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Indice degli argomenti: Fotovoltaico galleggiante in Italia: i tre progetti in Romagna Altri progetti: dal Trentino alla Sardegna Avanza il fotovoltaico galleggiante in Italia. Siamo agli inizi, ma intanto non mancano notizie riguardanti nuovi impianti. Da segnalare nel giro di pochi mesi, tre futuri impianti fotovoltaici galleggianti in Emilia Romagna, il progetto attuato in provincia di Trento da Dolomiti Energia e un altro in Sardegna, su cui sarebbero in corso indagini preliminari di fattibilità. Fotovoltaico galleggiante in Italia: i tre progetti in Romagna Saranno installati in Emilia Romagna, nelle vicinanze di Imola, sul territorio della città metropolitana di Bologna, tre nuovi impianti fotovoltaici galleggianti in altrettanti bacini irrigui. Il primo impianto sarà installato nel nuovo specchio d’acqua realizzato poco fuori dalla cittadina imolese; un secondo nei pressi della frazione Pieve Sant’Andrea; il terzo nel comune di Casalfiumanese. A realizzarli sarà l’azienda Bryo. Ha presentato i progetti alla scorsa edizione di Ecomondo e intende sviluppare progetti nel settore fotovoltaico attraverso impianti in copertura, a terra e su bacini galleggianti. I tre progetti, che saranno avviati con ogni probabilità nel 2023, sono gestiti attraverso tre consorzi che raggruppano oltre 120 imprese agricole. Si tratta di impianti di fotovoltaico flottante in autoconsumo, progettati per una possibile espansione successiva. Come spiega Bryo, i tre impianti potranno garantire una potenza tra i 50 e i 100 kWp per impianto, con una produzione annua stimata tra i 55mila kWh e i 110mila kWh. Davide Gavanelli, Ceo di Bryo spiega che “con i pannelli fotovoltaici galleggianti si produce l’energia che poi sarà utilizzata in autoconsumo per alimentare le pompe di movimentazione delle acque per l’irrigazione. Si tratta di pannelli di nuova generazione prodotti da un’azienda imolese specializzata nel settore, la NRG Energia”. «In una prima fase lo scopo è di soddisfare il fabbisogno energetico degli impianti di sollevamento, successivamente si valuterà di costituire una o più CER, dopo il recepimento dei decreti attuativi rimanenti, compatibilmente con le cabine primarie presenti». Secondo l’azienda, la struttura galleggiante che ospiterà l’impianto sarà italiana, altamente performante, leggera e resistente. La stessa ha già esperienza in materia di fotovoltaico galleggiante in Italia: nel 2012 ha realizzato un impianto galleggiante sempre in provincia di Bologna, nella frazione di Bubano di Mordano. L’impianto è costituito da cinque isole galleggianti della potenza di circa 100 kWp ciascuna, per un totale di 496,8 kWp su una superficie complessiva. Altri progetti: dal Trentino alla Sardegna Anche se ancora pochi, i progetti di fotovoltaico galleggiante in Italia trovano spazio, a partire dall’impianto ibrido offshore di Taranto. In termini, invece di impianti realizzati va segnalato quello avviato la scorsa estate in provincia di Trento dal Gruppo Dolomiti Energia. Si tratta di un fotovoltaico flottante, installato nel bacino idroelettrico di Dampone. Pur sperimentale, viene presentato dallo stesso gruppo energetico, come il primo in Italia a essere realizzato sulle acque di un bacino idroelettrico. L’impianto ha una potenza di picco di 98,2 kW e una produzione stimata di 114 MWh. In Sardegna, invece, sono in corso specifiche indagini preliminari nel porto industriale di Porto Torres (Sassari) per verificare la fattibilità di un parco fotovoltaico galleggiante. Ne dà notizia l’Unione Sarda, segnalando che il progetto appartiene a Ep Produzione, che già gestisce la centrale termoelettrica di Fiume Santo. La società si è avvalsa di un’impresa specializzata per avviare il monitoraggio dei fondali marini. 