Architettura sostenibile: dal biomattone agli nZEB si punti al comfort

Gianni Terenzi, architetto esperto in bioedilizia nZEB, ha concluso il primo cantiere laziale con biomattoni. Ecco la sua esperienza e visione dell’edilizia green

Architettura sostenibile: dal biomattone agli nZEB

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Il biomattone di calce e canapulo è una scelta ideale per gli edifici nZEB.

Lo hanno dimostrato Enea e Politecnico. Ma c’è chi lo ha sperimentato già da qualche anno, realizzando il primo cantiere in bioedilizia del Lazio, a Zagarolo (Roma) con questo materiale edile. Artefice di questo progetto è Gianni Terenzi, architetto e comunicatore appassionato dell’edilizia ecosostenibile. Oltre ad aver ideato e condotto per anni con la RAI vari programmi dedicati a questi temi, ha lanciato di recente un canale Youtube (Architetto Terenzi in Green) finalizzato a diffondere l’edilizia efficiente e sostenibile.

Gianni Terenzi, architetto e comunicatore appassionato dell’edilizia ecosostenibile

Architetto Terenzi, cosa emerge dall’esperienza laziale di applicazione del biomattone?

Partiamo dalle criticità di promuovere la bioedilizia. L’ostacolo più grande per l’impresa edile tipo è dover affrontare un cambio di paradigma rispetto alle metodologie classiche.

Perché si possa fare innovazione occorre contare su un committente “illuminato” oltre a un tecnico preparato e a un’impresa di esperienza. Nel caso di Zagarolo, le prime due componenti c’erano: l’impresa, invece, pur contando su una solida competenza nel settore, era ancora ancorata a una visione tradizionale.

In ogni caso ho voluto puntare sulla scelta del biomattone, di calce e scarti della canapa, reputandola ideale per le sue doti di facilità di posa oltre a essere visivamente comprensibile, in quanto confrontabile con un mattone classico. Ma le caratteristiche di questo prodotto green lo pongono su ben altro livello, soprattutto perché ha una massa termica talmente importante che non richiede altre soluzioni aggiuntive, rendendo più semplice e snella la costruzione e più rapidi i tempi, con un relativo risparmio di ore/uomo e di cantiere.

Per dimostrare al titolare che il biomattone non era una scelta visionaria, l’ho portato in un cantiere sperimentale. L’averlo visto e compresa la sua duttilità e le sue prestazioni si è convinto, anche percependo la piacevolezza – e la sensazione di salubrità – dell’ambiente interno. Il biomattone, oltre che esprimere eccellenti doti di isolamento termico e acustico, ha proprietà igrometriche tali da controllare al meglio, riducendola, l’umidità interna. Si percepisce immediatamente la migliore qualità dell’aria.

L’uso del biomattone implica particolari complessità nella posa?

Tutt’altro. È molto più agevole perché con le sue caratteristiche non richiede una stratificazione di isolante, di finitura esterna con altro materiale e di altri accorgimenti. Oltretutto è relativamente leggero e facilmente adattabile, tagliandolo, permettendo di adattarlo al meglio.

Non c’è discontinuità di materiale, che invece nei muri tradizionali è possibile e causa di ponti termici, il materiale di risulta può essere rilavorato in cantiere e utilizzato come intonaco. La novità più importante è proprio offerta dalla sua duttilità: questa sua caratteristica permette di non generare scarti.

Nella sua pluriennale esperienza all’estero per scoprire e far scoprire l’edilizia sostenibile, che percezione ha sul suo sviluppo a livello internazionale?

Sono stato all’estero fin dal 2005 per promuovere con la RAI una trasmissione che mostrava argomenti che in Italia erano davvero ai primordi. Un esempio: Klimahouse, la prima fiera che si è occupata di questi temi, è nata nel 2004. Quindi era davvero pionieristico parlare di bioedilizia, di architettura ecosostenibile, di un modo di costruire o di fare ristrutturazione green. Da qui la scelta di guardare altrove, all’estero, per scoprire i veri trend e fare informazione.

