Fotovoltaico in cava: una soluzione vantaggiosa per l’economia e per l’ambiente

I sistemi di fotovoltaico in cava sono una soluzione ottimale di produzione dell’energia, con evidenti ricadute positive sia sul piano economico che ambientale: riqualificazione territoriale, compensazione ambientale, risposte alle problematiche più urgenti della crisi in atto, come quelle energetiche o il fenomeno della siccità. Alcuni studi confluiti in un webinar a Samoter ne evidenziano le potenzialità e le novità in materia normativa: la rete ha preso consapevolezza e la burocrazia si adegua semplificando procedure e accorciando tempistiche

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Fotovoltaico in cava: una soluzione vantaggiosa per l’economia e per l’ambiente

Che cos’è il fotovoltaico in cava e quali vantaggi presenta

Tra le numerose risposte alla crisi energetica e gli strumenti che si possono mettere in campo, uno dei più validi, seppur talvolta sottovalutato e “paventato” per la burocrazia che ci si aspetta possa richiedere è il fotovoltaico in cava, ovvero un sistema per la produzione di energia da pannelli fotovoltaici installati in cave dismesse attraverso strutture galleggianti.

Il fotovoltaico in cava rappresenta un’ottima risorsa nell’ambito della transizione ecologica, come ha spiegato Ilaria D’Amico di Anie Rinnovabili nel webinar nell’ambito di Samoter “Il fotovoltaico in cava: aspetti normativi, opportunità di investimento e case history”, perché: in primis produce energia rinnovabile, contribuendo al raggiungimento degli obiettivi energetici comunitari senza l’utilizzo di ulteriore suolo; “eleva” il settore estrattivo conferendogli una funzione etica (New Green Deal per il settore estrattivo); avvia sul territorio la progettazione di aree “rinaturizzate” (opere di compensazione e mitigazione del progetto fotovoltaico) e quindi apre al recupero di aree ambientali fortemente antropizzate.

Oltre a questo, come ha spiegato Claudio Bassanetti, presidente Anepla (Associazione Nazionale Estrattori e Produttori Lapidei ed Affini, apre alla possibilità di creare gruppi di acquisto di energia che si approvvigionano direttamente da fornitori sul territorio e in un contesto di riutilizzo dello spazio, perché appunto non si va ad adoperare nuovo suolo ma si recupera un’area dismessa (e fortemente antropizzata) e inutilizzabile altrimenti.

Inoltre questi progetti permettono di costruire reti vantaggiose tra diversi attori in campo: Anepla che mette a disposizione aree estrattive dismesse, Anie (Federazione Nazionale Imprese Elettroniche ed Elettrotecniche di Confindustria) che consiglia sul tipo di impianti più idonei, Coldiretti, per il tipo di coltivazioni (come la lavanda, per esempio) e alcune cooperative sociali che in questi contesti possono impiegare i propri utenti disabili favorendone l’inclusione. Gli interventi di fotovoltaico in cava, infatti, riportano il contesto ad una situazione originaria (pre-sfruttamento), andando a risanare l’aspetto naturalistico attraverso una serie di interventi mirati.

Fotovoltaico in cava, tipologie

La Regione Emilia Romagna ha individuato con una delibera quattro tipologie di contesti, come spiega Ilaria D’Amico (Anie Rinnovabili): aree di cava a destinazione finale ambientale (o agrovegetazionale); aree di cava a destinazione finale agricola; aree di cava a destinazione invaso (o bacino); aree di cava abbandonate e non sistemate.

Fotovoltaico in cava, tipologie

Nelle aree di cava a destinazione finale agricola si può progettare anche una nuova modalità di impianto, l’agrivoltaico, ovvero un sistema integrato per la produzione di energia e il mantenimento dell’esercizio dell’attività agricola o pastorale, un sistema possibile grazie all’adozione di soluzioni che preservino la continuità delle attività di coltivazione sui terreni dove saranno installati i pannelli fotovoltaici.
Gli impianti idonei a questa modalità si possono classificare in due tipologie: sistemi interfilari dove i pannelli sono installati in filari all’interno dei quali possono circolare i veicoli agricoli; oppure con strutture elevate dal suolo dove la coltivazione avviene anche al di sotto dei pannelli.
La scelta della realtà più idonea è subordinata alle caratteristiche del territorio e anche alle colture praticate.

Per quanto riguarda i bacini, invece, la soluzione in questi contesti è rappresentata dagli impianti flottanti (galleggianti su una superficie di acqua).