9/12/2022 Il fotovoltaico galleggiante, prospettive in crescita per il mercato Cresce l’attenzione delle imprese nei confronti della produzione di energia elettrica rinnovabile da impianti in acqua. Mentre in Italia si fatica ancora sul fronte delle autorizzazioni, all’estero si costruiscono soluzioni anche di grande potenza. Il decreto Aiuti del maggio scorso ha semplificato le procedure, ma non tutti sono soddisfatti. Parlano gli operatori a cura di Pietro Mezzi Prototipo del pannello fotovoltaico flottante di Hydrosolar (credits, Hydrosolar) Indice degli argomenti: I vantaggi del floating La situazione in Europa e nel mondo Il mercato: parlano gli operatori L’evoluzione tecnologica Il fotovoltaico galleggiante in cava Le novità normative La crisi energetica che da mesi affligge l’Europa ha evidenziato l’urgenza di ridurre la dipendenza da Paesi stranieri e rendersi autonoma sul piano energetico. In aggiunta a ciò, la crisi climatica che stiamo vivendo dovrebbe spingere il nostro Paese a liberarsi in fretta dall’uso delle fonti fossili per puntare con decisione a quelle rinnovabili. Una soluzione, quest’ultima, che ci aiuterebbe anche a evitare le manovre speculative sul prezzo del gas, a contenere i costi dell’energia e del caro bollette e infine l’inflazione galoppante. Una via d’uscita, in un Paese normale, sarebbe rappresentata dall’utilizzo ampio delle energie rinnovabili. Tra queste, un ruolo preminente dovrebbe essere affidato al fotovoltaico elettrico, considerate le potenzialità di questa fonte, ormai matura sia a livello tecnologico che di mercato. Ma in Italia, Paese del sole per eccellenza, pare però non essere così. Nonostante questa anomalia tutta nazionale, le aziende del settore proseguono sul cammino dello sviluppo tecnologico e cercano nuovi sbocchi di mercato. Tra questi ultimi è interessante l’impiego del fotovoltaico galleggiante o flottante, vale a dire la produzione di energia elettrica da fotovoltaico che si ottiene da impianti collocati non sui tetti o nei campi, ma sull’acqua: laghi di montagna, specchi d’acqua di aree di cava o di grandi invasi, come le dighe. I vantaggi del floating In generale – sostengono gli operatori del settore – i vantaggi derivanti dall’impiego del fotovoltaico flottante, rispetto al fotovoltaico a terra o in copertura, si possono riassumere in una maggior resa, nel contenimento dell’evaporazione, nei ridotti tempi di installazione, nei minori costi di manutenzione, nella maggior garanzia rispetto agli atti vandalici e nella minore sollecitazione meccanica delle strutture. Prototipo del pannello fotovoltaico flottante di Hydrosolar (credits, Hydrosolar) Per quanto riguarda la resa energetica – sempre secondo i produttori – va ricordato che l’efficienza di un modulo fotovoltaico raggiunge il suo picco quando la temperatura delle celle è di 25° centigradi: un impianto galleggiante garantisce il mantenimento di queste temperature anche durante i mesi più caldi, quando l’efficienza cala drasticamente. La produzione annua di energia pertanto aumenta di oltre il 10% rispetto a un impianto a terra installato nelle medesime condizioni. In altri termini, un impianto flottante installato in pianura Padana garantisce una resa pari a quella di uno posato a terra in Centro Italia. La situazione in Europa e nel mondo Ma oltre confine, qual è la situazione del fotovoltaico galleggiante? In Olanda, nelle acque della riserva naturale di Andijk nel nord est del Paese, la tedesca BayWa, azienda costruttrice di componenti per pannelli fotovoltaici e una delle aziende leader a livello mondiale, ha realizzato il più grande impianto europeo grazie ai suoi 27 MW e alla tecnologia a doppia campata. L’impianto è formato da 15 isole, di circa 140 metri di diametro, equipaggiate con oltre 73mila moduli che formano un arcipelago fotovoltaico galleggiante: ogni isola