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Un momento della Conferenza stampa del Ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il PNRR, Raffaele Fitto. Img by governo.it Indice degli argomenti Toggle Nuovo PNRR, le tipologie delle modificheNuovi fondi per la transizione energeticaPNRR, gli interventi stralciatiLe promesse del governo e le reazioni delle associazioni Negli ultimi giorni il dibattito di politica, istituzioni e mondo economico si è concentrato sulla revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza: nella serata di giovedì infatti il governo ha presentato le modifiche alla quarta tranche del Piano, attese da tempo. Il giorno dopo la Commissione europea, dopo sette mesi di stallo, ha dato il via libera ai finanziamenti della terza rata di finanziamenti, del valore di 18,5 miliardi, e ai profondi cambiamenti proposti dall’esecutivo Meloni il giorno prima, che valgono 16,5 miliardi. In questo modo, nel 2023, l’Italia dovrebbe incassare 35 miliardi di euro. Cosi Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio, ha commentato la notizia: “Sono molto soddisfatta della decisione di oggi della Commissione europea, che ha deliberato il pagamento della terza rata del PNRR e ha approvato le modifiche proposte dal Governo sulla quarta rata. Un grande risultato che consentirà all’Italia di ricevere i 35 miliardi di euro previsti per il 2023 e che è frutto dell’intenso lavoro portato avanti in questi mesi e dalla forte sinergia del Governo con la Commissione europea. E per questo ringrazio in modo particolare la presidente von der Leyen. Il governo canta vittoria, le opposizioni, l’Anci, i sindacati e gli ambientalisti gridano invece allo scandalo, perché – a detta dei secondi – le consistenti modifiche alla quarta tranche, che ha rivisto 144 obiettivi su 349 e che definanzia (ovvero stralcia) nove misure del valore di 15,89 miliardi e aumenta il capitolo del RepoweEu fino a quota 19,2 miliardi, rappresentano uno schiaffo alle politiche di prevenzione dal dissesto idrogeologico (1,3 miliardi in meno), resilienza e valorizzazione dei piccoli Comuni (-6 miliardi), per le rigenerazione delle periferie dei centri maggiori (-5,8), tra cui i piani integrati delle quattordici Città metropolitane. Nuovo PNRR, le tipologie delle modifiche Nel complesso le modifiche, che riguardano 144 investimenti e riforme, possono essere distinte in tre categorie: a) modifiche formali, relative alla descrizione delle misure e soprattutto ai meccanismi di verifica; b) modifiche e riprogrammazioni delle misure che, a fronte di una impossibilità o forti criticità a raggiungere alcuni obiettivi e soprattutto target fisici, le amministrazioni hanno proposto di riprogrammare a favore di interventi coerenti di natura settoriale (in questa categoria rientrano anche le misure della transizione digitale. In particolare le amministrazioni a fronte di alcune criticità, propongono il rafforzamento degli interventi attraverso l’impiego delle economie maturate in sede di gara); c) misure che si propone di definanziare e di salvaguardare attraverso la copertura mediante altre fonti di finanziamento. Nuovi fondi per la transizione energetica Con le modifiche introdotte dall’esecutivo, il Pnrr si arricchisce di nuovi fondi destinati a sicurezza, transizione ed efficienza energetica: per attuare gli interventi previsti, si punta molto sulle imprese private. Al comparto dell’energia andranno così 1 miliardo e 892 milioni, 14 miliardi e 798 milioni per la transizione energetica e 420 milioni per il potenziamento delle reti del gas. Più nel dettaglio, nel primo caso si tratta di potenziare le reti elettriche con 900 milioni per le smart grids, 92 milioni per il Tyrrehenian Link-Est di Terna (si tratta del collegamento sottomarino di 490 chilometri che collegherà Termini Imerese in Sicilia a Battipaglia in Campania; nda), 200 milioni per progetti di digitalizzazione e sviluppo delle competenze per la transizione energetica, 140 milioni per lo sviluppo di progetti di interconnessione elettrica tra l’Italia e i Paesi confinanti e 500 milioni per il collegamento elettrico tra Sardegna, Corsica e Italia. I nuovi fondi per la transizione si spalmano invece su dieci differenti obiettivi, con queste dotazioni: 900 milioni per l’Hydrogen Valleys (aree industriali con economia basata sull’idrogeno, per promuovere a livello locale la produzione e l’uso di idrogeno nell’industria e nei trasporti; nda), 140 per la ricerca e sviluppo dell’impiego dell’idrogeno, 300 per la produzione di biocarburanti, 4 miliardi e 40 milioni per la transizione 5.0 green, 1 miliardo e 500 milioni come credito di imposta per l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, 320 milioni a sostegno di investimenti green e per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle piccole e medie imprese, 400 milioni per il miglioramento delle prestazioni e della sostenibilità nei settori agroalimentare, zootecnico, pesca, acquicoltura, silvicoltura e floricoltura, 3 miliardi e 600 milioni per interventi di efficientamento energetico sugli immobili pubblici, degli edifici di culto e delle caserme, 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali e per la riduzione delle emissioni delle navi, 400 milioni per l’Ecobonus cosiddetto sociale per interventi su immobili privati, agevolati al 100% e destinati ai redditi