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Il 31 ottobre sarà presentata a Milano, nell’ambito del convegno “L’apertura del MSD oltre i progetti pilota: quali ricadute per il sistema Paese”, la 3a edizione Report sul Mercato Elettrico, realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che approfondisce, attraverso un campione significativo di interviste qualificate agli operatori del settore, le trasformazioni in atto nel mercato elettrico, considerando anche la normativa di riferimento. Vi proponiamo in anteprima i principali risultati del Rapporto, invitandovi a partecipare al convegno iscrivendovi alla presentazione del report. Ai presenti sarà consegnata in omaggio una copia della 3a edizione dell’Electricity Market Report. A fondo pagina il PDF con l’Executive Summary completo Indice degli argomenti: Il processo di “apertura” di MSD abilitato dalla Delibera 300/2017 I primi risultati dei progetti pilota sulle “unità virtuali” Il ruolo dei technology provider La “percezione” delle unità virtuali da parte degli asset owner Le ricadute associate alla diffusione delle unità virtuali in Italia Con il termine “Mercato dei Servizi di Dispacciamento” (MSD) in Italia si fa riferimento ad una serie di operazioni eseguite dal soggetto deputato all’attività del dispacciamento (ossia Terna, il TSO – Transmission System Operator), o da chi viene incaricato da esso, al fine di garantire la gestione corretta del sistema elettrico, che si basa sulle 5 “dimensioni chiave” di adeguatezza, sicurezza, resilienza, qualità ed efficienza. Fatto salvo quanto previsto dalla Delibera 300/2017/R/eel, ad oggi la partecipazione al MSD è appannaggio esclusivo dei cosiddetti “impianti abilitati”, ossia i grandi impianti di generazione (cosiddetti “impianti rilevanti”, di taglia non inferiore a 10 MVA) programmabili, come le centrali termoelettriche ed il grande idroelettrico (ai sensi della Delibera n. 111/06 e s.m.i.). Risultano quindi esclusi gli impianti di produzione rilevante non programmabile, gli impianti non rilevanti e le unità di consumo. Tuttavia, vi sono una serie di fattori – “trainati” dalla necessità di perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione del sistema energetico che il nostro Paese ha assunto – che negli ultimi anni hanno determinato impatti significativi sulla gestione del sistema elettrico italiano, e che saranno ancora più significativi nello scenario atteso. Si fa riferimento ad esempio alla diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili, in primis eolico e fotovoltaico, che nell’ultimo decennio hanno visto la loro capacità installata passare da meno di 5 GW (nel 2008) a più di 30 GW (nel 2018) e di cui il Piano Nazionale Integrato per l’Energia ed il Clima (PNIEC, di cui si attende l’approvazione definitiva da parte della Commissione europea entro fine anno) prevede un’ulteriore forte crescita, pari a circa 39 GW di nuovi impianti eolici e fotovoltaici da qui al 2030. Altri fattori che stanno radicalmente cambiando la “fisionomia storica” del sistema elettrico riguardano, da un lato, la significativa riduzione della capacità installata di impianti termoelettrici, passata da 77 GW nel 2013 a 62 GW nel 2018 (-20%), i quali come ricordato in precedenza hanno storicamente rappresentato un asset fondamentale per il corretto funzionamento del sistema elettrico, e dall’altro lato la cosiddetta “elettrificazione” dei consumi, ossia l’utilizzo del vettore elettrico in luogo di altri vettori energetici in ambiti quali il riscaldamento od i trasporti, il quale sta determinando un incremento dei consumi elettrici e, soprattutto, l’introduzione di nuovi “attori” all’interno del sistema elettrico stesso (si pensi ad esempio ai veicoli elettrici). Il combinato disposto di questi fattori rende non più procrastinabile una riforma organica dell’attività di dispacciamento. In questo scenario, l’ampliamento della platea di soggetti che possono offrire servizi di regolazione, attualmente implementata nell’ambito dei progetti pilota a seguito della Delibera 300/2017 emanata dall’ARERA ed oggetto d’analisi principale del presente Rapporto, rappresenta uno dei principali elementi della “riforma” del dispacciamento che vedrà la luce nei prossimi anni. Si tratta di un percorso che l’Autorità ha intrapreso da alcuni anni e che ha visto una tappa fondamentale nella recente pubblicazione, il 25 luglio 2019, del Documento per la