto all’attuale livello di spesa annuale, come conseguenza del passaggio dalle attività ad alte emissioni a quelle a emissioni ridotte”. Riallocazione dei lavoratori E’ per questo che la ricerca indica come possa essere necessario “una riallocazione della forza lavoro, considerando che la transizione potrebbe portare alla creazione di circa 200 milioni di nuovi posti di lavoro diretti e indiretti, ma al tempo stesso alla perdita e alla riqualificazione di 185 milioni di posizioni entro il 2050, per un saldo netto positivo di 15 milioni di nuovi posti di lavoro”. Prossimo decennio decisivo A livello temporale, “i cambiamenti saranno concentrati nella prima fase della transizione”, con il prossimo decennio che sarà “determinante. La spesa potrebbe salire all’8,8% del Pil tra il 2026 e il 2030, rispetto al 6,8% attuale, prima di scendere nuovamente”. E anche “l’impatto potrebbe essere differente a seconda dei settori e dei Paesi. I più esposti saranno i settori con prodotti o attività ad alte emissioni, i Paesi a basso reddito e quelli con ingenti riserve di combustibili fossili”. Al momento, i settori più esposti rappresentano circa il 20% del Pil mondiale. Un altro 10% del Pil proviene da settori le cui catene di approvvigionamento producono grandi quantità di emissioni, come per esempio l’edilizia. Senza corretta gestione impatti e non benefici Infine si mette in guardia da una mancanza di programmazione perché “se non gestita adeguatamente, la transizione comporterebbe diversi rischi, tra cui carenze dell’offerta di energia e aumenti dei prezzi. Anche se l’impatto non sarà omogeneo, una transizione ben coordinata offrirebbe una serie di benefici”. Gli aggiustamenti economici necessari al raggiungimento delle emissioni nette zero offrirebbero “opportunità di crescita ed eviterebbero un ulteriore aumento dei rischi fisici”. Potrebbero generarsi aree di crescita da una maggiore efficienza delle operazioni derivante dalla decarbonizzazione e dalla creazione di nuovi mercati per i prodotti a basse emissioni. Impegno di tutti per le emissioni zero Raggiungere l’obiettivo delle zero emissioni nette dipenderà “dall’impegno di imprese, governi, istituzioni e singoli individui in tutto il mondo, e richiederà un cambio di mentalità a 360 gradi, che comprenda anche il modo in cui ci si prepara ad affrontare le incertezze e i rischi a breve termine, ad agire in maniera più decisa, facendo fronte comune e utilizzando l’ingegno, oltre ad ampliare gli orizzonti di pianificazione e di investimento”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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