Conferenza Onu sugli oceani, passi avanti per la salvaguardia degli oceani: cosa è stato deciso

Finisce l’appuntamento delle Nazioni Unite dedicato ai mari, che quest’anno si è tenuto a Nizza. Novanta paesi si sono incontrati per discutere di come salvare gli oceani, con il Trattato sull’Alto Mare vicino all’entrata in vigore.

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Conferenza Onu sugli oceani, passi avanti per la salvaguardia degli oceani: cosa è stato deciso

La terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani si è tenuta a Nizza dal 9 al 13 giugno, alla presenza di circa 60 capi di Stato e di governo e con la grande assenza degli Stati Uniti. Una conferenza chiusa con la ratificazione del Trattato sull’Alto Mare, per la protezione della vita marina e la promessa di maggiori progressi nella lotta alla plastica e alla pesca illegale nei nostri mari.

Rispetto agli altri incontri ci sono stati dei notevoli passi avanti, che hanno dimostrato come la protezione dei mari dalle plastiche e la voglia di avere un male pulito sia al centro delle politiche ambientali dei governi mondiali.

La ratifica del Trattato sull’Alto Mare

L’obiettivo principale della conferenza era la ratifica del Trattato sull’Alto Mare da parte di 60 paesi affinché entrasse in vigore e questo è alla fine avvenuto.

L’accordo era stato firmato due anni fa per destinare il 30% dell’oceano ad aree protette; 51 paesi (50 + l’Ue) lo hanno ratificato entro venerdì, ma ne mancano altri 10 perché entri in vigore il documento che consente l’istituzione di aree protette in alto mare (oltre le 200 miglia marine dalla costa, ovvero 370 chilometri) e l’introduzione di misure di conservazione in luoghi minacciati dalla pesca eccessiva e dai rischi dell’estrazione mineraria. Tra le firme manca anche quella l’Italia.

Nonostante non si sia ancora raggiunta la soglia per renderlo efficace, prima della conferenza solo 27 dei 60 stati necessari per la sua entrata in vigore lo avevano ratificato.

Slow Food Italia ha espresso forte rammarico, evidenziando come la mancata adesione del nostro Paese rappresenti un passo indietro nella difesa dell’ecosistema marino.

La presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini, ha sottolineato l’urgenza di promuovere una pesca sostenibile, non distruttiva e rispettosa della biodiversità. Il fenomeno della sovrapesca, aggravato dalla pesca illegale e non regolamentata, colpisce anche il Mediterraneo e le coste italiane. Secondo un rapporto FAO, oltre un terzo degli stock ittici mondiali è sovrasfruttato, con un incremento annuo dell’1%.

Oltre al cibo, mari e oceani offrono servizi ecosistemici vitali, come la produzione di ossigeno, l’assorbimento di CO₂ e la regolazione del clima. Da qui l’importanza di adottare accordi globali vincolanti per limitare l’inquinamento da plastica e lo sfruttamento indiscriminato dei fondali marini

Cosa dice il Trattato

Nel dettaglio, il trattato riguarda la protezione della biodiversità marina nelle acque internazionali, pari a quasi due terzi dell’oceano (e circa la metà della superficie del pianeta). Acque dove appunto non ci sono regole e dove ogni paese poteva pescare in maniera indiscriminata. Il documento chiede di  proteggere il 30% degli oceani del mondo entro il 2030; in queste aree sarà possibile svolgere attività, ma solo “a condizione che siano coerenti con gli obiettivi di conservazione“, ovvero che non danneggino la vita marina.

Non solo, nel trattato sono presenti accordi per la condivisione delle risorse genetiche marine e misure di conservazione in luoghi minacciati dalla pesca eccessiva e dai rischi dell’estrazione mineraria (il cosiddetto deep sea mining). L’Unione Europea ha promesso 40 milioni di euro per sostenere la ratifica del trattato.

L’allarme della Francia sull’inquinamento da plastica

Oltre alla salvaguardia delle acque internazionali, al centro della conferenza c’è stata anche la plastica, con la “wake up call” della Francia per riunire i Paesi a sostegno di un trattato globale giuridicamente vincolante sull’inquinamento da plastica, volto a porre fine a una delle crisi più durature della civiltà moderna. L’appello lanciato a Nizza e raccolto da oltre 90 Paesi ribadisce l’ambizione di porre fine all’inquinamento da plastica è un gradito segnale di cooperazione globale, ma è ancora “il minimo indispensabile” per il Wwf.

“Un trattato adatto allo scopo deve andare oltre le vaghe aspirazioni e includere una serie di misure specifiche e vincolanti, tra cui la messa al bando globale delle plastiche e delle sostanze chimiche più dannose, mezzi per sostenerne l’attuazione e un meccanismo per rafforzarle nel tempo”, ha dichiarato Efraim Gomez, direttore globale per l’impatto delle politiche del Wwf.

Dal 5 al 14 agosto, i Paesi torneranno al tavolo dei negoziati per trovare un accordo su un trattato globale sull’inquinamento da plastica, dopo che nel dicembre scorso non si è riusciti a raggiungere la conclusione attesa.