consultazione (DCO) 322/2019/R/eel sul nuovo Testo Integrato del Dispacciamento Elettrico (TIDE). Rimandando al Rapporto completo per un’analisi dettagliata del documento, esso raccoglie le principali linee di intervento identificate dall’Autorità per far fronte alla necessità di riformare l’attività di dispacciamento. Fra esse, si evidenziano: (i) la revisione di aspetti relativi alla partecipazione ai mercati e alla programmazione delle unità abilitate e non abilitate all’erogazione di servizi ancillari, (ii) l’evoluzione della regolazione del regolamento elettrico e (iii) la regolazione semplificata del dispacciamento elettrico nei contesti speciali. Il processo di “apertura” di MSD abilitato dalla Delibera 300/2017 Una delle principali iniziative messe in atto in Italia al fine di gestire le dinamiche evolutive del sistema elettrico illustrate in precedenza riguarda l’ampliamento della platea di soggetti che possono offrire servizi di regolazione. Una prima “apertura del mercato” si è avuta con l’approvazione della delibera 300/2017, con la quale l’ARERA ha dato il via libera al processo di allargamento della platea di fornitori di servizi di regolazione, avviando con Terna una serie di progetti pilota per permettere la partecipazione al mercato dei servizi di dispacciamento (MSD) a nuovi soggetti ad oggi non abilitati, introducendo le Unità Virtuali Abilitate (UVA) e la figura dell’aggregatore in qualità di abilitatore della partecipazione delle unità non rilevanti al Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD). Le Unità Virtuali Abilitate (UVA) sono aggregazioni di unità di consumo e/o di produzione (ivi compresi i sistemi di accumulo), aggregati al fine di partecipare al MSD. A valle dell’approvazione della Delibera 300/2017/R/eel, Terna ha posto in consultazione ed approvato i Regolamenti e le Procedure per la partecipazione ai servizi di dispacciamento di diversi tipi di aggregati, quali le cosiddette “UVAC” (ossia un aggregato di unità di consumo), le “UVAP” (ossia aggregazioni di unità di produzione (UP) non rilevanti, inclusi i sistemi di accumulo) e le “UVAM” (ossia aggregazioni di di unità di produzione non rilevanti – inclusi i sistemi di accumulo, “stand alone” o abbinati a UP non rilevanti e/o a unità di consumo – e di unità di consumo, o anche di POD che sottendono UP rilevanti – non già oggetto di abilitazione obbligatoria al MSD – fermo restando che tali UP condividano il punto di connessione alla rete con almeno un’unità di consumo diversa dai servizi ausiliari d’impianto). I progetti pilota relativi alle UVAC ed alle UVAP sono rimasti attivi fino ad ottobre 2018, in quanto a partire da novembre 2018 tali aggregati sono confluiti all’interno delle UVAM. Rimandando alla sezione successiva dell’Executive Summary, e soprattutto al Rapporto per un’analisi estensiva dei risultati dei progetti pilota, è doveroso sottolineare sin d’ora il grande “fermento” gemmato da quest’iniziativa regolatoria, se si analizza ad esempio il fatto che ad oggi, nell’ambito del progetto pilota UVAM, risultano abilitate a partecipare al MSD nuove risorse per un totale di 1.156,5 MW. I primi risultati dei progetti pilota sulle “unità virtuali” All’interno del rapporto è presentata un’analisi estensiva dei “risultati” del Progetto Pilota UVAM, con particolare riferimento a: (i) i risultati delle aste di approvvigionamento a termine; (ii) le caratteristiche costitutive delle UVAM che hanno partecipato al progetto pilota e (iii) le “performance” in esercizio delle UVAM che hanno partecipato al progetto pilota, in termini di offerte presentate su MSD ed esito degli ordini di dispacciamento ricevuti da Terna. A partire dal Gennaio 2019, per le UVAM sono state predisposte delle aste di approvvigionamento a termine delle risorse, tramite le quali Terna si assicura una determinata capacità disponibile a fornire servizi di dispacciamento (con particolare riferimento ad offerte a salire per il bilanciamento). Il contratto consiste nel garantire un premio fisso alle risorse resesi disponibili, a fronte dell’impegno ad offrire sul mercato a prezzi inferiori ad un determinato valore (cosiddetto “strike price”, fissato a 400 €/MWh). Per l’anno 2019 è stato individuato un contingente pari a 1.000 MW, diviso in due aree: 800 MW per l’Area di Assegnazione A, che comprende le zone di mercato Nord e Centro-Nord, e 200 MW per l’Area di Assegnazione B, che comprende le zone