può modificare il proprio orientamento e la propria inclinazione per sfruttare al meglio l’irraggiamento solare; in questo modo l’azienda olandese garantisce un incremento del 30% delle prestazioni rispetto a un impianto di tipo statico. Impianto di Ciel et Terre a Vattenfal in Olanda (credits, Ciel et Terre) Impianti galleggianti sono presenti un po’ in tutto il mondo e su questa tecnologia si sta investendo a tutte le latitudini: Cina, Giappone, India, Corea del Sud, Regno Unito. Sempre in Olanda, ad Emmen, è stato realizzato il progetto per costruire il parco fotovoltaico flottante che, con i suoi 48 MW di potenza, supererà quello di Andijk. Impianto di Ciel et Terre a Piolenc in Francia inaugurato nel 2019 su una ex cava; 17 MW di potenza, 47.000 moduli su una superficie di 17 ettari (credits, Ciel et Terre) Un altro impianto di grandi dimensioni è quella funzionante nella provincia orientale di Anhui, in Cina: su un lago artificiale, ricavato da un ex miniera, si sviluppa su 12 isole con una potenza complessiva di 70 MW, che offre energia elettrica a 20mila famiglie della zona. Un record, quello cinese, da poco sfiorato da un altro mega impianto realizzato a Hapcheon in Corea del Sud: 92mila pannelli a forma di fiore capaci di generare 41,5 megawatt e dare energia a 60mila persone. Il mercato: parlano gli operatori In tema di floating in Italia siamo agli inizi: il 2022 è stato l’anno dell’avvio dei primi impianti fotovoltaici flottanti, alcuni di questi in cave dismesse. Prototipo dell’impianto Hydrosolar in Val di Non (credits, Hydrosolar) “Nel nostro Paese gli impianti extra-cava funzionanti – afferma Silvano Pinter, ceo di Hydrosolar, azienda trentina che da anni opera nel settore delle rinnovabili – si contano sulle dita di una sola mano. Se ne parla, ma le realizzazioni tardano ad arrivare. A differenza dei Paesi asiatici, in Italia e in Europa il flottante rappresenta una tecnologia relativamente nuova. Fino a qualche anno fa, a causa del mercato drogato dai vari conti energia, nessuno dava molto credito a questa tecnologia – continua Pinter -. Accantonato quel provvedimento, abbiamo ripreso la nostra idea originaria e nel 2019 l’abbiamo presentata a Rimini a Ecomondo. Si tratta di un impianto di nostra proprietà, con soluzione a doppia campata, dal quale è derivata la soluzione a campata singola con inclinazioni adattabili alle varie latitudini. A Sella Giudicarie, comune in provincia di Trento, per conto di Dolomiti Energia Holding, abbiamo da poco realizzato il primo impianto fotovoltaico galleggiante su bacino idroelettrico in Italia. É un impianto di 100 Kw, non grande, ma interessante. Render dell’impianto di Hydrosolar per conto di Dolomiti Energia in provincia di Trento (credits, Hydrosolar) A Ferrera Erbognone, in provincia di Pavia, in un ambito di cava, stiamo invece costruendo un altro impianto di 1 Mw di potenza. In provincia di Milano abbiamo ordini per 500 Kw, sempre in ambiti di cava. In provincia di Rovigo, con un impianto di tipo misto, arriveremo presto all’operatività con 4,9 Mw di flottante. Infine, stanno venendo a maturazione una serie di autorizzazioni avviate mesi fa. Insomma, nell’ultimo anno, le cose si sono mosse. I problemi non mancano e riguardano la lentezza delle procedure, anche se la semplificazione normativa intervenuta ci ha agevolati”. Il ceo di Hydrosolar vede insomma un futuro roseo. “All’ultima edizione di Ecomondo – afferma Pinter – abbiamo potuto verificare il forte interesse delle multiutilities. Due o tre anni fa, le stesse aziende stavano a guardare, oggi invece dimostrano attenzione a questa tecnologia. Ci aspetta un mercato molto promettente”. Ma permane ancora un problema tecnologico. “La questione tecnica più delicata riguarda gli ancoraggi dell’impianto flottante. Ancoraggi che variano in funzione del