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Il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) è stato inviato alla Commissione Europea. Ora al vaglio degli organismi comunitari, la proposta aggiornata (424 pagine) sarà oggetto nei prossimi mesi di confronto con il Parlamento e le Regioni, oltre che del procedimento di Valutazione Ambientale Strategica, segnala il Mase. Lo stesso Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica ricorda che l’iter di approvazione del testo definitivo dovrà concludersi entro giugno 2024. Quest’anno, quindi, saranno decise le linee strategiche della politica energetica italiana. Il Pniec, come segnala in una nota il Ministero: “fissa gli obiettivi nazionali al 2030 su efficienza energetica, fonti rinnovabili e riduzione delle emissioni di CO2, come anche quelli in tema di sicurezza energetica, interconnessioni, mercato unico dell’energia e competitività, sviluppo e mobilità sostenibile”. Il testo prevede una quota del 40% di rinnovabili nei consumi finali lordi di energia che sale al 65% per i consumi solo elettrici. Il 37% di energia da rinnovabili per riscaldamento e raffrescamento, il 31% nei trasporti, 42% di idrogeno da rinnovabili per gli usi dell’industria. Cosa si trova nel Piano nazionale integrato energia e clima A proposito di energia e clima, l’Italia deve accelerare la transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili. Sulla carta il Pniec promuove l’abbandono del carbone per la generazione elettrica a favore di un mix elettrico basato su una quota crescente di FER e sul gas per la parte residua, riducendo le importazioni. “Si intende traguardare la quota del 40% dei consumi finali lordi di energia al 2030, in linea con il contributo atteso per il raggiungimento dell’obiettivo comunitario” si legge nella proposta. Sulle rinnovabili, in termini di tecnologie, quelle che vedranno maggiormente crescere il proprio contributo sono fotovoltaico ed eolico, per via della loro maggiore competitività che comporta minori costi per il sistema. A questo riguardo si vuole stimolare “la diffusione di soluzioni innovative che massimizzino la sinergia tra energia e ambiente, quali impianti agrivoltaici e offshore (eolici e fotovoltaici)”. Tra i vari elementi è ben presente un riferimento alle comunità energetiche. “L’attesa misura di attuazione di tali indirizzi comporterà un rilevante impulso alla diffusione dell’autoconsumo collettivo e comunità di energia rinnovabile, ipotizzabile in prima battuta nella realizzazione di circa 5 GW incrementali entro il 2027.” Particolare attenzione sarà posta alle interrelazioni tra le comunità energetiche rinnovabili e le comunità energetiche dei cittadini, che offrono la possibilità – oltre che di produrre, stoccare e consumare energia anche da fonti rinnovabili – di fornire servizi di efficienza energetica, di ricarica per veicoli elettrici e altri servizi energetici. Correlato al tema delle energie rinnovabili nel settore elettrico vi è il tema dello sviluppo dell’idrogeno, per il quale si prevede l’uso nell’industria come da obiettivo comunitario (in particolare nell’industria hard to abate), nonché nel settore dei trasporti. Non manca l’attenzione all’efficienza energetica, una dimensione giudicata fondamentale per il piano, contribuendo contemporaneamente alla riduzione dei consumi. Stante l’obiettivo estremamente sfidante di riduzione delle emissioni dell’insieme dei settori non-ETS, si attribuisce particolare rilevanza alle misure di efficienza energetica nei settori civile e trasporti. Il Mase si sofferma sulla necessità di puntare sulla sicurezza energetica. Su questo si legge: La comunicazione Repower EU del mese di maggio 2022 ha enfatizzato l’obiettivo di riduzione della dipendenza dalla Russia mediante l’incremento delle fonti rinnovabili, dell’efficienza energetica e della riduzione dei consumi. La stessa comunicazione ha invitato gli Stati Membri a introdurre politiche di diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas, facendo ricorso al gas naturale anche tramite GNL. In tale contesto, nel corso del 2022 l’Italia ha intensificato gli sforzi per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas naturale attraverso la stipula di nuovi accordi di fornitura via tubo e via GNL, incrementando l’utilizzo delle infrastrutture esistenti, inclusi impianti di stoccaggio e impianti di rigassificazione. Il parere delle