Fotovoltaico in cava: impianto da 100 kW realizzato su un bacino idroelettrico in provincia di Trento da Hydrosolar per conto di Hydro Dolomiti Energia
Impianto da 100 kW realizzato su un bacino idroelettrico (il primo in Italia) in provincia di Trento da Hydrosolar per conto di Hydro Dolomiti Energia.

Infine le aree di cava abbandonate e non sistemate se utilizzate come siti per la produzione di energie rinnovabili acquisiscono nuovamente una propria dignità. I vantaggi e le ricadute positive per questi contesti (tutti quelli individuati) sono molteplici, sia a livello naturalistico che economico: formazione di nuovi habitat ed ecosistemi per specie animali, quindi ripopolazione faunistica dei siti; compensazione ambientale in quanto si determina la protezione del suolo e la regimentazione delle acque piovane; riduzione dei fenomeni evaporativi soprattutto in ambito flottante.

Fasi di sviluppo

  • Acquisizione dell’area su cui progettare, attraverso compravendita o diritto di superficie.
  • Autorizzazione alla costruzione dell’impianto fotovoltaico (iter amministrativo con preventivo di connessione del distributore e permesso di costruire.
  • Realizzazione dell’impianto e messa in funzione.
  • Chiusura dell’impianto e ripristino delle aree.

I sistemi flottanti

Perché si va sull’acqua? Lo ha spiegato Maarten Van Cleef, responsabile di Ciel et Terre in Italia.

In primis perché a terra i pannelli occupano molto spazio e vengono orientati in posizione inclinata (25°/30° verso sud) per ottimizzare la resa energetica. Sull’acqua i parametri sono diversi, la prima cosa da garantire è l’ancoraggio che deve essere sicuro per 30 anni, per questo l’inclinazione dei pannelli è di massimo 12° (tra 5° e 12°).

Inoltre bisogna lavorare sull’aspetto estetico degli impianti perché spesso i siti hanno vincoli paesaggistici. Se si sceglie l’acqua, poi, si risparmia il terreno agricolo, prezioso per altre funzioni. Grazie alla bassa inclinazione, su un ettaro di acqua si riesce ad installare un MW e mezzo, molto più alto rispetto allo stesso impianto a terra. L’installazione è molto veloce così come la rimozione.

Un altro vantaggio è che i moduli sono raffrescati direttamente dall’acqua su cui poggiano e la resa è un po’ più alta. Gli aspetti più complicati sono la progettazione di un adeguato sistema di ancoraggio ed essendo l’inclinazione bassa non si riesce a produrre la stessa energia di un impianto a terra con inclinazione di 25°. Anche i costi di produzione risultano ad oggi più alti rispetto ai sistemi a terra.

Fotovoltaico in cava: impianto da 1 MW realizzato da Hydrosolar presso la cava Iner Rivolta Srl di Ferrera Erbognone (PV), società del Gruppo Gavio.
Impianto fotovoltaico da 1 MW realizzato da Hydrosolar presso la cava Inerti Rivolta Srl di Ferrera Erbognone (PV), società del Gruppo Gavio.

Fotovoltaico in cava, normativa

A cura dell’avvocato Cristina Martorana, partner di Legance ()

Definizione

Ai sensi dell’articolo 20 del d.lgs. 8 novembre 2021, n. 199, come modificato, rientrano nelle aree idonee – inter alia – “le cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale”.
Area idonea significa che la procedura autorizzativa può seguire un percorso fast track (tempi autorizzativi ridotti di 1/3) e il parere della Soprintendenza, se sull’area sussistono vincoli, è obbligatorio ma non vincolante per l’ente che deve rilasciare il titolo autorizzativo. In assenza di una definizione di legge di cava “abbandonata/non recuperata” riteniamo che, in ottica prudenziale, per considerare una cava come “abbandonata” è necessario che il proprietario comunichi la cessazione/l’abbandono della coltivazione all’autorità competente e ottenga da questa una conferma che attesti la cessazione della coltivazione/l’abbandono della cava. Dal momento in cui viene ottenuta tale dichiarazione, l’area potrebbe ragionevolmente rientrare nella categoria di “cave e miniere abbandonate”, e, dunque, essere considerata area idonea ai sensi del DL Energia. Meno probabile – anche se non del tutto esclusa – appare invece la possibilità che la cava possa essere considerata come area idonea (perché rientrante nella categoria di “cave e miniere abbandonate”) anche in assenza di un’espressa dichiarazione da parte dell’autorità.

