Come le città si adeguano all’aumento delle temperature: strategie urbane contro il caldo estremo

Di fronte all’innalzamento delle temperature e alle sempre più frequenti ondate di calore, le città stanno ripensando infrastrutture e materiali per garantire vivibilità urbana. Dall’introduzione del Chief Heat Officer a Miami, Atene e Freetown fino all’uso innovativo di materiali riflettenti e spazi ombreggiati, ecco come le metropoli stanno affrontando il cambiamento climatico.

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Come le città si adeguano all’aumento delle temperature: strategie urbane contro il caldo estremo

Il cambiamento climatico ha un volto concreto nelle città di tutto il mondo: si chiama isola di calore urbana. Un fenomeno che si manifesta quando strade, edifici e infrastrutture assorbono e rilasciano calore, innalzando drasticamente le temperature locali rispetto alle aree rurali circostanti. Le città stanno reagendo con interventi di progettazione climatica avanzata, materiali innovativi e definendo nuovi ruoli istituzionali con le competenze per rispondere all’emergenza clima.

Il ruolo del Chief Heat Officer, assessore del caldo

È il momento di un cambiamento strutturale e culturale nella gestione del calore urbano. Proprio per questo diverse città nel mondo hanno introdotto una nuova figura nella governance urbana: il Chief Heat Officer (CHO), incaricato di tradurre dati climatici e vulnerabilità sociali in azioni concrete, con l’obiettivo di migliorare la vivibilità delle città per tutti, soprattutto per le fasce più esposte: anziani, bambini, persone con patologie croniche, lavoratori esposti al sole.

Come combattere il surriscaldamento in città: nasce la figura del Chief Heat Officer, assessore del caldo

Il suo compito principale è integrare il rischio termico all’interno delle politiche urbane di lungo periodo – dalla pianificazione del verde alla rigenerazione dei quartieri – coordinando un vasto ecosistema di attori: enti pubblici, urbanisti, architetti, ONG, tecnici ambientali e comunità locali. Dotato di competenze trasversali, il CHO interviene in ambiti strategici: dall’urban design climatico all’analisi dei dati termici (heat maps), dalla salute pubblica alla comunicazione del rischio.

Di seguito, vediamo come questa figura si è concretizzata in alcune delle città più esposte al calore urbano nel mondo.

Nel 2021 la Contea di Miami-Dade County (USA) contando su un incentivo della Adrienne Arsht-Rockefeller Foundation Resilience Center, ha creato per la prima volta la posizione di Chief Heat Officer, affidata a Jane Gilbert che ha guidato iniziative come la realizzazione di “cool roofs” (tetti riflettenti), la creazione di mappe termiche interattive e l’installazione di sensori per monitorare i picchi di calore nei quartieri più vulnerabili.

Anche ad Atene è stata introdotta la figura del CHO ed Eleni Myrivili ha lavorato a stretto contatto con architetti e urbanisti per riorganizzare gli spazi pubblici, introducendo percorsi pedonali ombreggiati, tetti verdi e corridoi di ventilazione naturale tra edifici storici.

Eugenia Kargbo ha affrontato l’adattamento al calore a Freetown, città in rapida espansione in Sierra Leone, promuovendo la piantumazione urbana e sistemi di raccolta dell’acqua piovana per creare microclimi rinfrescanti nei mercati all’aperto.

Queste figure non operano da sole: coordinano enti locali, organizzazioni civiche, urbanisti e ricercatori per sviluppare un approccio integrato al rischio climatico urbano. È una rivoluzione nella governance metropolitana che si sta estendendo a molte città nel mondo tra cui Phoenix, Los Angeles, Melbourne, Dhaka, Monterrey e Santiago.
Al momento nessuna città italiana ha un Chief Heat Officer, ma il tema è all’attenzione di urbanisti e istituzioni, potenzialmente in preparazione per il futuro prossimo.

Materiali intelligenti e progettazione climatica: soluzioni concrete per città resilienti

Le strategie di adattamento non si limitano ai piani programmatici: prendono forma concreta nell’architettura urbana quotidiana, trasformando materiali, infrastrutture e spazi pubblici in strumenti attivi di raffrescamento e resilienza. L’urbanistica contemporanea sta integrando in modo sempre più strutturale principi di progettazione climatica, con un’attenzione particolare ai materiali intelligenti, capaci di riflettere la radiazione solare, regolare l’accumulo termico e favorire la ventilazione naturale. Ma l’innovazione non riguarda solo il “cosa” si costruisce: si estende anche al “come” si concepiscono gli spazi, privilegiando soluzioni che generano microclimi favorevoli, combattono le isole di calore e migliorano il comfort termico.

Materiali intelligenti e progettazione climatica: soluzioni concrete per città resilienti

Questi interventi si traducono in strade più fresche, edifici con involucro performante, pensiline ombreggianti, piazze alberate e tetti verdi: sistemi che, oltre a mitigare il calore, contribuiscono alla sostenibilità energetica, alla biodiversità e alla qualità dell’aria. I casi di successo in diverse città del mondo dimostrano che un’urbanistica resiliente è possibile – e auspicabile – anche in contesti climaticamente difficili.

Vediamo alcuni esempi concreti di come materiali innovativi e progettazione climatica stiano cambiando il volto delle metropoli più esposte al caldo.

Materiali che riflettono il calore

A Los Angeles, l’adozione dell’asfalto riflettente (Cool Pavement Technology) ha ridotto fino a 5°C la temperatura della superficie stradale. Allo stesso modo, tetti verniciati con rivestimenti riflettenti riducono la necessità di climatizzazione fino al 20%, contribuendo al risparmio energetico.

