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Indice degli argomenti Toggle Povertà energetica: un problema sentito anche d’estateCosa si sta facendo a livello europeo a proposito di energia inclusiva?Sul tema energia come vede la strategia dell’Italia?A proposito di povertà energetica, condizione legata anche ad abitazioni scarsamente efficienti, cosa servirebbe?Cosa occorre fare per accelerare la transizione energetica in Europa? È assai difficile parlare di energia inclusiva considerando i prezzi dell’energia ancora una volta in rialzo. I prezzi del gas europeo “sono aumentati del 17,7% dalla riunione del Consiglio direttivo di ottobre, spinti sia da fattori di domanda che di offerta”, riporta la Banca Centrale Europea. A rimetterci sono le imprese italiane, che pagheranno 13,7 miliardi di euro in più rispetto al 2024, fa sapere CGIA Mestre, pari a un aumento del 19,2%. In totale, la spesa complessiva dovrebbe toccare gli 85,2 miliardi: di questi, 65,3 sarebbero per l’energia elettrica e 19,9 per il gas. La stessa CGIA Mestre ipotizza che nell’anno da poco cominciato, gli effetti dell’aumento delle bollette “potrebbero farsi sentire pesantemente sui bilanci sia delle imprese che delle famiglie”. Già a novembre le offerte per le forniture di luce e gas sul mercato libero registravano sensibili forti allineamenti al rialzo, tanto che la spesa media per attivare un contratto a prezzo variabile nelle principali città era stimata il 12,5% in più rispetto a soli 6 mesi prima. Lo rilevava il report dell’associazione italiana degli Utility Manager (Assium), basato sull’analisi delle offerte attive e pubblicate sul Portale gestito da Arera e Acquirente Unico. Questa situazione si ripercuote su tutti, ma si fa sentire in maniera più evidente sulle fasce più deboli, specie quelle che versano in povertà energetica, condizione che vivono più di due milioni di famiglie, pari al 7,7% della popolazione del Paese (OIPE, dati 2022). Quanto influiranno i prezzi del gas e dell’elettricità sulle condizioni degli utenti specie quelli più fragili? Povertà energetica: un problema sentito anche d’estate Il problema della povertà energetica è sentito anche a livello europeo. Il 18,5% delle famiglie nell’UE non aveva sistemi di isolamento o di riscaldamento sufficienti a mantenere la propria abitazione confortevolmente calda durante l’inverno (Fonte: Eurostat, 2025). «Nel 2023, circa il 10,6% della popolazione dell’UE ha avuto difficoltà a riscaldare adeguatamente la propria casa a causa dell’accessibilità economica, con notevoli variazioni tra gli Stati membri. Ciò segna un aumento del 54% di questo indicatore di povertà energetica dal 2021, invertendo un declino decennale». A dirlo è Marine Cornelis, fondatrice e direttrice di Next Energy Consumer, società di consulenza politica focalizzata sugli aspetti sociali delle transizioni energetiche e climatiche a livello europeo e internazionale. A questo quadro si aggiungono un paio di altri dati: il notevole aumento (+51,3%) dei prezzi delle abitazioni nell’UE dal 2015 e l’incremento (54%) degli indicatori di fuel poverty dal 2021. «Le famiglie a basso reddito spendono più del 40% del loro reddito per l’alloggio, spesso in case che perdono energia. Nel frattempo, tre quarti degli edifici dell’UE sono inefficienti. Non si tratta solo di povertà né di crisi energetica. È una crisi di resilienza», rileva ancora Cornelis, che oltre a essere un’esperta di politica energetica è anche ambasciatrice del Patto europeo per il clima, nonché membro dell’OIPE – Osservatorio Italiano Povertà Energetica. Questi problemi hanno già oggi implicazioni importanti dal punto di vista della salute pubblica, della coesione sociale o della produttività. Ai problemi invernali dati da un insufficiente apporto in termini di riscaldamento si aggiungono anche le difficoltà di non potersi difendere dalle ondate di calore sempre più frequenti. È bene ricordare che il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre, ma gli ultimi dieci hanno registrato temperature da record. Marine Cornelis, cosa si sta facendo a livello europeo a proposito di energia inclusiva? «Se consideriamo più specificamente il tema dell’energia, vanno affrontate due sfide. Una riguarda il mercato energetico, l’energia consumata e la necessità di renderla meno gravosa sul budget delle famiglie. L’altra è connessa alle abitazioni: la popolazione più fragile vive in case “colabrodo”, energeticamente parlando. Occorre, quindi operare in modo sinergico, trattando entrambe le questioni. L’Unione Europea sta lavorando da tempo per affrontare le due sfide. La nomina, nell’ultima Commissione Europea, di un responsabile Energy and housing (assunta dal danese Dan Jørgensen – nda) segna