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A cura di:La Redazione Sempre meno rifiuti in discarica, sempre più riciclo e recupero energetico delle frazioni non riciclabili, tramite la termovalorizzazione: è questo il futuro. Lo spiega in modo dettagliato Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, nello studio “Rifiuti urbani, fabbisogni impiantistici attuali e al 2035” presentato alla fiera Ecomondo 2023. Il report, giunto alla quarta edizione, è basato sul Rapporto 2022 di ISPRA sui Rifiuti Urbani (dati del 2021) e si focalizza sugli impianti di digestione anaerobica per il trattamento dei rifiuti organici e su quelli di recupero energetico per ciò che non è riciclabile. Quest’ultimo punto, in particolare, risulta critico. Termovalorizzazione per rispettare gli obiettivi UE Per conseguire gli obiettivi di economica circolare fissati dall’Europa al 2035, in Italia è necessario investire in nuovi impianti per il recupero energetico dei rifiuti non riciclabili. Attualmente, infatti, gli impianti di termovalorizzazione esistenti sono pochi e presenti in modo disomogeneo sul territorio. Questo fa sì che i rifiuti debbano essere spostati tra le diverse Regioni dello Stivale e che molti finiscano ancora in discarica. Oggi i territori che registrano le percentuali più alte di raccolta differenziata sono quelli in cui è presente il maggior numero di impianti. Ma c’è ancora molto da fare: servirebbero impianti di termovalorizzazione in grado di gestire circa 2,35 milioni di tonnellate di rifiuti. A Nord il deficit è stimato in 150mila tonnellate, nelle Regioni del Centro di ben 1,15 milioni di tonnellate. Alto anche a Sud il fabbisogno di recupero energetico (550mila tonnellate). Sicilia e Sardegna, infine, sono in deficit rispettivamente di 550mila e 150mila tonnellate. Il costo (anche ambientale) della gestione attuale Sono 29,6 milioni le tonnellate di rifiuti urbani prodotti in Italia nel 2021. Di queste, circa 3,7 milioni sono state trattate in regioni diverse da quelle di origine. I viaggi dei rifiuti hanno un elevato costo, sia economico sia ambientale. In un anno sono circa 160.000 i viaggi di camion effettuati, pari a circa 75 milioni di euro di costo a carico dei cittadini, di cui il 90% a carico delle regioni del Centro-Sud (causato dall’aumento della Tari, la tassa dei rifiuti). A livello ambientale, questo genera l’emissione di oltre 55.000 tonnellate di CO2. Senza contare che nel 2022 l’Italia ha dovuto pagare circa 50 milioni di euro di multe all’Ue per le inadempienze e contestazioni sulla gestione dei rifiuti. Il futuro delle discariche I target Ue al 2035 impongono di arrivare a riciclare il 65% dei rifiuti, e di portarne in discarica una quota non superiore al 10%. Oggi le percentuali medie in Italia si attestano a un riciclo effettivo del 48,1% e allo smaltimento del 19%. Le discariche hanno un forte impatto ambientale per le loro emissioni di gas serra. Eppure nel 2021 sono finite in discarica 5,6 milioni di tonnellate di rifiuti urbani; 940mila erano provenienti da Regioni diverse da quelle di smaltimento. Bisogna prendere atto che le discariche sono destinate a sparire in tempi più o meno brevi: al Nord in 4/5 anni, al Centro in 3/4 anni, nel Sud peninsulare in 2/3 mentre in Sardegna e Sicilia fra 1/2 anni. In assenza di nuovi impianti di termovalorizzazione, quindi, la chiusura delle discariche – soprattutto al Sud – porterà a un aumento dei viaggi della spazzatura verso gli impianti del Nord o verso l’estero. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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