Goal 6 in Italia: garantire la disponibilità di acqua in un “Paese colabrodo”

Il Goal 6 è incentrato sulla necessità di garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie. È un obiettivo sfidante, perché seppure dal 1990 a oggi 2,6 miliardi persone in più hanno avuto accesso a migliori risorse di acqua potabile, ancora 663 milioni di persone ne sono sprovviste.

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Goal 6 in Italia: garantire la disponibilità di acqua in un “Paese colabrodo”

La scarsità d’acqua colpisce più del 40% della popolazione globale, ricorda Unric, il centro regionale di informazione dell’Onu.

In questa situazione, non rientra certo l’Italia, ma il nostro Paese soffre problemi importanti in tema di acqua. Siamo in una situazione contraddittoria: abbiamo problemi infrastrutturali, ma dai rubinetti scorre acqua potabile in eccesso. Infatti, il nostro è il secondo Paese UE dopo la Grecia per prelievo di acqua dolce per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei, con 155 metri cubi annui per abitante, secondo Openpolis, citando dati della European environmental agency.

Siamo un Paese di paradossi, in materia idrica: inventori degli acquedotti e dei sistemi irrigui, grandi realizzatori di bonifiche, vantiamo l’eccellenza di imprese nazionali specializzate nel disinterramento di dighe e invasi. Eppure, a livello nazionale, la rete idrica è un colabrodo: quasi il 40% dell’acqua potabile prelevata non arriva ai rubinetti.

Inoltre, il Belpaese versa 165mila euro al giorno come sanzione all’UE (circa 60 milioni l’anno) per effetto di diverse infrazioni in materia di infrastrutture idriche.

Qualità dell’acqua potabile: tra dispersione e volontà di riduzione (anche grazie al Pnrr)

Ha senso parlare di parziale mancato rispetto del Goal 6 in un Paese come l’Italia?  Purtroppo sì. Sebbene sia stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 18/2023, in attuazione della direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano, solo il 51% dell’acqua immessa in rete viene erogata.

Qualità dell’acqua potabile: tra dispersione e volontà di riduzione (anche grazie al Pnrr)

Per cercare di arginare la situazione e ridurre la dispersione dell’acqua, si contano 3,9 miliardi di euro di investimenti nelle infrastrutture idriche definiti nel corso degli ultimi 19 mesi, di cui 2,9 miliardi dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, finalizzati a potenziare e migliorare l’efficienza del sistema idrico nazionale e fare fronte agli effetti della crisi climatica.

Il 60% dei fondi complessivamente ripartiti, pari a circa 2,3 miliardi di euro, è destinato alle regioni del Mezzogiorno. In particolare, con riferimento ai fondi Pnrr, circa due miliardi di euro sono destinati a finanziare progetti per le infrastrutture idriche primarie.
Il 44% degli interventi riguarda il potenziamento delle infrastrutture (991 milioni), il 41% l’adeguamento delle infrastrutture esistenti (779 milioni), il 10% l’adeguamento sismico e la messa in sicurezza delle infrastrutture (121 milioni). Il 38,4% delle risorse è destinato a progetti per l’utilizzo potabile della risorsa idrica.

Acque reflue: l’Italia è ancora in difetto e paga dazio all’UE

C’è un’altra criticità che riguarda l’Italia e lo stato idrico: l’inadeguato trattamento delle acque reflue urbane, su cui il nostro Paese si trascina da tempo. La Commissione europea a giugno ha deferito di nuovo l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue proprio su questo punto alla Corte di giustizia UE in quanto il Belpaese “non ha dato piena esecuzione a una sentenza della Corte del 10 aprile 2014 relativa al trattamento delle acque reflue urbane”.

Acque reflue: l’Italia è ancora in difetto e paga dazio all’UE

Sulla mancata depurazione delle acque reflue l’Italia paga salato il mancato rispetto delle norme UE. Lo ha segnalato ancora a novembre 2022 il Commissario Unico per la Depurazione, Maurizio Giugni, in occasione del Forum Acqua di Legambiente:

“La sanzione europea scesa a 45 milioni l’anno per la mancata depurazione resta un problema, ma limitato rispetto al danno prevalente: quello ambientale e d’immagine. Ci sono aree prossime a mare di grande pregio ambientale senza fognatura e depurazione. E quando ci confrontiamo con le istituzioni europee, ci chiedono sempre conto del mancato adeguamento alla Direttiva di riferimento, che risale al 1991”.