un passo significativo, poiché lega insieme le due dimensioni politiche. Negli ultimi anni ha sviluppato diversi strumenti: ricordo l’Energy Efficiency Directive, che ha anche introdotto una definizione europea di povertà energetica e ha stimolato gli Stati membri a essere più attivi su questo problema. Inoltre, con la direttiva sulla Energy Performance of Building, sono previsti degli strumenti per rendere le case più efficienti dal punto di vista energetico. Però una casa efficiente dal punto di vista energetico lo dev’essere anche d’estate. Proprio la povertà energetica estiva è un argomento su cui sto lavorando con la Commissione Europea». Sul tema energia come vede la strategia dell’Italia? «L’Italia manca ancora di una visione integrata su come affrontare i problemi, andando in direzioni diverse, anziché puntare su soluzioni tecnologiche mature. Penso, per esempio, al nucleare di cui si parla molto negli ultimi mesi. Non ho nulla contro l’energia nucleare, sia chiaro. Tuttavia, penso che il Paese italiano (in cui vivo) abbia un potenziale molto importante sul fotovoltaico e c’è bisogno oggi di soluzioni capaci di decarbonizzare ora e nei prossimi anni, creando condizioni di prezzo più abbordabili e di una effettiva resilienza per il futuro. Occorre, quindi, concentrarsi su ciò che ha un senso concreto oggi: e ciò che lo ha, a mio parere, è l’opportunità di sviluppare energia da fonti rinnovabili a livello locale, per contare su condizioni economiche adeguate e far sì che davvero si possa contare su condizioni per l’energia inclusiva. È bene considerare che l’energia è più di una semplice commodity: è un diritto per una vita dignitosa, che non è altrimenti possibile se non si ha accesso all’energia pulita. Oltre alla produzione, occorre lavorare sulla esigenza di reti, altro strumento per la resilienza futura del settore energetico». E a proposito di povertà energetica, condizione legata anche ad abitazioni scarsamente efficienti, cosa servirebbe? Il Superbonus era nato per migliorare sensibilmente le condizioni del patrimonio immobiliare nazionale… «Il problema a monte del Superbonus è stato causato da una mancanza di controlli che di fatto ha vanificato la finalità per cui era nato. È stata una misura che non ha guardato all’equità e alla necessità di intervenire sugli immobili più energeticamente inefficienti, spesso abitati dalla popolazione più fragile. Occorrerà, in futuro, specie col recepimento della EPBD, far tesoro degli errori commessi e guardare a modelli efficienti sviluppati anche fuori dal contesto italiano. Penso, per esempio a Energiesprong, un programma di deep retrofit a scala industriale, che permette di trasformare case obsolete ed energivore in abitazioni confortevoli e prestazionali, riducendo drasticamente i tempi dell’intervento. Tornando all’Europa, la transizione energetica sta facendo passi avanti, ma non abbastanza per raggiungere gli obiettivi fissati. Cosa occorre fare per accelerare? «C’è ancora un distacco tra le intenzioni dei policymaker, dell’industria, e la realtà sul campo. Il Report sulla competitività che ha presentato Mario Draghi a settembre ha evidenziato la mancanza di competitività dei settori industriali in Europa. È un giudizio condivisibile. Negli Stati Uniti, il governo Biden ha istituito l’Inflaction Reduction Act, per incentivare i progetti più sostenibili in tema di fonti rinnovabili, energy storage ed emobility, riscontrando un deciso successo. Abbiamo bisogno di anche in Europa di una iniziativa di questo livello. L’Europa paga, però, il fatto che il nostro continente sta invecchiando, e quindi significa anche meno spinta all’innovazione meno innovazione e una maggiore vulnerabilità nei prossimi anni, anche in termini di spese sanitarie e di welfare oltre che in termini di resilienza nei confronti del cambiamento climatico. Per questo occorre smettere di pensare in maniera separata a politica energetica e politica climatica. Bisogna fare in modo di renderle un tema connesso. L’Unione Europea sta ragionando da tempo su questo e la nomina di Teresa Ribera quale sarà vicepresidente della Commissione europea con delega alla transizione ecologica e alla concorrenza va in questa direzione. Unire i due temi è una scelta di grande interesse e prospettiva perché significa riflettere sulla competitività economica ed evidenziare anche la necessità di inclusività: nessuno deve essere lasciato da parte. Abbiamo bisogno di una visione integrata sul futuro, che unisca clima, energia inclusiva, competitività, innovazione, che faciliti un dialogo profondo tra politiche energetiche e politiche climatiche». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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