L’Ue presenta l’European Ocean Pact

Proprio a conferma di voler sostenere la conservazione degli oceani, della scienza e della pesca sostenibile, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato l’European Ocean Pact, una piattaforma strategica e giuridica che mira a consolidare tutte le politiche marittime dell’Unione in un quadro coerente, coordinato e proiettato verso il 2030. Il nuovo patto è accompagnato da un finanziamento iniziale di 1 miliardo di euro destinato a supportare la conservazione degli oceani, la ricerca scientifica marina, le tecnologie blu e una pesca sostenibile entro il 2027. L’Ue punta a rafforzare la sovranità marittima, prevenire dumping ambientale e consolidare la cooperazione internazionale, monitorando i progressi tramite l’Ocean Pact Dashboard.

Tra i progetti ci sono quelli dalla promozione della pesca sostenibile in Tanzania alla rigenerazione delle foreste di mangrovie e delle loro filiere di approvvigionamento naturali in Guyana passando per la protezione dei coralli e delle praterie sottomarine che sostengono il 20% degli stock ittici globali.

Celebrati i 25 anni dell’Accordo Pelagos

Nei giorni di Nizza si sono anche festeggiati i 25 anni dell’Accordo Pelagos, iniziativa congiunta di Italia, Francia e Principato di Monaco per la tutela dei mammiferi marini nel Mediterraneo. L’evento ha riunito i rappresentanti delle tre parti contraenti.

“L’Accordo Pelagos è un modello di cooperazione sub-regionale che guarda al contesto globale – ha dichiarato il Sottosegretario all’Ambiente Claudio Barbaro –. Il coinvolgimento delle comunità locali, delle aree marine protette e dei cittadini è essenziale per costruire un futuro sostenibile per il Mediterraneo e i suoi ecosistemi. La presenza, qui a Nizza, di amministrazioni comunali attivamente impegnate nella promozione degli obiettivi di Pelagos è un segnale chiaro che stiamo andando nella giusta direzione”.

Gli altri impegni presi all’Unoc

All’Unoc sono stati assunti numerosi impegni in materia di Aree Marine Protette, con la Polinesia francese che ha svelato i piani per istituire la più grande AMP del mondo, con il 20% in stretta protezione, e il governo australiano che si è impegnato a dichiarare il 30% del suo oceano “altamente protetto” entro il 2030. Ci sono stati anche nuovi impegni e designazioni di Aree Marine Protette da parte di Samoa, Colombia, Tanzania, Sao Tomé e Principe e Isole Salomone, mentre la Grecia intende creare due nuovi parchi marini nazionali.

Non solo, anche l’impegno della Germania a contribuire con 9,95 milioni di euro al Blue Action Fund, il progetto per sostenere gli sforzi globali a favore della biodiversità marina. La Norvegia, infine, si è impegnata a destinare 2,1 milioni di dollari per combattere l’inquinamento marino in India.

Wwf, “vento in poppa” per la protezione degli oceani

Ci sono stati quindi dei passi avanti riguardo la salvaguardia degli oceani, anche se c’è ancora molto da fare. Anche il Wwf riconosce gli impegni dei paesi, anche se saranno necessari ulteriori finanziamenti sostanziali per raggiungere i 175 miliardi di dollari necessari ogni anno per raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 14 entro il 2030 e per sostenere soluzioni guidate dai Popoli Indigeni e dalle comunità locali che dipendono dall’oceano e sono custodi fondamentali della sua biodiversità.

L’Italia ha un ruolo strategico nel cuore del Mediterraneo, uno dei mari con la maggiore biodiversità al mondo ma anche tra i più minacciati – ha dichiarato Giulia Prato, responsabile del Programma Mare del Wwf Italia -. In un momento in cui la comunità internazionale sta accelerando l’attuazione degli impegni per la tutela degli oceani, non possiamo permetterci di restare indietro. È fondamentale che il nostro Paese si ponga all’altezza delle proprie responsabilità, contribuendo in modo concreto e ambizioso agli obiettivi globali di conservazione, a partire dal raggiungimento del 30% di Aree Marine Protette efficacemente gestite entro il 2030”.

Sebbene il clima generale della conferenza sia stato improntato all’ottimismo, non sono mancati momenti di frizione. I piccoli Stati insulari in via di sviluppo (SIDS) hanno sollevato la necessità di un linguaggio più incisivo in tema di perdite e danni legati ai cambiamenti climatici, sottolineando con fermezza che «non può esistere una dichiarazione sugli oceani senza il contributo dei SIDS».

Nel corso dei lavori, il presidente Chaves ha ribadito la richiesta di una moratoria sulle attività minerarie in acque profonde, in attesa che la comunità scientifica sia in grado di valutarne appieno i rischi ambientali — un punto, però, rimasto fuori dal testo conclusivo.

La dichiarazione politica approvata a Nizza, intitolata “Il nostro oceano, il nostro futuro: uniti per un’azione urgente”, conferma l’obiettivo di tutelare il 30% di mari e terre entro il 2030, in coerenza con l’Accordo di Kunming-Montreal sulla biodiversità e gli obiettivi climatici dell’IMO.

«La vera sfida – ha osservato Li – non è ciò che abbiamo affermato qui a Nizza, ma ciò che saremo in grado di realizzare dopo».

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