Il Paese delle contraddizioni anche sull’acqua, dalle precipitazioni…

Oltre che popolo di santi e navigatori, gli italiani sono anche eccellenti realizzatori di opere legate all’acqua. “Siamo il paese inventore degli acquedotti e dei sistemi irrigui, siamo grandi realizzatori di bonifiche e vantiamo l’eccellenza di imprese nazionali specializzate nel disinterramento di dighe e invasi”, ricorda Proger, nel rapporto Water Economy in Italy.

Questa è la prima contraddizione: malgrado questo stato di eccellenza, molte realtà specializzate lavorano quasi esclusivamente all’estero dove trovano apprezzamento.

Tuttavia l’Italia convive con la minaccia idrogeologica e con sofferenza idrica. Si arriva così alla seconda contraddizione: soffriamo la siccità eppure la piovosità in Italia è abbondante.

Ricorda il report Proger:

“Su scala nazionale registra 301 miliardi di metri cubi di pioggia in media, ma solo l’11% delle precipitazioni è prelevata per tutti gli usi. Il nostro paese si colloca al quinto posto in Europa per quantità di precipitazioni medie”.

Lo stesso documento ricorda che, considerando le precipitazioni e il patrimonio idrico italiano, la media annua dell’acqua teoricamente utilizzabile risulta cinque volte il livello medio dei prelievi annui per tutti gli usi (civile, agricolo industriale). “Il problema è che le precipitazioni non sono ripartite uniformemente nel corso dell’anno e le stesse aree che sono vittime di ondate di maltempo e alluvioni poi si trovano a fare i conti con la mancanza d’acqua nei mesi più caldi”.

…alla carenza di infrastrutture

Si torna al problema atavico: la carenza di infrastrutture idriche per gestire e utilizzare l’acqua quando e dove serve.

Così si legge che 4,8 milioni di italiani vivono in territori a rischio piena con codice rosso, in un paese assai fragile in cui si registrano più dell’80% del totale delle frane registrate sul territorio europeo.

Sul capitolo invasi, il nostro Paese è rimasto pressoché fermo alle stesse capacità di mezzo secolo fa, ma con necessità e consumi aumentati enormemente.

“Ci sono 531 grandi dighe la cui capacità d’invaso sarebbe di 13,652 miliardi di metri cubi, ma i volumi reali sono inferiori del 35% per ritardi nelle procedure di collaudo tecnico-funzionale, per interramento progressivo per mancato drenaggio e per carenza di nuovi investimenti”.

Gestione dell’acqua: le piogge rischiano di essere un ricordo

Sulla necessità di aggiornare le infrastrutture idriche nazionali è tornata a farsi sentire l’Associazione Nazionale Bonifiche Irrigazioni e miglioramenti fondiari che a fine giugno a segnalato la sua preoccupazione.

Massimo Gargano, direttore generale di ANBI ha affermato a riguardo:

“Come prevedibile, andando verso i mesi più caldi, rischiamo di rimpiangere la grande massa d’acqua, lasciata terminare inutilizzata in mare, senza considerare i gravi danni causati in molti territori Di fronte alle conseguenze della crisi climatica non possiamo che ribadire l’urgente necessità di avviare una strategia per dotare il Paese di infrastrutture multifunzionali atte a gestire l’acqua, stoccandola quando arriva per utilizzarla nei momenti di bisogno. Il Piano Laghetti proposto da ANBI e Coldiretti è a disposizione.”

Lo stesso osservatorio ANBI sulle riserve idriche ha sottolineato che esse dovrebbero essere sufficienti a soddisfare i fabbisogni idrici estivi, ma la fine delle piogge ha visto, in soli sette giorni, i livelli dei grandi laghi tornare sotto media e la portata del fiume Po praticamente dimezzata. Il problema per la verità è a livello europeo: secondo il Joint Research Center, il 37,3% dei territori europei sia classificato “arancione” (warning) ed il 10,2% sia addirittura in “zona rossa” (alert).

Per quanto riguarda l’Italia, i dati evidenziano un quadro di sostanziale decrescita per la maggior parte dei corpi idrici; le piogge di maggio e di inizio giugno hanno migliorato la condizione complessiva, “ma non è certo il caso di lasciarsi andare a un facile ottimismo poiché, ancora una volta, solo una minima parte degli apporti d’acqua è stata immagazzinata”, sottolinea lo stesso Osservatorio.

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