associazioni, dagli ambientalisti… Sulla proposta di Piano nazionale integrato energia e clima, ora a Bruxelles, sono giunte le reazioni del mondo politico e delle associazioni. Wwf, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club e Transport & Environment hanno stilato una nota comune alla lettura della sintesi inviata dal Ministero. Indice degli argomenti Toggle Cosa si trova nel Piano nazionale integrato energia e climaIl parere delle associazioni, dagli ambientalisti…… alle pagelle e raccomandazioni di Ecco e AsvisL’opinione dell’esperto: parla Alessandro Marangoni Gli obiettivi sulle rinnovabili elettriche si fermano infatti ad un 65% al 2030 quando molte organizzazioni di settore, associazioni ambientaliste ed istituti di ricerca sostengono si possa fare decisamente di più. La sintesi del Pniec stabilisce che entro il 2030 si possano installare circa 74 GW di nuova capacità complessiva di fotovoltaico ed eolico, ma Elettricità Futura aveva presentato uno studio secondo cui, nello stesso lasso di tempo, si potrebbero installare ben 85 GW. Inoltre, secondo lo studio commissionato da Greenpeace, Legambiente e WWF a Ecco e Artelys se ne potrebbero installare addirittura 99 GW. Insomma, gli obiettivi assunti dal Pniec non sarebbero adeguati al percorso zero emissioni del sistema elettrico al 2035 come simulato nel citato studio ECCO-Artelys. Allo stesso tempo il Piano continua ad assegnare un ruolo troppo rilevante al gas naturale. Elettricità Futura ritiene che “l’attuale prima bozza del Pniec è un passo nella giusta direzione che però non rispecchia l’urgente necessità del nostro Paese di aumentare davvero l’indipendenza e la sicurezza energetica”. Ricorda che l’Italia importa l’80% del proprio fabbisogno, “ma essendo ricca di sole, vento, acqua e biomasse, potrebbe diminuire notevolmente la dipendenza energetica dall’estero proprio grazie alle rinnovabili”. La bozza di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima “dimostra sì la volontà del Governo ad alzare le ambizioni rispetto al vecchio Pniec 2019”. Tuttavia, l’emergenza energetica che abbiamo vissuto, l’attuale emergenza climatica, gli scenari di guerra e l’instabilità politica dei Paesi esportatori di fonti fossili, “dovrebbero spingere il nostro Paese a puntare, con più coraggio, verso una maggiore autonomia e sostenibilità energetica”. … alle pagelle e raccomandazioni di Ecco e Asvis Ecco, il think tank italiano per il clima, ha persino stilato una pagella sulla proposta del Piano. Il giudizio complessivo, non positivo, è ben argomentato. Innanzitutto mancano elementi chiave di una strategia per l’energia e il clima. Il Piano, secondo Ecco, non offre un coerente percorso di uscita dai combustibili fossili – in particolare per il gas – e in linea con l’obiettivo di neutralità climatica al 2050, non garantisce il raggiungimento degli obiettivi rinnovabili mediante un quadro di politiche incisivo e mirato e non tiene conto dell’obiettivo G7 sulla produzione elettrica sostanzialmente decarbonizzata al 2035. Inoltre “Non definisce un quadro di politiche e misure basato su di un’analisi critica dei risultati ottenuti sui settori non ETS (civile, trasporti, agricoltura, industria <20MW), dando priorità ad interventi più efficaci. L’approccio di ‘neutralità’ tecnologica non è suffragato da una trasparente valutazione, necessaria anche per misurare l’efficacia della spesa pubblica. Questo vale, ad esempio, per il sostegno verso le pompe di calore a gas e per le motorizzazioni endotermiche nel settore dei trasporti”. È però presente la volontà politica per miglioramento, senza dubbio l’elemento più positivo e distintivo di questo Piano. “Il vero lavoro inizia adesso”, rilevano gli analisti del think tank. Asvis – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile ha presentato dieci raccomandazioni sul tema. Si richiede, tra l’altro, una maggiore efficienza e operatività delle misure messe in campo dal Pniec, la definizione “chiara” dei ruoli e compiti delle diverse istituzioni, la risoluzione delle contrapposizioni tra diffusione degli impianti rinnovabili e tutela del paesaggio, l’aumento dell’efficienza energetica e lo stimolo di comportamenti individuali virtuosi (per consolidare le pratiche di risparmio energetico), la promozione di una mobilità sostenibile e la costruzione di una strategia che punti alla riduzione del traffico e delle emissioni, così come un maggiore