sito, dell’esposizione e della tipologia di invaso. Ogni installazione necessita quindi di una progettazione ad hoc, che siamo in grado di affrontare”. L’evoluzione tecnologica Altra presenza sul mercato nazionale e internazionale è quella di SentNet, dinamica società di Gualdo Cattaneo in provincia di Perugia, che si presenta sui mercati con due novità dal punto di vista tecnologico: una struttura di sostegno in metallo che garantisce l’inaffondabilità e la tecnologia fotovoltaica con pannelli bifacciali per massimizzare la resa energetica. Il prototipo Skywat di SentNet (credits, SentNet) “Sul fotovoltaico flottante in cava abbiamo iniziato a lavorare da qualche anno – afferma Alessandro Sartarelli, general manager della società -. Su questo fronte ci misuriamo con due scenari di mercato differenti. Quello internazionale è sicuramente più sviluppato, specie nelle aree asiatiche, e in particolare per impianti da collocare in grandi bacini idrici, idroelettrici in particolare. Le aree più ricettive sono Cina e Sud America. In Italia invece siamo agli albori. Il fotovoltaico galleggiante è diventato interessante grazie agli incentivi, mentre all’estero l’elemento trainante è la grande dimensione. Qui da noi, l’ostacolo principale è rappresentato dalle autorizzazioni. Anche se la semplificazione normativa intervenuta a livello nazionale ha rappresentato un passo avanti. Nonostante questo, l’iter rimane ancora troppo lungo. Più o meno, tra la manifestazione di interesse e l’avvio dei lavori, spesso trascorre più di un anno. Anche per questo motivo preferiamo lavorare a impianti su specchi d’acqua di bacini idroelettrici, già connessi alla rete elettrica e che hanno già risolto problemi di impatto ambientale. Anche se la nostra tecnologia, avendo inclinazione ridotta dei pannelli, ha un impatto decisamente contenuto”. Skywat è un pannello fotovoltaico bifacciale a due campate (credits, SentNet) Sartarelli indica poi le iniziative che la sua azienda ha in corso. “Abbiamo commesse in Piemonte, Sicilia, dove lavoriamo sui canali di irrigazione, Emilia e in Abruzzo. I primi impianti entreranno in funzione nel primo semestre del prossimo anno”. Sul fronte tecnologico Sartarelli anticipa un’innovazione di prodotto. “Stiamo ultimando l’implementazione di un sistema robotizzato per la pulizia in continuo di pannelli fotovoltaici. Un progetto originale, che credo possa interessare gli operatori di mercato”. Il fotovoltaico galleggiante in cava Un paio di anni fa, l’associazione nazionale dei produttori ed estrattori di lapidei e affini, l’Anepla, ha aperto un confronto tra i propri associati e gli operatori del settore del fotovoltaico in acqua per capire se e come è possibile sfruttare le aree di cava, sia dismesse che attive, con impianti fotovoltaici galleggianti. Ma quale potrebbe essere la motivazione di fondo che spinge le imprese estrattive a guardare con attenzione allo sviluppo del fotovoltaico flottante? La risposta parte da lontano, dalla storia geologica di alcune aree del nostro Paese e dai depositi alluvionali saturi d’acqua della Pianura Padana in particolare: in queste aree, quando si inizia a scavare, si trovano subito depositi saturi d’acqua. Una volta conclusa l’attività estrattiva, può iniziare il recupero ambientale e l’avvio di nuove funzioni e attività. Tra queste anche la produzione di energia. E in effetti le cave si stanno pian piano trasformando in siti multifunzionali e green. Una mano all’apertura di questa nuova frontiera, dove escavazione e produzione di energia vanno a braccetto, è stata offerta dalle novità introdotte dalla legge sulla “semplificazione” degli scorsi anni, grazie alla quale è oggi possibile installare nelle cave dotate di uno specchio d’acqua impianti di produzione di energia fotovoltaica rinnovabile. Perché in acqua? Perché non