Il 2020 sulla buona strada per essere tra gli anni più caldi di sempre

Il 2020 si avvia a essere il terzo anno più caldo di sempre e il mondo potrebbe raggiungere il punto di non ritorno del cambiamento climatico entro il 2024. Per limitare l’aumento della temperatura i Paesi devono ridurre la produzione di combustibili fossili del 6% all’anno tra il 2020 e il 2030

Il 2020 sulla buona strada per essere tra gli anni più caldi di sempre

Prosegue la tendenza ormai iniziata da 6 anni che vede ogni anno più caldo: non fa eccezione il 2020 che secondo le stime dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale (OMM) si avvia ad essere il terzo anno più caldo in assoluto.

Il continuo aumento dei livelli di anidride carbonica in atmosfera – un fenomeno che è continuato nonostante il blocco degli spostamenti durante la pandemia – continuerà ad avere effetti sull’aumento della temperatura per i decenni a venire.

“La temperatura media globale nel 2020 sarà di circa 1,2 °C al di sopra del livello preindustriale (1850-1900). C’è almeno una possibilità su cinque che superi temporaneamente 1,5 °C entro il 2024”, ha dichiarato il segretario generale dell’OMM Petteri Taalas.

Il Segretario Generale dell’ONU António Guterres in un recente discorso tenuto mercoledì alla Columbia University di New York, ha ricordato che la lotta contro la crisi climatica è la priorità assoluta per il 21° secolo. “La natura sta reagendo, con “forza e furia crescente”, alla cattiva gestione dell’ambiente da parte dell’umanità, che ha visto il collasso della biodiversità, la diffusione dei deserti e il raggiungimento di temperature record negli oceani. Nonostante la crisi economica legata alla pandemia che ha temporaneamente rallentato le emissioni di gas serra, i livelli di anidride carbonica, protossido di azoto e metano sono ancora in aumento, con un livello record di CO2 nell’atmosfera. Nonostante questa preoccupante tendenza, si prevede che la produzione di combustibili fossili – responsabile di una quota significativa di gas serra – continuerà a crescere”.

Guterres ha invitato tutti i paesi, le città e le imprese a puntare al 2050 come data entro la quale raggiungere la neutralità del carbonio – per fermare almeno l’aumento delle emissioni a livello nazionale.

Con il costo delle energie rinnovabili che continua a diminuire, questa transizione ha senso dal punto di vista economico e porterà alla creazione di 18 milioni di posti di lavoro nei prossimi 10 anni. Ciononostante, ha sottolineato il capo dell’ONU, il G20, le più grandi economie mondiali, stanno pianificando di spendere il 50% in più per i settori legati alla produzione e al consumo di combustibili fossili, piuttosto che per l’energia a basse emissioni di carbonio.

La soglia da non superare

L’accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, sostenuto da quasi tutti i paesi del pianeta, come sappiamo richiede di mantenere la temperatura globale a 1,5°C al di sopra dei livelli dell’era preindustriale.

Secondo il Production Gap report (che misura il divario tra gli obiettivi della COP di Parigi e la produzione pianificata e prevista dei paesi di carbone, petrolio e gas), la cui seconda edizione è stata pubblicata dall’ONU mercoledì, per rallentare l’aumento della temperatura ed evitare la catastrofe, il mondo ha bisogno di un’azione radicale: i Paesi devono ridurre la produzione di combustibili fossili del 6% all’anno tra il 2020 e il 2030, al contrario stanno pianificando e proiettando un aumento medio annuo del 2%, che entro il 2030 si tradurrebbe in più del doppio della produzione coerente con il limite di 1,5°C.

I governi continuano invece a produrre carbone, petrolio e gas ben al di sopra dei livelli coerenti con i limiti di temperatura previsti dall’accordo di Parigi. Dal Rapporto emerge che i paesi  pianificano di produrre il 120% in più di combustibili fossili entro il 2030 rispetto a quanto sarebbe coerente con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C.

Nel 2020 le temperature sono aumentate nonostante la presenza de La Niña, fenomeno meteorologico che provoca un raffreddamento della temperatura delle acque superficiali dell’Oceano Pacifico centrale ed orientale con effetti sul clima di tutto il pianeta e che generalmente provoca un abbassamento delle temperature. Il il Prof. Taalas ha infatti spiegato che gli “Anni caldi da record hanno di solito coinciso con un forte evento di El Niño, come nel 2016. Ora stiamo vivendo La Niña, che ha un effetto di raffreddamento sulle temperature globali, ma questo non è stato sufficiente a frenare il caldo di quest’anno, quasi record, paragonabile al precedente record del 2016”.

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