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Indice degli argomenti Toggle Come funziona il Climate Change Performance IndexPer la COP28 il mondo è ancora indietro nella lotta ai cambiamenti climaticiI Paesi più inquinanti al mondo: le prestazioni peggioriPer Legambiente l’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65% L’Italia ha subito un notevole arretramento nella graduatoria delle prestazioni climatiche globali, perdendo 15 posizioni e scendendo dal 29º al 44º posto rispetto all’anno precedente. Le principali cause di questo declino includono un rallentamento nella riduzione delle emissioni climalteranti, collocandosi al 37º posto in questa specifica classifica. Inoltre, la politica climatica nazionale è stata valutata come estremamente inadeguata per affrontare l’emergenza climatica, piazzandosi al 58º posto. L’attuale revisione del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede una diminuzione delle emissioni del 40.3% entro il 2030 rispetto al 1990, rappresentando un ulteriore passo indietro rispetto al 51% previsto dal PNRR, già considerato insufficiente. Come funziona il Climate Change Performance Index Il Climate Change Performance Index (CCPI) è uno strumento che valuta le performance climatiche dei Paesi, focalizzandosi sull’impegno per ridurre le emissioni di gas serra, promuovere le energie rinnovabili e migliorare l’efficienza energetica. Questo indice considera 63 Paesi e l’Unione Europea, rappresentando insieme oltre il 90% delle emissioni globali. Basato su quattro criteri principali, il CCPI fornisce un quadro dettagliato delle azioni adottate dai Paesi nel contesto delle sfide climatiche globali: Trend delle emissioni (40%): valuta la variazione delle emissioni di gas serra rispetto a un anno di riferimento, rappresentando il 40% dell’indice. Sviluppo delle energie rinnovabili (20%): misura la percentuale di energia rinnovabile rispetto al totale del consumo energetico, contribuendo al 20% dell’indice. Sviluppo dell’efficienza energetica (20%): esamina il livello di sviluppo dell’efficienza energetica, basandosi sul consumo di energia pro capite e rappresentando il 20% dell’indice. Politica climatica (20%): valuta la qualità della politica climatica di un Paese, considerando obiettivi di riduzione delle emissioni, meccanismi di implementazione e il grado di trasparenza. Questo criterio contribuisce al 20% dell’indice. L’aggiornamento annuale del CCPI viene presentato durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP), offrendo una panoramica chiara delle performance e degli sforzi dei Paesi nel contesto della lotta al cambiamento climatico. Per la COP28 il mondo è ancora indietro nella lotta ai cambiamenti climatici Se l’Italia delude, l’intero bilancio globale non è positivo. Anche quest’anno, nessun Paese è riuscito a conquistare le prime posizioni nella classifica, non riuscendo a raggiungere i livelli necessari per affrontare l’emergenza climatica e contenere il surriscaldamento del pianeta entro la critica soglia di 1.5°C. Nonostante gli sforzi nel settore delle energie rinnovabili, Mauro Albrizio, responsabile dell’ufficio europeo di Legambiente, sottolinea che “la corsa contro il tempo continua”: entro il 2030, le emissioni globali dovranno quasi dimezzarsi, con un particolare focus sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili. Per Albrizio, quello dell’Italia è “un risultato raggiunto soprattutto per il rallentamento della riduzione delle emissioni climalteranti (37esimo posto della specifica classifica) e per una politica climatica nazionale (58esimo posto della specifica classifica) fortemente inadeguata a fronteggiare l’emergenza. Infatti, l’attuale aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) consente un taglio delle emissioni entro il 2030 di appena il 40,3 per cento rispetto al 1990. Un ulteriore passo indietro rispetto al già inadeguato 51 per cento previsto dal Pnrr”. I Paesi più inquinanti al mondo: le prestazioni peggiori I Paesi esportatori di combustibili fossili occupano gli ultimi posti della classifica CCPI 2023, che valuta la performance climatica a livello globale. Gli Emirati Arabi Uniti, l’Iran e l’Arabia Saudita emergono come i Paesi con le peggiori performance climatiche, seguiti dalla Cina, che mantiene la sua posizione al 51º posto, e dagli Stati Uniti, che scivolano al 57º posto. La Cina, principale emettitore globale di gas serra, continua a incrementare le sue emissioni, principalmente a causa della marcata dipendenza dal carbone. Gli Stati Uniti, al contrario, perdono cinque posizioni rispetto al 2022 a causa della scarsa attuazione delle misure previste dall’Inflation Reduction Act. Le conclusioni del rapporto CCPI 2023 sono un inequivocabile segnale che i Paesi esportatori di combustibili fossili devono intensificare gli sforzi per ridurre le emissioni e contribuire in modo significativo alla lotta contro i cambiamenti climatici. Solo tre Paesi, ovvero India, Germania e Unione Europea, si collocano nella parte alta della classifica CCPI 2023, riflettendo un impegno più forte nella gestione delle questioni climatiche. Al contrario, Canada, Russia, Sud Corea e Arabia Saudita, tra i Paesi del G20, registrano le peggiori performance climatiche. Considerando che i Paesi del G20 sono responsabili di oltre la metà delle emissioni globali di gas serra, diventa cruciale che questi Paesi intensifichino gli sforzi per ridurre le proprie emissioni e svolgano un ruolo significativo nella lotta contro i cambiamenti climatici. Per Legambiente l’Italia può centrare l’obiettivo climatico del 65% L’Italia ha la possibilità di raggiungere l’ambizioso obiettivo climatico del 65%, ma ciò richiede un deciso cambio di rotta. Secondo il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, il nostro Paese può abbattere le sue emissioni climalteranti di almeno il 65% entro il 2030, grazie soprattutto al contributo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili. Il Paris Compatible Scenario elaborato da Climate Analytics suggerisce che l’Italia può conseguire questo obiettivo incorporando una quota del 63% di energie rinnovabili nel suo mix energetico e del 91% nel mix elettrico entro il 2030. Per raggiungere la soglia del 65%, l’Italia dovrà inoltre abbandonare l’uso del carbone entro il 2025 e del gas fossile entro il 2035. Queste azioni posizionerebbero l’Italia sulla strada per raggiungere la neutralità climatica già nel 2040. Le conclusioni di Legambiente costituiscono un chiaro segnale che l’Italia ha il potenziale per contribuire significativamente alla lotta contro i cambiamenti climatici. Tuttavia, per realizzare questo obiettivo ambizioso, è imperativo che il Governo e le imprese si impegnino appieno nell’attuazione di misure concrete e immediate. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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