Sarebbe utile oggi una trasmissione su questi temi che invece vada a raccontare le esperienze italiane, i tecnici, i materiali, le certificazioni e le normative. Della serie “si può fare!”

L’Italia oggi a che punto è sull’argomento ecologico in edilizia?

Il nostro Paese è tuttora indietro su questi temi, malgrado ci siano esempi interessanti. È un vero peccato perché dovremmo solo riscoprire la nostra cultura costruttiva che vanta una storia millenaria: pensiamo, solo a livello di materiali edili, alla calce idraulica, alla pozzolana già in uso nell’antica Roma.

Purtroppo per anni li abbiamo trascurati. Ora ci approcciamo al cambiamento, ma il problema è una resistenza culturale. Da consulente tecnico per l’efficienza energetica per l’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia, so cosa significa: agli incontri organizzati spesso ci si ferma al puro argomento dei costi. Serve informare la committenza, l’utente finale, ma anche le imprese, dei pregi apportati. Quando parliamo di edilizia tradizionale, in Italia travisiamo il suo vero significato.

Non dobbiamo guardare, infatti, ai prodotti e ai metodi che puntano all’impiego dei combustibili fossili, ma alla vera e propria tradizione millenaria, che guardi ai materiali edili naturali, a Vitruvio e a una storia studiata, tramandata e tuttora fonte di ispirazione. Parliamo di qualità architettonica e di materiali che oggi insieme alla tecnologia possono davvero trasformare il modo di costruire. E non parlatemi di bioarchitettura, esiste solo la buona architettura o il tecnico che oltre al design cura realmente il vero benessere di chi abiterà gli spazi da lui pensati e progettati.

Da fondatore di Archinzeb, Associazione culturale di architetti italiani esperti in progettazione sostenibile e nZEB, a che punto siamo in Italia con gli edifici energia quasi zero?

Dai dati dell’Osservatorio dedicato, avviato da ENEA, si nota che la stragrande maggioranza degli near Zero Energy Building realizzati negli ultimi anni in Italia sia situato nel nord Italia. Regioni come Lombardia ed Emilia-Romagna hanno addirittura anticipato di qualche anno l’obbligo legislativo nazionale di costruire nZEB.

Spesso però ci si limita a ragionare su un’attenzione dell’energia unicamente legata alla produzione da fonti rinnovabili, primo di tutti dal fotovoltaico. Ma occorre intervenire sulla costruzione, facendo attenzione ai materiali utilizzati, alle loro prestazioni ma anche alla loro salubrità, alle loro caratteristiche basso emissive. Perché l’efficienza energetica è importante ma lo è altrettanto, e di più, il comfort e il benessere di chi gli ambienti residenziali o lavorativi li vive.

Tra le sue esperienze di architetto c’è anche un nido d’infanzia a Napoli 100% green. Che esperienza è stata?

È stato un episodio di successo grazie alla combinazione virtuosa di vari elementi, partendo da un committente importante, che mi ha permesso di trasformare un capitolato tradizionale in uno basato esclusivamente su scelte ecosostenibili. Non è stata una scelta snob, ma un atto di rispetto e di cura per i bimbi ospitati. Si è partiti da un principio: tutto quello cui sarebbero venuti a contatto i bambini doveva essere completamente controllato, certificato, completamente privo di solventi o di altri inquinanti.

Gianni Terenzi ha progettato un nido d'infanzia a Napoli 100% green

Gli stessi genitori hanno potuto apprezzare questa scelta, dopo aver visto il filmato attraverso cui abbiamo raccontato l’esperienza e le scelte fatte. Hanno prima percepito e poi compreso, così pure i bambini. Il grande successo, testimoniato anche alla grande affluenza comprova la bontà delle idee messe in atto. Ricordo ancora con piacere le parole del coordinatore dello stabile, che ha parlato della sensazione che immediatamente si coglieva: di calore accogliente, di benessere, di serenità che riusciva a trasmettere a tutti gli ospiti.

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