bassi. Infine, il finanziamento delle reti del gas si concentrerà con 375 milioni sulla linea Adriatica Fase 1 (centrale di Sulmona e gasdotto Sestino-Minerbio) e con 45 milioni per il potenziamento dell’Export Fase 1. PNRR, gli interventi stralciati Oltre a quelli citati in precedenza, la revisione operata dal governo ridimensiona anche gli obiettivi nel settore sanitario, in particolare quelli riguardanti la medicina territoriale, vale a dire gli ospedali e le case di comunità, che scendono di numero: i primi da 400 a 304, i secondi da 1.350 a 936. Vengono altresì ridotti i finanziamenti e di conseguenza i progetti di messa in sicurezza degli edifici scolastici, mentre per il capitolo università, per centrare il target dei posti letto per studenti fuori sede, viene eliminato il vincolo della stanza singola: in futuro quindi gli studentati avranno stanze doppie. Tra gli interventi derubricati dal Piano ci sono pure 724 milioni di sovvenzioni per potenziare le infrastrutture e i servizi di comunità nelle aree interne e nel Sud. Eliminati anche i 300 milioni destinati alla valorizzazione dei beni confiscati alle mafie. Nuovo bando per gli asili Per quanto riguarda gli asili nido e le scuole dell’infanzia, con le modifiche introdotte il governo stanzia 900 milioni di euro con l’obiettivo di attivare un nuovo bando. Le promesse del governo A fronte dei tagli operati, l’esecutivo Meloni, in particolare il ministro con delega al Piano, Raffaele Fitto, ha assicurato che una soluzione verrà trovata. Preoccupati sono i sindaci dei Comuni, che hanno visto tagliati oltre 13 dei circa 16 miliardi definanziati. I margini di manovra per recuperare i circa 16 miliardi attraverso la finanza pubblica sono assai risicati, per cui una soluzione a breve non pare all’orizzonte. Una possibilità potrebbe essere offerta dai fondi europei di coesione sociale, della programmazione Ue ordinaria e del Piano nazionale complementare. L’Ance non ci sta Dura la presa di posizione dell’associazione nazionale dei costruttori edili, che per bocca della sua presidente, Federica Brancaccio, dice no allo stralcio dei fondi per il dissesto idrogeologico e la rigenerazione urbana. “Non condividiamo – afferma la presidente nazionale – la scelta di stralciare dal Pnrr i fondi destinati al dissesto idrogeologico e alla rigenerazione urbana. I Comuni e le imprese sono fortemente impegnati su tutti i territori nel portare avanti questi interventi urgenti e non più procrastinabili visti anche i continui eventi calamitosi. Peraltro il monitoraggio della spesa sta premiando finora proprio i Comuni e gli interventi diffusi”. WWF: “Revisione senza logica” Diretto l’attacco al governo da parte del WWF, che parla di revisione priva di logica. “È inutile – afferma l’associazione ambientalista – parlare di un piano di prevenzione per contrastare il risanamento del territorio se, invece di aumentare le risorse previste dal PNRR, si riducono di oltre un terzo i già modesti investimenti destinati al dissesto. Il fronte più caldo per affrontare l’attuale emergenza climatica-ambientale è quella delle città, ma il governo sembra non accorgersene e azzera i fondi del Piano, ben 6 miliardi, destinati alla resilienza, alla valorizzazione del territorio, oltre che all’efficientamento energetico dei Comuni. Non solo: si dimezzano – da 6,3 a 3,3 miliardi – i fondi per la rigenerazione urbana e si tagliano 110 milioni dei 530 destinati alla forestazione in città. Sull’energia, se è positivo investire nelle reti elettriche, è negativo che si destinino fondi a favore delle reti gas di trasmissione e distribuzione, delle quali l’Italia non ha bisogno, come dimostra il superamento dell’emergenza energetica senza nuove infrastrutture e considerato che si deve andare verso l’elettrificazione per usufruire direttamente dell’energia prodotta con fonti rinnovabili, non certo trasformare la penisola nell’hub del gas europeo. Sono egualmente negativi, sia il taglio per i progetti innovativi, in particolare per quelli offshore, sia gli investimenti nei biocarburanti nelle raffinerie tradizionali “riconvertite”, combustibili tutt’altro che ecologici e inutili per ridurre le emissioni di CO2 come dimostrano le evidenze scientifiche. Per quel che riguarda l’idrogeno nei settori “hard to abate”, occorre un piano complessivo di decarbonizzazione, che non dia soldi a pioggia, ma assicuri la produzione di idrogeno verde e la possibilità concreta di utilizzarlo”. Istituto Nazionale di Urbanistica, lasciare le risorse alle opere per città e territori L’Istituto Nazionale di Urbanistica parla di un possibile passo indietro per la città pubblica e la messa in sicurezza del territorio dalla rimodulazione del PNRR e ricorda che è fondamentale garantire le risorse per gli interventi che interessano la rigenerazione urbana e il contrasto al rischio idrogeologico. “Stiamo parlando di 13 miliardi sui 16 complessivi tolti dal PNRR di diretta competenza dei Comuni, e di gare in molti casi fatte quando non di cantieri aperti e di opere già concluse”. Il rischio è che ci sia un forte rallentamento dei percorsi pianificati e avviati dal Comuni che “in questa prima fase di applicazione del piano hanno dimostrato di essere pronti ed efficienti nell’utilizzazione dei fondi”. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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