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Indice degli argomenti Toggle Nature restoration law: quel ripristino che non piace all’Italia e ad altri sei PaesiCosa è cambiato con gli emendamentiNature restoration law: l’opinione di Francesco Ferrini Sono trascorsi pochi giorni dalla decisione del Parlamento UE sulla Nature restoration law, la proposta di legge sul ripristino della natura, passata con uno scarto minimo (336 voti a favore, 300 contrari e 13 astensioni). La legge ambisce a ripristinare il 20% delle aree terrestri e marine dell’Unione europea entro il 2030. Per la precisione, richiede che da qui ai prossimi sette anni, l’Unione Europea adotti misure per il ripristino della natura che coinvolgano almeno il 20% delle sue aree terrestri e marine. La decisione è stata sofferta e ha mostrato una forte divisione politica: il Partito Popolare Europeo, per bocca del suo responsabile Manfred Weber ha confermato la contrarietà al disegno di legge, come anticipato. “La legge non ci sta dando una vera risposta sulla questione della produzione alimentare creando incertezza giuridica per le autorità locali e regionali e potenzialmente danneggerà la nostra transizione verso le energie rinnovabili, piuttosto che sostenerla”. Non è stata l’unica voce critica. Nature restoration law: quel ripristino che non piace all’Italia e ad altri sei Paesi Il Governo italiano si è dimostrato contrario. Il ministro alle infrastrutture, Matteo Salvini, ha affermato che “quanto approvato al parlamento è una follia ideologica senza capo, senza senso e senza coda. Pensare di sottrarre il 10% della superficie agricola nazionale al lavoro degli imprenditori agricoli italiani è una follia, significa mettersi in mano degli altri Paesi per le produzioni agricole”. Diversi altri Paesi hanno mostrato la loro contrarietà: Austria, Belgio, Finlandia, Olanda, Polonia e Svezia. Per quanto riguarda le associazioni del settore agricolo, Confagricoltura ha espresso critiche al disegno di legge. Come ha segnalato il suo presidente, Massimiliano Giansanti “per proteggere l’ecosistema si dismettono le nostre colture di qualità, fiore all’occhiello del made in Italy”, ricordando che “fin dai primi confronti con la Commissione europea, gli agricoltori hanno evidenziato come l’applicazione del Green Deal avrebbe portato, dati alla mano, a una diminuzione delle produzioni agricole europee non inferiore al 20%, con tutto ciò che ne consegue, compresa la chiusura di molte aziende”. Di tutt’altro parere, invece, le associazioni ambientaliste: secondo Greenpeace è il primo importante atto legislativo per proteggere la biodiversità nell’UE negli ultimi 30 anni. Favorevole anche Legambiente, che ha comunicato a proposito: “L’approvazione della legge sul ripristino della natura è una buona notizia, conferma la strategia del Green Deal europeo. Ora l’Italia ripensi la propria posizione in vista dei negoziati del Consiglio con il Parlamento per l’adozione finale della legge” Concorde sul merito della legge anche Wwf: “La Nature Restoration Law – si legge nel suo Manifesto – è la più grande occasione per rigenerare la natura d’Europa e garantire sostenibilità, futuro e benessere ai suoi cittadini”. Pochi giorni prima seimila scienziati avevano firmato l’invito guidato da 23 scienziati in cui si sosteneva il Green Deal dell’UE e si respingeva l’argomentazione “ingiustificata” contro il regolamento sull’uso sostenibile e la legge sul ripristino della natura. Cosa è cambiato con gli emendamenti Il testo di legge non è uscito indenne dal dibattito avvenuto in sede europea. Il parlamento dell’UE, per esempio, ha abolito gli obblighi per i terreni agricoli che includono disposizioni per il ripristino delle torbiere. Inoltre, rileva il Wwf, i deputati hanno anche adottato un emendamento che ritarderebbe l’attuazione della legge fino a quando non sarà stata effettuata una valutazione dell’impatto sulla sicurezza alimentare