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A cura di: Raffaella Capritti Il 17 giugno si celebra la “Giornata mondiale della lotta alla desertificazione e alla siccità“, di cui quest’anno ricorre il trentesimo anniversario, voluta dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per aumentare la consapevolezza di un problema sempre più grave legato al cambiamento climatico, e che in particolar modo colpisce i paesi in via di sviluppo (soprattutto l’Africa), ma che può essere affrontato grazie a soluzioni e strumenti che richiedono la cooperazione a livello internazionale. Il tema dell’edizione 2024 “United for Land. Our Legacy. Our Future” (Uniti per la terra. La nostra eredità. Il nostro futuro), mette in luce l’importanza della collaborazione per garantire la stabilità e la prosperità di miliardi di persone in tutto il mondo. L’evento di quest’anno coincide con il 30° anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD), l’unico accordo globale dedicato alla gestione sostenibile della terra ratificato da 196 Paesi e dall’Unione Europea. Che impatto ha la desertificazione? A prescindere da dove si viva, le conseguenze di siccità e desertificazione interessano tutti noi. A livello globale, il 23% della terra non è più produttivo; il 75% è stato trasformato dal suo stato naturale, soprattutto per l’agricoltura, e il ritmo di questa trasformazione si è accelerato in maniera significativa negli ultimi 50 anni a causa del cambiamento climatico. La desertificazione, il degrado del territorio e la siccità (DLDD) hanno un impatto diretto sulla vita quotidiana di ognuno di noi e sono tra le sfide ambientali più urgenti del nostro tempo, considerando che il 40% di tutta la superficie terrestre nel mondo è già considerata degradata. Una terra “sana”, oltre a fornirci circa il 95% del cibo con cui ci sosteniamo, ci dà lavoro, mezzi di sussistenza e ci protegge dai fenomeni metereologici estremi. Eppure, ogni secondo, l’equivalente di quattro campi da calcio di terra sana si degrada, per un totale di 100 milioni di ettari ogni anno e, per invertire la rotta, sono stati presi impegni per il recupero di 1 miliardo di ettari di aree degradate entro il 2030, tra cui, per esempio, dimezzare le aree degradate entro il 2040. La crescita della popolazione mondiale, unita a modelli di produzione e consumo insostenibili, alimentano la domanda di risorse naturali, esercitando una pressione eccessiva sulla terra. Inoltre la desertificazione e la siccità stanno provocando un aumento delle migrazioni. Degli 8 miliardi di abitanti del mondo, oltre un miliardo di giovani sotto i 25 anni vive nei Paesi in via di sviluppo, in particolare nelle regioni che dipendono direttamente dalla terra e dalle risorse naturali per il proprio sostentamento. Su questi paesi bisognerebbe investire, creando possibilità di lavoro e sviluppo, a partire dal ripristino della terra: ogni dollaro investito può fruttare fino a 30 dollari. Italia: degrado per il 17,4% della superficie nazionale Secondo i dati dell’Ispra, elaborati a partire dagli indicatori adottati dalle Nazioni Unite per il calcolo delle aree degradate, il 17,4% della superficie nazionale presenta segni di degrado: erosione, salinizzazione, compattazione, contaminazione e impermeabilizzazione. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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