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Indice degli argomenti: Acque reflue in Italia: le sanzioni aperte dall’UE e una situazione da migliorare Gli investimenti stanziati per migliorare la situazione Il contributo di ricerca e innovazione: dalla depurazione all’idrogeno verde Sullo stato delle acque reflue in Italia c’è ancora molto da fare. È un problema che sconta il nostro Paese (già carente in tema di bonifica di siti inquinati) e altri in Europa dove, proprio due settimane fa, la Commissione Europea ha segnalato varie inadempienze nella Comunicazione ai vari organi UE per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2022. A cominciare dal trattamento delle acque. La stessa Commissione scrive a proposito che “nonostante siano stati fatti dei passi avanti, in molti Stati membri le acque reflue urbane non sono ancora raccolte e trattate come dovrebbero; per questo motivo la maggior parte di essi è tuttora oggetto di procedure di infrazione e alcuni sono stati condannati a pagare sanzioni pecuniarie”. L’Italia figura tra i 19 Stati Membri per cui sono attualmente in corso procedure di infrazione per applicazione scorretta della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane. Contare su acque opportunamente trattate potrebbe essere un alleato prezioso per l’agricoltura. Dopo aver vissuto un’estate in cui la siccità è stata pesante, la stessa Commissione europea ha pubblicato delle linee guida per aiutare gli Stati membri e le parti interessate ad applicare le norme sul riutilizzo sicuro delle acque reflue urbane trattate per l’irrigazione agricola, evidenziando che “realizzare una società intelligente dal punto di vista idrico è più che una necessità in Europa e il riutilizzo dell’acqua è uno degli elementi chiave per garantire l’acqua per tutti”. Bisogna ripartire da qui. In Italia, malgrado i lati oscuri in tema di acque reflue, ci sono anche segnali di una volontà di cambiare lo stato dell’arte. Il PNRR, pur concedendo solo 600 milioni (su 191,5 miliardi totali) a questo proposito, è un incentivo da sfruttare. Ma ci sono anche progetti innovativi che potranno contribuire a migliorare la situazione. Acque reflue in Italia: le sanzioni aperte dall’UE e una situazione da migliorare L’Italia oggi deve ancora scontare quattro procedure d’infrazione comunitarie per inadempienza alla Direttiva sulle acque reflue, due delle quali già sfociate in condanna. A causa del ritardo nel portare a termine i lavori necessari a uscirne da questa situazione per i lavori di adeguamento 2018-2024 il nostro Paese dovrà pagare mezzo miliardo di euro. Dal 2015 a oggi ha già versato all’Unione e 620 milioni di euro per violazione di norme votate anche dal Belpaese. Le multe toccano molte regioni del Sud per la presenza diffuse di discariche illegali per lo scarico delle acque reflue urbane in aree sensibili, ma il problema è diffuso. Il risultato è che solo il 56% delle acque reflue nazionali è trattato in linea con la legislazione europea, evidenzia l’Agenzia Europea dell’Ambiente. Questa situazione non certo ottimale è legata a scelte poco lungimiranti, a cominciare dal livello di investimenti per la raccolta e il trattamento delle acque reflue in Italia. Il nostro Paese investe 16 euro per cittadino all’anno per nuove infrastrutture di raccolta e trattamento acque e per il rinnovo di quelle obsolete. Si tratta di una cifra molto inferiore alla media dell’UE, che è di 41 euro all’anno per cittadino. Gli investimenti stanziati per migliorare la situazione Una gestione ottimale delle risorse idriche è fondamentale e in questo senso è bene lavorare per ottenere risultati duraturi, grazie anche agli investimenti. Il PNRR prevede un monte di 600 milioni di euro per fognature e per fornire un contributo alla depurazione delle acque reflue in Italia. Oltre a rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nelle acque marine e interne, si punterà a trasformare gli impianti di depurazione in “fabbriche verdi”, per consentire il recupero di energia e fanghi, e il riutilizzo delle acque reflue depurate per scopi irrigui e industriali. Sul tema investimenti e progetti è uscito proprio in questi giorni il paper “Acqua, investimenti e climate change“, realizzato da Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche nazionali. In esso si legge che i gestori italiani del servizio idrico investiranno circa 10 miliardi di euro per garantire nei prossimi anni un approvvigionamento sicuro di acqua potabile. Di questi 2,5 miliardi di euro sono ripartiti equamente tra i segmenti di fognatura e depurazione. Tra i circa mille progetti che i gestori hanno in cantiere vi sono anche quelli per il riutilizzo delle acque reflue. Il contributo di ricerca e innovazione: dalla depurazione all’idrogeno verde Ricerca e innovazione sono preziosi alleati nel contribuire a migliorare la situazione delle acque reflue in Italia. A questo proposito, è stato avviato il progetto europeo FIT4REUSE di cui fanno parte Ispra, Università di Bologna e l’Università Politecnica delle Marche. Il progetto nasce per fornire modalità di approvvigionamento idrico sicure, sostenibili e accettate per il bacino del Mediterraneo, sfruttando risorse idriche non convenzionali. In questo senso, si parte dalla convinzione che le acque reflue trattate e l’acqua desalinizzata possono contribuire a compensare il divario tra la domanda e l’offerta di acqua per l’agricoltura e a fornire acqua di qualità costante durante tutto l’anno. Per questo FIT4REUSE si concentrerà su tecnologie di trattamento innovative, sostenibili e sicure e sull’uso delle acque reflue trattate e dell’acqua desalinizzata in agricoltura e per la ricarica delle falde acquifere. Un altro progetto innovativo è SynBioS (Syngas Biological Storage), avviato da Hera – con un investimento di circa 10 milioni di euro – e che entrerà in esercizio nel 2023. Si tratta di un impianto “power to gas” che intende convertire energia elettrica rinnovabile e acque reflue in idrogeno verde e, poi, in biometano. Ubicato a Bologna Corticella all’interno del più grande depuratore fra quelli gestiti per bacino di utenza servito, l’impianto SynBioS, una volta a regime, grazie a una potenzialità di 1 MW, potrà produrre circa 190 Nm3/h di green gas, evitando l’emissione in atmosfera di circa 50 Nm3/h di anidride carbonica. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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