si consuma terreno fertile, si produce energia carbon free, si offre un’opportunità di produrre e risparmiare energia alle imprese estrattive. Non è un’opportunità applicabile dappertutto, ovvio. Non certo nelle cave di marmo, ma in tutto il territorio della pianura Padana sicuramente sì: si calcola che in Lombardia le cave in acqua rappresentino il 50% di quelle attive. Siamo di fronte quindi a una nuova attività, che vede protagoniste le società che operano nel settore energetico e che intravvedono nuovi mercati. Le novità normative Le ultime novità risalgono al 12 maggio scorso, quando in Gazzetta è stato ripubblicato il testo del decreto Aiuti del 1° marzo 2022, che ha introdotto la possibilità di installare impianti fotovoltaici anche nelle porzioni di cava, con una procedura semplificata. Le tre modifiche, introdotte anche sulla spinta delle associazioni di categoria del settore, fanno infatti riferimento proprio alle porzioni di cava. La prima modifica normativa ha riguardato l’articolo 6, comma 9 bis, del decreto legislativo 28 del 3 marzo 2011, con l’aggiunta alle parole “cave o lotti” la locuzione “o porzioni”. In sostanza, viene prescritta la procedura abilitativa semplificata (la Pas) per la costruzione di impianti fotovoltaici fino a 20 Mw anche per le porzioni di cava. Rimane la condizione che le stesse non siano più utilizzabili a fini estrattivi. La seconda invece si è concentrata sul decreto legislativo 199/2021 (articolo 20, comma 8, lettera c) e riguarda quelle cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate in condizioni di degrado ambientale. Il decreto legislativo 199 le considerava come aree idonee all’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. La nuova norma ha esteso questa possibilità anche alle porzioni di cava. La terza, infine, si è concentrata sull’articolo 9ter, comma1, del decreto legge 17/2022, inserendo anche la dicitura “in esercizio”. In pratica, la norma ora prevede anche per le cave in esercizio, e non solo per quelle dismesse, l’applicazione della procedura abilitativa semplificata per l’installazione di impianti fotovoltaici sino a 10 Mw collocati in modalità flottante sullo specchio d’acqua di invasi e di bacini idrici. Le valutazioni di Anepla Una valutazione, rispetto alla definizione finale della norma, arriva da Anepla, l’associazione nazionale estrattori di materiali lapidei, che per bocca del suo direttore, Francesco Castagna, esprime rammarico per la mancata semplificazione procedurale anche per gli impianti fotovoltaici flottanti di 20 Mw di potenza. “Abbiamo espresso un apprezzamento generale riguardo la nuova norma. Però va ricordato che la semplificazione normativa è scattata per gli impianti da realizzare nelle cave a secco, non per quelle in acqua. Penso che sia dipeso da una mancanza, negli ambienti ministeriali, di una consapevolezza circa le differenze tra specchi d’acqua di cava e di bacino idroelettrico: le installazioni in questi ultimi contesti possono sì determinare problemi di impatto paesaggistico. Quelle in cava direi proprio di no”. E allora come si potrebbe sanare la situazione? “La legge c’è e a quella dobbiamo rifarci. Come associazione siamo riusciti a introdurre alcune modifiche poi contenute nella legge di conversione. Ora, con il nuovo esecutivo, ci auguriamo di poter migliorare il provvedimento attuale. Una soluzione però ci sarebbe: basterebbe imitare ciò che ha fatto la regione Emilia-Romagna, che ha posto diversi paletti di ordine tecnico, vincoli che potrebbero addirittura risultare più severi di quelli stabiliti dalla norma nazionale, ma che rappresentano un positivo passo in avanti per lo sfruttamento dell’energia fotovoltaica in acqua negli ambienti di cava”. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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