di mercato Sud, Centro-Sud, Sicilia e Sardegna. Le assegnazioni sono effettuate tramite aste al ribasso, di tipo pay as bid, a partire da un corrispettivo fisso annuale pari a 30.000 €/MW/anno. Le sessioni d’asta per il 2019 prevedono un’asta annuale, tre aste “infrannuali” (per i periodi aprile-dicembre, luglio-dicembre e ottobre-dicembre) e dodici aste mensili. Guardando ai risultati conseguiti alla data di chiusura del rapporto, si evince che le quantità assegnate mostrano un andamento crescente, indice del forte interesse degli operatori verso il prodotto a termine. Dal punto di vista economico, il corrispettivo fisso non si è significativamente discostato dalla base d’asta, pari a 30.000 €/MW/anno, indubbiamentelegato al fatto che la saturazione del contingente messo a disposizione degli operatori è stata relativamente lontana, specialmente nei primi mesi dell’anno. È interessante altresì sottolineare quanto accaduto nel corso delle aste (mensile ed infrannuale) tenutesi ad ottobre, nelle quali l’avvicinarsi alla saturazione del contingente ha comportato la riduzione del corrispettivo fisso a valori di poco superiori a 28.000 €/MW/anno (con riferimento all’Area A). Queste iniziative sono state “promosse” da ben 27 operatori (BSP), i quali hanno partecipato alle procedure di approvvigionamento a termine nel corso dei primi 10 mesi del 2019. Si nota un trend fortemente crescente di questo numero, soprattutto nei primi 5 mesi dell’anno, quando si è passati dai 12 operatori “attivi” nelle aste di gennaio ai 24 operatori attivi a maggio. Ciò rappresenta un evidente segno del crescente interesse da parte degli operatori verso quest’opportunità emergente. Per quanto riguarda invece le caratteristiche costitutive delle UVAM complessivamente, il numero di POD coinvolti è pari a 256. Delle 156 UVAM abilitate, più della metà risulta essere di tipo “misto”, ossia vede la presenza sia di consumi che di impianti di generazione, all’interno dello stesso POD o di POD diversi. Per quanto riguarda gli impianti di generazione che partecipano alle UVAM (233 in totale), circa i due terzi fa riferimento ad impianti termoelettrici, seguiti dagli impianti idroelettrici. Analizzando in terzo luogo le “performance” in esercizio delle UVAM che hanno partecipato al progetto pilota, in termini di offerte presentate su MSD nelle ore in cui vige l’obbligo di offerta (per le UVAM che usufruiscono della contrattualizzazione a termine) emerge che i volumi complessivi d’offerta sono crescenti nel tempo, in linea con la crescita del numero di UVAM partecipanti. Inoltre, emerge in maniera evidente la tendenza degli operatori ad effettuare offerte a salire a prezzi prossimi allo strike price, la quale può essere ascrivibile, da un lato, agli elevati costi di modulazione associati alle unità all’interno delle UVAM e, dall’altro lato, al tentativo di ridurre la probabilità di ricevere un ordine di dispacciamento da parte di Terna (per le motivazioni economiche di cui sopra o eventualmente di natura tecnica). Si tratta di un contesto in grande fermento, su cui gli operatori stanno “scommettendo” in maniera significativa. Al fine di abilitare un più ampio e “virtuoso” sviluppo delle unità virtuali nel nostro Paese, è stato sviluppato un ampio confronto con gli operatori (con particolare riferimento ai BSP, ossia gli aggregatori) sull’attuale articolazione del regolamento del progetto pilota UVAM e delle procedure di approvvigionamento a termine. Dal confronto sono emerse una serie di “criticità” che potrebbero ostacolare una più ampia diffusione delle UVAM nel nostro Paese e su cui si ritiene tanto il policy maker quanto il TSO debbano sicuramente riflettere. Rimandando anche in questo caso al Rapporto per un’analisi estensiva delle suddette “criticità”, si sottolinea in questa sede il fatto che, a detta degli operatori, esse hanno in primo luogo un potenziale impatto negativo sulla creazione di UVAM multi-sito, spingendo invece verso configurazioni mono-sito o che vedano la presenza del numero minor possibile di clienti al fine di raggiungere la dimensione minima (aventi una maggiore semplicità di gestione e minore difficoltà nell’adempimento degli obblighi). In secondo luogo, le unità di consumo – in particolar modo quelle aventi un costo di modulazione elevato o che vedono la presenza di carichi interrompibili – potrebbero risultare non sufficientemente “stimolate” a partecipare alle