investimento nell’innovazione tecnologica e nella ricerca. L’opinione dell’esperto: parla Alessandro Marangoni Quali sono le potenzialità e i limiti del Piano nazionale integrato energia e clima per chi opera nel settore? Secondo Alessandro Marangoni, Ceo di Althesys Strategic Consultants, economista specializzato in strategia e finanza nei settori energetici e ambientali, è bene partire dal comprendere i dati espressi nel documento riguardanti le fonti rinnovabili. «Non c’è dubbio che i dati relativi al nuovo installato, previsti dal Pniec, sono inferiori a molti scenari circolati per il 2030. Però, la differenza non è così sensibile. Secondo nostre analisi, si parla di meno di una dozzina di GW in meno nel Pniec rispetto allo scenario di Elettricità Futura, per esempio. A mio avviso, la questione vera riguarda le modalità di sviluppo concreta dell’installato. Siamo arrivati a “esultare” in Italia per i 3 GW dell’anno scorso proprio perché rappresentavano un grande salto in avanti rispetto alle entità minime degli anni precedenti. Quest’anno si respira un forte entusiasmo perché potremmo arrivare a 5 GW. Tuttavia c’è ancora una certa distanza da colmare dall’obiettivo medio annuo di circa 9-10 GW. Quindi, penso che se da una parte il Piano nazionale poteva essere un po’ più coraggioso, dall’altra non è così lontano dagli obiettivi più ambiziosi». I problemi principali sono legati alla burocrazia. L’esempio della bozza di decreto “aree idonee”, che ha ricevuto molte critiche, sia dagli operatori del fotovoltaico che dall’eolico, è emblematico. «Le critiche sono in parte fondate. Si pensi al fotovoltaico: il vincolo del 10% di terreno utilizzabile per installare impianti fotovoltaici, se confermato, mi pare oggettivamente distante dalla realtà. Oggi, su dieci ettari di terreno mediamente se ne possono utilizzare 7-8, tenuto conto delle aree di rispetto. Attuando i riferimenti del decreto “aree idonee” questo valore scenderebbe a un ettaro». Il collo di bottiglia rappresentato dalla trafila autorizzativa continua a essere forte. Si prenda a esempio l’eolico offshore, che è ancora in attesa del DM Fer2 a fronte di una pipeline di oltre 50 GW di progetti totali, mentre solo uno è entrato in funzione. La situazione d’incertezza mina le fondamenta dello sviluppo delle rinnovabili e la transizione energetica. «Nel 2022 sono stati autorizzati solo il 25% degli impianti FER secondo l’Irex Annual Report 2023 di Althesys. Potenzialmente, se si realizzasse il totale dei progetti si potrebbero soddisfare pienamente gli obiettivi del Pniec e oltre. Quindi, più che l’ambizione, il vero problema è la mancanza di strumenti per concretizzare l’attuazione dello sviluppo delle FER». Nelle varie voci del Piano, si possono trovare anche elementi positivi, segnala l’economista: «l’attenzione rivolta alle infrastrutture di energy storage la reputo importante, così come il tema delle comunità energetiche. Vero, siamo in attesa dei decreti attuativi, ma quello delle CER è un elemento innovativo». Una delle critiche rivolte al documento dedicato a energia e clima è l’attenzione rivolta ancora ai combustibili fossili, in particolare al gas naturale. Non c’è ancora modo di affrancarsi dall’oil&gas? «In linea di principio credo che una produzione elettrica dove il ruolo del gas possa essere del tutto residuale sia possibile. È obiettivamente difficile pensare a scenari 100% rinnovabili. L’Italia non è paragonabile alla Danimarca con l’eolico e nemmeno può contare sulla flessibilità garantita dall’idroelettrico della Scandinavia. Tuttavia, sono convinto che si possa arrivare a contare sul 70-80% di rinnovabili: tecnicamente è fattibile e sostenibile, più difficile però è prevedere in quanto tempo si potrà raggiungere l’obiettivo, perché esso richiede una serie di condizioni, tra cui quella fondamentale degli stoccaggi». Infine, ci sono degli elementi poco o per nulla toccati, a detta di Marangoni. «Il Pniec non è entrato nel merito della riforma del mercato elettrico, in discussione a Bruxelles, che finora è stata estremamente prudente». Un altro tema degno di menzione è l’agrivoltaico. «Da nostre analisi sappiamo che si registra una quantità enorme di progetti in fase di autorizzazione, ma anche in questo senso serve una maggiore definizione e chiarezza a livello di regole». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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