Iter aurotizzativo a livello nazionale

Prima dell’introduzione del decreto legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito in legge 21 aprile 2023, n. 41 (il “DL 13/2023”), potevano essere autorizzati in PAS anche gli impianti fotovoltaici di potenza fino a 20 MW localizzati in aree a destinazione industriale, produttiva e commerciale nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento per i quali l’autorità avesse attestato l’avvenuto completamento delle attività di recupero e di ripristino ambientale previste nel titolo autorizzativo connessi in media o alta tensione. Oggi l’installazione di tali impianti – sempreché sussistano i presupposti di cui all’art. 22-bis del D.Lgs. 199/2021 – è considerata attività di manutenzione ordinaria e non è subordinata all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti di assenso comunque denominati. Diversamente, nel caso in cui non sussistano i presupposti richiesti dalla norma, gli impianti fotovoltaici di potenza superiore a 10 MW saranno soggetti al procedimento di autorizzazione unica.

  • Inoltre oggi i limiti relativi alla procedura di screening e di VIA per gli impianti fotovoltaici sono aumentati rispettivamente a 10 MW e 20 MW purché:
    (a) l’impianto si trovi nelle Aree Idonee;
  • (b) l’impianto sia ubicato nelle zone e nelle aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale, nonché in discariche o lotti di discarica chiusi e ripristinati ovvero in cave o lotti o porzioni di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento (cfr. Art. 22-bis del D.Lgs. 199/2021);
  • (c) fuori dei casi di cui alle lettere a) e b), l’impianto non sia situato all’interno di aree comprese tra quelle specificamente elencate e individuate ai sensi della lettera (f) dell’allegato 3 annesso al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010.

Diversamente, occorrerà esperire le relative procedure di valutazione ambientale nonché acquisire eventuali atti di assenso da parte delle amministrazioni coinvolte nella tutela paesaggistica, in caso di vincoli ai sensi del Codice dei Beni Culturali. Al riguardo, si segnala che l’art. 22 del D.lgs. 199/2021 prevede che laddove l’impianto ricada in aree idonee nei procedimenti di autorizzazione, ivi inclusi quelli per l’adozione del provvedimento di valutazione di impatto ambientale, l’autorità competente in materia paesaggistica si esprime con parere obbligatorio non vincolante.

Quadro regionale

Prima di realizzare un impianto su cava occorre valutare le disposizioni a livello di normazione regionale eventualmente emanate. Alcune Regioni hanno adottato normative di favore per la realizzazione di impianti fotovoltaici su cava che denotano anche un particolare favor rispetto all’utilizzo della configurazione agro-voltaica nel territorio agricolo. Inoltre alcune limitazioni valevoli per impianti su aree agricole dai piani urbanistici territoriali non valgono per le cave.

Incentivi

In relazione alla possibilità di beneficiare di incentivi, è necessario in primo luogo verificare la destinazione urbanistica dell’area in cui verrà collocato l’impianto, per appurare che questo non si trovi in area agricola (il fatto che sia destinata a cava non esclude che l’area possa aver conservato la destinazione agricola).
Infatti, l’articolo 65, comma 1, del D.L 1/2012 (“DL Liberalizzazioni”) pone alcuni limiti all’accesso agli incentivi del Decreto Romani per gli impianti solari fotovoltaici situati in aree agricole, anche se nei commi da 1-bis a 1-octies prevede una serie di deroghe a questa preclusione. Più nello specifico, in relazione alle cave, il comma 1-ter dell’articolo 65, introdotto dal decreto- legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108 (cd. “DL Semplificazioni”) prevede che siano ammessi agli incentivi gli impianti situati in cave o lotti di cave non suscettibili di ulteriore sfruttamento, per le quali l’autorità competente al rilascio dell’autorizzazione abbia attestato l’avvenuto completamento delle attività di recupero e ripristino ambientale previste nel titolo autorizzatorio, nel rispetto delle norme regionali vigenti. Rileviamo, per completezza, che sarebbe preferibile che l’attestazione dell’autorità indichi espressamente che la cava non è suscettibile di ulteriore sfruttamento.

Inoltre, ai fini della realizzazione dell’impianto, è necessario che il piano di ripristino della cava sia aggiornato con la previsione dell’installazione dell’impianto medesimo: se l’impianto è autorizzato con AU (Autorizzazione Unica N.d.r.) la revisione del piano di ripristino può avvenire in sede di autorizzazione del FV; altrimenti occorre una procedura distinta.

Solar Farm utilizza modelli di Sun Floating per la realizzazione di progetti di fotovoltaico in cava
Solar Farm utilizza modelli di Sun Floating per la realizzazione di progetti di fotovoltaico in cava, come il pontone galleggiante realizzato con materie prime di HDPE, resistente ai raggi ultravioletti.

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