UVAM. In aggiunta a ciò, gli operatori segnalano criticità di natura “relazionale”, ossia relative all’interazione con gli altri soggetti che devono essere coinvolti in queste iniziative – in primis gli Utenti del Dispacciamento (rispetto ai quali è prevista la necessità di ricevere l’assenso per la partecipazione alle unità virtuali delle unità da essi gestite) e Terna stessa (in qualità di TSO, per quanto concerne l’iter di abilitazione delle UVAM) – le quali possono rappresentare un “ostacolo” per il business dei BSP. L’architettura tecnologica abilitante le “unità virtuali”: il ruolo dei technology provider L’architettura tecnologica per la creazione di una UVAM, ai sensi di quanto previsto dal Regolamento UVAM, è composta da 4 “elementi”: Unità Periferica di Monitoraggio (UPM), Concentratore, Comunicazione tra UPM e Concentratore e Comunicazione tra Concentratore e Sistemi Terna. All’interno del Rapporto, ciascun elemento costitutivo dell’architettura tecnologica per la creazione di una UVAM è analizzato dal punto di vista delle caratteristiche tecnico-economiche attuali ed attese. In generale, dall’analisi emerge un livello di maturità di tali soluzioni sostanzialmente elevato. Il principale “elemento distintivo” emerso dall’analisi riguarda invece le piattaforme di gestione delle UVAM, ossia sistemi software che ricevono in ingresso una serie di dati input (sia di natura tecnica che economica) e restituiscono in output la ripartizione degli ordini di dispacciamento tra le diverse unità che costituiscono una UVAM. Le piattaforme presenti sul mercato presentano notevoli differenze in termini di funzionalità che sono in grado di svolgere (abilitate dagli algoritmi in esse presenti) nonché di modalità di approvvigionamento da parte dei provider tecnologici. Analizzando più in generale i technology provider, emerge un trend relativo all’ampliamento dell’ampiezza dell’offerta, intesa come quali e quanti degli elementi facenti parte dell’architettura tecnologica per la creazione e gestione di una UVAM vengono offerti, ed un crescente interesse da parte degli sviluppatori di piattaforme verso il tema “unità virtuali”, anche da parte di coloro i quali hanno sviluppato applicativi legati ad ambiti complementari, quali ad esempio il monitoraggio e l’ottimizzazione di singoli asset o il trading di energia. La “percezione” delle unità virtuali da parte degli asset owner Al fine di “tastare il polso” degli asset owner sul livello di consapevolezza sul tema “flessibilità” e dei driver/barriere per la partecipazione a tali iniziative, è stata somministrata una survey ad un set piuttosto ampio di soggetti, la quale ha raccolto circa 100 risposte, prevalentemente da parte di imprese industriali (si rimanda al Rapporto per il doveroso inquadramento metodologico). È da sottolineare come non si voglia qui rappresentare statisticamente la popolazione dei proprietari delle unità potenzialmente aggregabili, bensì mettere in evidenza i trend e le percezioni più rilevanti ai fini dello studio. Dalla visione d’assieme si rileva in primo luogo un elevato livello di consapevolezza circa la possibilità di fornire servizi di flessibilità a beneficio del sistema elettrico da parte dei soggetti investigati, coerente con il tipico “status” di impresa “energivora” che caratterizza i rispondenti. Tale consapevolezza si traduce nella maggior parte dei casi in “azione”, dato che circa il 70% del campione dichiara di aver avviato un processo di valutazione di tale opportunità, principalmente legata alla volontà di conseguire un beneficio economico. Tuttavia, è da sottolineare che solo una percentuale ridotta (circa 1/4 del campione) ha dato seguito partecipando alle diverse tipologie di unità virtuali. Le principali barriere alla partecipazione sono di natura tecnico-economica. Dall’analisi “a tutto tondo” dei driver e delle barriere alla partecipazione a tali iniziative da parte degli asset owner, emergono una serie di note positive, che possono rappresentare un buon viatico ad una più ampia partecipazione da parte di questi soggetti nel prossimo futuro. Vale la pena citare, da un lato, il buon livello di “awareness” sul tema delle unità virtuali, non solo in termini di consapevolezza dell’opportunità ma anche dal punto di vista tecnologico e regolatorio, che evidentemente rappresenta una conditio sine qua non per la partecipazione. Dall’altro lato, è interessante sottolineare la “facilità” di accesso al capitale proprio o di terzi da parte degli asset owner, seppur risulti prevalente la tendenza a prediligere soluzioni in cui sia il BSP ad occuparsi dell’investimento. D’altro canto, emergono alcuni aspetti ulteriori su cui invece è opportuna una riflessione “sistemica”, affinché le unità virtuali possano a tutti gli effetti diventare un “asset portante” del sistema elettrico. In particolare, si segnala il fatto che l’ampia maggioranza dei rispondenti ritenga necessaria la presenza di una remunerazione fissa, in aggiunta o in alternativa ad una remunerazione variabile, al fine di giustificare la partecipazione ad una UVAM e la percezione abbastanza diffusa di “incertezza” circa l’evoluzione del quadro normativo (incertezza purtroppo “tristemente nota” nel settore, si pensi ad esempio alle lunghe gestazioni che hanno caratterizzato l’ultimo decreto rinnovabili e che stanno caratterizzando il PNIEC, giusto per rimanere sulla più recente “attualità”). Le ricadute associate alla diffusione delle unità virtuali in Italia Al fine di stimare le ricadute per il sistema paese associate alla diffusione delle unità virtuali, è stata in primo luogo stimata la capacità totale di modulazione delle UVAM che risulti economicamente sostenibile per il BSP e gli asset owner, a partire da tre possibili livelli di “penetrazione” delle UVAM in Italia (in termini di quota parte del volume di energia movimentata su MSD che potrebbe essere fornita dalle UVAM) ed al variare delle “condizioni al contorno” (in termini di presenza ed ammontare del corrispettivo fisso e di prezzo medio di remunerazione dell’energia movimentata su MSD). Dall’analisi emerge che, in assenza del corrispettivo fisso, la quantità minima di energia da movimentare su MSD da parte del portafoglio di UVAM gestito dal BSP per raggiungere la marginalità operativa “obiettivo” varia da circa 36 GWh/anno a poco meno di 2 GWh/anno, in funzione del prezzo medio dell’energia movimentata su MSD. In caso di erogazione di quantità di energia inferiori ai valori minimi indicati, il BSP non riesce a raggiungere la marginalità operativa “obiettivo”. Rapportando la quantità di energia su MSD complessivamente fornita dalle UVAM (in corrispondenza dei tre diversi livelli di “penetrazione” delle UVAM in Italia) e la quantità minima di energia da movimentare su MSD da parte del portafoglio di UVAM gestite dal BSP, si ottiene il numero massimo di portafogli di UVAM “economicamente sostenibili”, e quindi la capacità di modulazione massima delle UVAM “economicamente sostenibili” per i BSP. Essa, per prezzi su MSD fino a 300 €/MWh, varia per i tre livelli di “penetrazione” delle UVAM identificati da un minimo di circa 2 GW ad un massimo di quasi 34 GW. Viceversa, per prezzi su MSD superiori (relativamente poco frequenti), la capacità di modulazione massima cresce in maniera significativa, fino ad oltre 100 GW in corrispondenza di prezzi nell’ordine dei 1.000 €/MWh. Se la capacità di modulazione delle UVAM fosse maggiore della capacità massima stimata, la quantità di energia mediamente movimentata da un portafoglio di UVAM (in virtù dell’ammontare complessivo di energia movimentabile su MSD dalle UVAM fissato) non sarebbe sufficiente ad ottenere la marginalità operativa “obiettivo” per il BSP. È altresì da sottolineare che, affinché la partecipazione alle UVAM sia economicamente sostenibile anche per l’asset owner (ottenendo cioè un margine operativo positivo), i costi massimi di modulazione “accettabili” variano in maniera molto rilevante in funzione del prezzo medio di remunerazione dell’energia movimentata su MSD. A titolo di esempio, per prezzi nell’ordine di 100 €/MWh, il costo di modulazione massimo si aggira nell’ordine di 45 €/MWh, valore che aumenta fino a circa 135 €/MWh per prezzi nell’ordine di 200 €/MWh. In presenza del corrispettivo fisso, invece, il BSP raggiunge la marginalità operativa “obiettivo” indipendentemente dalle quantità movimentate e dal relativo prezzo medio. Ciò accade perché il ricavo derivante dalla presenza del corrispettivo fisso è sempre maggiore dei costi sostenuti dal BSP per la creazione e gestione del proprio portafoglio di UVAM e consente di raggiungere la marginalità operativa “obiettivo”. Pertanto, in questo secondo caso non esiste un valore minimo di energia da movimentare su MSD per raggiungere la marginalità “target”. Assumendo la prospettiva degli asset owner, la