Infrastrutture verdi e ombra urbana

Melbourne ha sviluppato un programma di riforestazione urbana con l’obiettivo di aumentare la copertura arborea del 40% entro il 2040. In parallelo, progetti pilota come il “Green Your Laneway” stanno trasformando vicoli in corridoi verdi che migliorano il microclima locale.

Sostenibilità ambientale e urbana: Infrastrutture verdi e ombra in città

ForestaMi è un’iniziativa ambiziosa promossa dal Comune e dalla Città metropolitana di Milano, nata nel 2019 da una ricerca del Politecnico e ideata dall’architetto Stefano Boeri. L’obiettivo non è solo piantare alberi, ma creare una vera e propria infrastruttura verde metropolitana: entro il 2030 si prevedono 3 milioni di nuovi alberi e arbusti, pari a circa un albero per ogni abitante dell’area urbana.
Ad oggi, il progetto ha già visto la messa a dimora di oltre 600.000 alberi e arbusti su decine di siti metropolitani, coinvolgendo oltre 70 Comuni, cooperative sociali e cittadini attivi nelle piantumazioni collettive.

Progettazione termicamente efficiente

Nei nuovi quartieri di Phoenix, le normative edilizie richiedono l’uso di materiali ad alta riflettanza solare (SRI), facciate ventilate e ventilazione passiva. Inoltre, le fermate del bus sono progettate con pensiline a pannelli solari che offrono ombra e ricarica per dispositivi mobili. Questo progetto, lanciato nel 2022 con un finanziamento di 1,4 milioni di dollari, prevede la piantumazione di circa 200 alberi per miglio lungo le principali direttrici della città. L’obiettivo è creare percorsi sicuri e freschi per pedoni, ciclisti e utenti del trasporto pubblico, grazie a ombreggiature naturali, elementi di raffrescamento e ventilazione integrata.

Italia: esempi concreti di materiali intelligenti e progettazione climatica

Anche in Italia stiamo assistendo a sempre più interventi mirati a contrastare le cosiddette isole di calore urbane (UHI) attraverso materiali e design innovativi. Uno studio congiunto del CNR‑IBE e ISPRA ha misurato l’intensità delle isole di calore superficiali urbane (SUHI) in tutti i capoluoghi di regione italiani, utilizzando dati satellitari NASA e Copernicus nel periodo estivo 2013–2023. Lo studio, pubblicato su Remote Sensing Applications: Society and Environment, evidenzia che il fenomeno è diffuso su tutto il territorio nazionale, senza differenze geografiche marcate.

intensità delle isole di calore superficiali urbane (SUHI) in tutti i capoluoghi di regione italiani
Fonte CNR

Le città con topografia complessa e verde periferico (come L’Aquila, Genova, Torino, Trieste, Trento) mostrano maggiori contrasti termici tra centro e periferia. Al contrario, nelle città di pianura (Roma, Milano, Napoli, Firenze), le isole di calore risultano più contenute o, in alcuni casi, invertite.

Lo studio sottolinea l’importanza della copertura arborea urbana: un incremento del 5% della vegetazione può ridurre la temperatura superficiale media di oltre 0,5 °C. “Proprio in relazione a questo aspetto, i risultati raggiunti con questo studio possono fornire informazioni strategiche per pianificare interventi di mitigazione climatica mirati, in particolare nelle aree urbane più colpite dal riscaldamento locale o caratterizzate da forti anomalie termiche”, spiega Marco Morabito, ricercatore del Cnr-Ibe e coordinatore della ricerca.

A Roma, un progetto pilota del Dipartimento di Climatologia e Urbanistica dell’Università ha utilizzato modelli ENVI-met per testare soluzioni di pavimentazione “cool”, combinando materiali chiari (calcestruzzo a elevata albedo) e alberi (fino a 15 m d’altezza). Il risultato? Fino a 3 °C in meno di aria circostante e 50 % di riduzione in temperatura radiante.
Infine, l’esperienza di riqualificazione urbana – integrata con materiali riflettenti o permeabili per marciapiedi e pavimentazioni – è promossa anche da ISPRA e ARPAE, che individuano nel verde e nei “cool materials” leve fondamentali per mitigare il calore urbano e garantire benessere termico ai cittadini.

FAQ – Caldo estremo e adattamento urbano

Che cos’è un Chief Heat Officer (CHO) e perché è importante nelle città?

Il Chief Heat Officer è una figura istituzionale incaricata di coordinare azioni per proteggere le città dagli effetti delle ondate di calore. È un ruolo trasversale tra urbanistica, salute pubblica e clima, pensato per integrare il rischio termico nella pianificazione urbana e promuovere interventi concreti come tetti riflettenti, zone d’ombra, forestazione urbana e politiche pubbliche di mitigazione.

Quali sono i materiali “intelligenti” usati contro il caldo urbano?

I materiali intelligenti per il raffrescamento urbano includono:

Questi materiali riducono l’accumulo termico e migliorano il comfort nelle aree pedonali e residenziali.

Qual è il ruolo del verde urbano nella mitigazione del caldo?

Il verde urbano – alberi, tetti verdi, giardini verticali, microforeste – contribuisce ad abbassare le temperature tramite ombra e traspirazione, migliorare la qualità dell’aria e aumentare la resilienza climatica e sociale.

Progetti come ForestaMi a Milano o i “cool corridors” a Phoenix dimostrano come la natura in città sia un’infrastruttura essenziale per il futuro urbano sostenibile.

Esistono esempi concreti in Italia oltre ForestaMi?

Sì. Studi condotti a Roma, Torino, Venezia e Bologna evidenziano l’efficacia dell’integrazione di materiali riflettenti, pavimentazioni drenanti e vegetazione. Anche enti come ISPRA e ARPAE promuovono la progettazione climatica come strategia nazionale per adattare le città al caldo estremo.

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