Goal 12: la situazione dell’Italia su produzione e consumo responsabili

Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo è il fine del goal 12. Su molti aspetti c’è ancora da fare, a livello mondiale, ma anche dell’Italia, che mostra progressi e limiti

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Goal 12: la situazione dell’Italia su produzione e consumo responsabili

Tra i 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, fissati dai Paesi ONU, il goal 12 riguarda la necessità di garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo. I progressi in questo obiettivo sono molto importanti perché possono permettere di raggiungerne diversi altri.

C’è ancora molto da fare sul goal 12, a livello mondiale. Si ravvisa, infatti, una condizione di sostanziale squilibrio, con i Paesi ad alto reddito che consumano sei volte più materiali e generano impatti climatici dieci volte superiori rispetto ai Paesi a basso reddito.
Lo ricorda l’UNEP, segnalando che i Paesi a reddito medio-alto hanno più che raddoppiato l’utilizzo delle risorse negli ultimi 50 anni.

Si deve lavorare sulla circolarità delle risorse, tenendo conto che già nel 2022, l’umanità aveva già consumato tutte le risorse che la Terra riesce a rigenerare in un anno (fonte: ASviS). Occorre puntare su modelli e pratiche di economia circolare, su cui l’Italia vanta una posizione di assoluto rilievo.

Ma, nel complesso, come si colloca il nostro Paese nel percorso verso il raggiungimento del dodicesimo obiettivo?

Goal 12, target e finalità

Il Goal 12 è declinato in undici target. Tra questi segnaliamo la necessità di raggiungere, già entro il 2020 la gestione eco-compatibile di sostanze chimiche e di tutti i rifiuti durante il loro intero ciclo di vita. Si tratta di un’eccezione, dato che per gli altri l’orizzonte temporale è il 2030. Entro sei anni va raggiunta la gestione sostenibile e l’utilizzo efficiente delle risorse naturali e va ridotta in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo.

Goal 12: la situazione dell’Italia su produzione e consumo responsabili

Tra i target da segnalare aggiungiamo la necessità di:

  • incoraggiare le imprese ad adottare pratiche sostenibili e ad integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali;
  • promuovere pratiche sostenibili in materia di appalti pubblici, in conformità alle politiche e priorità nazionali;
  • razionalizzare i sussidi inefficienti per i combustibili fossili che incoraggiano lo spreco.

Consumo di materia, rifiuti urbani e speciali

Secondo quanto emerge dal Rapporto Istat 2023 sugli SDGs, il consumo di materia è tornato a crescere nel 2021 rispetto alla popolazione e al Pil. “Ciò nonostante, l’Italia si conferma ai primi posti nella graduatoria europea” e mantiene una posizione virtuosa in ambito europeo, beneficiando del vantaggio guadagnato nell’ultimo decennio.

La percentuale di riciclaggio dei rifiuti urbani (54,4% nel 2020) e la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani (64,0% nel 2021) aumentano solo marginalmente (rispettivamente +1,1 e +1,0 punti percentuali rispetto all’anno precedente).

Goal 12 e riciclaggio dei rifiuti urbani

A proposito di produzione di rifiuti urbani e speciali, Ispra nella sezione dedicata al Goal 12 (aggiornata a fine 2023) riporta che, rispetto al 2020, l’anno successivo la produzione nazionale dei rifiuti urbani si è attestata a 29,6 milioni di tonnellate, registrando un +2,3% rispetto all’anno funestato dal Covid.

Quanto ai rifiuti speciali, generati in Italia nel 2021, si attesta a 165 milioni di tonnellate mostrando, rispetto al 2020, un aumento del 12,2%, corrispondente a quasi 18 milioni di tonnellate.

Economia circolare: luci e ombre dell’Italia

In tema di economia circolare, l’Italia conferma una vocazione che la pone quale Paese più circolare d’Europa, considerando le prime cinque economie dell’UE. Lo evidenzia il Rapporto nazionale sull’economia circolare, realizzato dal Circular Economy Network – in collaborazione con ENEA, anche se negli ultimi cinque anni perde posizioni mentre altri Stati accelerano.

Economia circolare: luci e ombre dell’Italia

Va detto, però, come evidenzia Ispra, che il tasso di uso circolare dei materiali misura la quota di risorse materiali riutilizzate da un’economia. Nel periodo 2004-2022 il tasso di uso circolare dei materiali italiano è più che triplicato, passando dal 5,8% al 18,7%.

Anche il rapporto GreenItaly 2023 della Fondazione Symbola mette in evidenza questa vocazione circolare. L’avvio a riciclo sulla totalità dei rifiuti – urbani e speciali – è pari al 83,4% (2022), di gran lunga superiore a quello di tutte le grandi economie europee. Si tratta di un tasso di riciclo “superiore di oltre 30 punti alla media UE (52,6%) e ben superiore a tutti gli altri grandi Paesi europei, come Francia (64,4%), Germania (70%), Spagna (59,8%)”.

Ma non mancano le ombre. Come ha messo in evidenza il Circular Economy Report 2023 dell’Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, meno del 33% delle piccole imprese ha abbracciato le pratiche dell’economia circolare, sebbene le specifiche attività abbiano permesso al Paese di risparmiare 1,2 miliardi di euro.

Pubblico e privato: i progressi ci sono, specie nelle scelte sostenibili

Un riferimento, in tema di obiettivi di sviluppo sostenibile, è ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile: ogni anno redige un report dedicato. Nel Rapporto 2023, ricorda innanzitutto che nel percorso verso il 2030, si è in pratica a metà strada. Pur essendo innegabile che siano stati compiuti passi in avanti rispetto al 2015, si è ancora lontani dal conseguire gli Obiettivi di Agenda 2030. Nel complesso, guardando allo stato di avanzamento dei 17 obiettivi, il goal 12 è quello che evidenzia i maggiori progressi in generale.

In particolare, guardando all’Italia ha compiuto importanti progressi nel campo dell’economia circolare. Questo risultato, scrive ASvis,

“è frutto sia di politiche pubbliche, sia di decisioni autonome delle imprese italiane, che hanno sviluppato in questo campo eccellenze internazionalmente riconosciute.”

Più in generale, il mondo delle imprese mostra una crescente sensibilità al lavoro di promozione della sostenibilità integrale dell’Agenda 2030. I criteri ambientali e sociali applicati agli acquisti sono ormai entrati nella pratica sia delle amministrazioni pubbliche che delle aziende private, seppure con evidenti limitazioni. L’esempio del Green Public Procurement (ovvero l’adozione di CAM – Criteri Ambientali Minimi – negli appalti pubblici) è significativo: seppure la sua adozione sia obbligatoria, “non rappresenta ancora una prassi consolidata”.

Da parte delle imprese c’è una maggiore consapevolezza a puntare su scelte sostenibili. Lo evidenzia anche il già citato report GreenItaly, segnalando innanzitutto che nel quinquennio 2018-2022, più di un’azienda su tre ha effettuato eco-investimenti: si tratta di 510.830 imprese, pari al 35,1% del totale.

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