possibilità di intercettare prezzi di movimentazione dell’energia su MSD “sufficientemente” maggiori del costo associato alla modulazione consente all’asset owner di conseguire un margine operativo positivo, indipendentemente dalla quantità di energia movimentata.Viceversa, nel caso in cui non si riescano ad intercettare prezzi di movimentazione dell’energia su MSD “sufficientemente” maggiori del costo associato alla modulazione, ciò determina una perdita netta per l’asset owner per ogni MWh di energia movimentato. In virtù di ciò, si può stimare la quantità massima di energia che l’asset owner può fornire in un anno al fine di conseguire un margine operativo positivo (andando quindi ad “erodere” totalmente la quota parte di corrispettivo fisso di sua spettanza), e quindi la capacità di modulazione minima accettabile. Assumendo un costo della modulazione pari a 120 €/MWh, nel caso in cui il prezzo dell’energia movimentata su MSD sia tale per cui la remunerazione netta ricevuta dall’asset owner risulti inferiore al costo di modulazione, la capacità di modulazione minima varia tra 82 e 9.047 MW, valore che varia tra 6 e 159 GW assumendo invece un costo della modulazione dell’asset pari a 2.000 €/MWh. Sulla base delle elaborazioni precedenti, sono stati identificati 2 scenari di diffusione della UVAM nel nostro Paese, a partire dai quali sono stati stimati il volume d’affari e le altre ricadute “economiche” per il sistema paese associate alla diffusione delle UVAM. Tali scenari, basati sui valori di prezzo dell’energia movimentata su MSD ad oggi più “frequenti” (purché consentano di garantire la sostenibilità economica dell’iniziativa per il BSP) prevedono i seguenti valori di capacità di modulazione delle UVAM: (i) Scenario 1, avente una capacità di modulazione delle UVAM pari a 4,5 GW (in corrispondenza di un prezzo medio dell’energia movimentata su MSD pari a 100 €/MWh; (ii) Scenario 2, avente una capacità massima di modulazione delle UVAM pari a 13,4 GW (in corrispondenza di un prezzo medio dell’energia movimentata su MSD pari a 200 €/MWh). Dall’analisi emerge che, a fronte di investimenti tutto sommato “limitati” in valore assoluto (nell’ordine dei 20-50 mln €), che rappresentano un introito per le imprese della filiera, il sistema elettrico potrebbe dotarsi di diversi GW di unità virtuali economicamente sostenibili dal punto di vista dei BSP. Ciò determinerebbe inoltre ricadute positive per lo Stato, in termini di incremento del gettito fiscale, stimabili nell’ordine dei 6-17 mln €. Rimane tuttavia evidente la necessità di creare un opportuno “contesto” affinché queste iniziative risultino economicamente sostenibili anche per gli asset owner. Le elaborazioni effettuate mostrano che la presenza del corrispettivo fisso consente di incrementare notevolmente i costi massimi di modulazione “sostenibili” dagli asset owner, i quali ad esempio passano da 45 €/MWh a 127 €/MWh nello scenario 1, consentendo di raggiungere un potenziale incremento della platea di soggetti disposti a fornire “flessibilità”. A questo aspetto fa da contraltare un potenziale costo per la “collettività”, relativo alla presenza del corrispettivo fisso, il cui ammontare “effettivo” dipenderà sia dal valore unitario del corrispettivo fisso, sia dal contingente di fabbisogno di capacità approvvigionabile a termine che sarà definito da Terna. Costo che dovrà essere opportunamente “soppesato” con gli altri possibili benefici di natura “sistemica” che la diffusione delle UVAM potrà abilitare, quali ad esempio una più ampia diffusione delle fonti rinnovabili non programmabili (in coerenza con gli obiettivi di decarbonizzazione che il nostro Paese ha assunto) e la riduzione del costo complessivo di MSD (rispetto ad uno scenario con un minor livello di flessibilità). Spetta dunque ai policy maker, con il supporto degli stakeholder del sistema elettrico, affrontare la “sfida”, sicuramente ambiziosa, di delineare un contesto che massimizzi il rapporto fra benefici e costi per il sistema paese associato alla diffusione delle unità virtuali, sulla cui rilevanza cruciale all’interno del sistema elettrico di oggi e di domani ormai pochi dubitano. Electricity Market Report 31 ottobre, ore 9,30-15.30 Politecnico di Milano – Campus Bovisa Scarica l’Executive Summary dell’Electricity Market Report Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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