europea, uno dei principali argomenti utilizzati “dal PPE e dall’estrema destra” per cercare di respingere la legge. Per lo sviluppo delle rinnovabili, invece, non è cambiato nulla. Come si legge nel testo: “gli Stati membri garantiscono sinergie con le zone di riferimento per le energie rinnovabili già designate e si adoperano affinché il funzionamento delle zone di riferimento per le energie rinnovabili, comprese le procedure di autorizzazione applicabili in queste zone previste dalla direttiva (UE) 2018/2001, rimanga invariato”. Nature restoration law: l’opinione di Francesco Ferrini Il dibattito sulla proposta di legge riguardante la nature restoration law si è trasformato in un tema politico divisivo. È un peccato perché «poteva essere una proposta di legge in favore di politiche ambientali migliori future in un mero atto politico e questo, purtroppo, inficia la bontà di certe scelte», afferma Francesco Ferrini, docente di Arboricoltura e Coltivazioni Arboree all’Università di Firenze. Pur contenendo diversi aspetti positivi, secondo lo scienziato ed esperto di verde e forestazione urbana «così come si presenta è una legge top down», ovvero calata dall’alto dai dirigenti, antitetica all’approccio condiviso (bottom up). «A mio parere, in attesa del testo definitivo che leggerò con l’attenzione che merita, è una proposta di legge – una delle tante purtroppo – che non ha considerato la realtà globale. Certo, l’intento è lodevole: tutelare la natura e restaurarla laddove c’è necessità. Il problema è che lo si intende fare, sulla carta, senza tener conto delle legittime esigenze umane. Non possiamo pensare di salvaguardare la natura, andando a detrimento della produttività di certe aree fondamentali per le esigenze agroalimentari». Cosa manca nel testo A mancare – secondo il docente dell’ateneo fiorentino – è una condivisione degli intenti da parte degli stakeholder. Ma soprattutto, evidenzia Ferrini, la legge rischia di essere irrealizzabile. «Seppure ben scritta e articolata, questa legge pare mancante di determinati presupposti: si legge che entro il 2030 bisognerà ripristinare il 20% delle superficie terrestri e marine d’Europa, oltre al ripristino dei fiumi e della biodiversità sul 10% della superficie agricolo utilizzata e abbatte le barriere. Tutto condivisibile, ma si afferma di obiettivi da conseguire entro il 2030, ovvero tra meno di sette anni. Ci si deve comunque provare, questo è certo, tuttavia manca un presupposto essenziale. Nella legge non si dice come si dovranno raggiungere questi obiettivi. Essi devono essere specifici, misurabili, raggiungibili, rilevanti anche nelle tempistiche. Vale per l’agricoltura come per il verde urbano. Mancano i KPI, gli indici misurabili. Per questo non mi professo pessimista, ma di certo molto scettico». «Il dubbio che traspare da questo testo di legge e da altri, è che vengano scritti da persone che non mostrano una reale conoscenza dell’ambiente e delle relative problematiche. Tuttavia, anche le critiche sollevate anche dalle associazioni degli agricoltori, sebbene giustificabili e, per una certa parte, anche pienamente condivisibili, devono essere motivate, così come devono esserlo le posizioni ambientaliste, talvolta troppo estreme». I timori e le prospettive Resta una legge che può fornire un presupposto fondamentale per ripristinare la biodiversità, fortemente minacciata in Europa. Ma i rischi sul futuro della nature restoration law sono forti: «in questi mesi c’è il timore che venga snaturata completamente, anziché migliorata dopo un reale e costruttivo dialogo fra le parti», segnala Ferrini. Le elezioni europee del 2024 potrebbero portare a cambiamenti sensibili sul tema: gli scettici sul ristoro della natura e sul Green Deal non mancano, come si è visto già in occasione della sofferta votazione del Parlamento UE. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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