Rinnovabili, transizione energetica e Covid: ecco di cosa ha bisogno l’eolico italiano

Pandemia e crisi, burocrazia, obiettivi 2030: l’eolico italiano, archiviato un 2020 complesso, lavora al futuro. Le prospettive di sviluppo ci sono, segnala il presidente ANEV Simone Togni

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Rinnovabili, transizione energetica e Covid: ecco di cosa ha bisogno l’eolico italiano

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Tra le fonti energetiche rinnovabili, quella eolica è una delle più importanti, anche in Italia dove la transizione energetica è una prassi in via di definizione. Lo sottolinea lo stesso presidente ANEV Simone Togni: «la riconversione dell’economia in chiave “verde” è un processo già in atto e l’eolico fa parte di questo fenomeno. Il settore eolico ha un obiettivo di potenza pari a quasi 20 GW e sta al Governo eliminare gli ostacoli burocratici che negli anni hanno frenato lo sviluppo del settore, dando così la possibilità di realizzare fino a ben oltre 40 TWh di energia pulita». Solo nel 2019 l’eolico ha prodotto energia pulita in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 20 milioni di persone e ha fatto risparmiare circa 12 tonnellate di emissioni di CO2 e 25 milioni di barili di petrolio. Oggi la fonte eolica rappresenta il 9% della produzione elettrica nazionale.

Simone Togni, presidente ANEV Ma cosa ha significato – e significa – la pandemia Covid-19 per l’eolico italiano, quali sono gli obiettivi per il 2021 e soprattutto quali sono i vincoli e le opportunità che il settore nazionale dell’energia del vento oggi avverte? Tutte le risposte le fornisce lo stesso presidente dell’Associazione Nazionale Energia del Vento che raggruppa circa 95 aziende del settore.

Che fornisce un’anticipazione in tema di eolico offshore: «stiamo per inviare al Governo, che deve aggiornare gli obiettivi al 2030 del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, uno studio che rivede il potenziale dell’offshore da 900 MW ad oltre cinque volte tanto».

Presidente Togni, partiamo dal 2020 da poco concluso. Che anno è stato per l’eolico italiano?

«Il settore eolico ha dimostrato una grande compattezza e capacità di reagire davanti all’emergenza sanitaria dimostrando grande senso della responsabilità. Il periodo passato tra l’altro è stato complicato per i produttori da eolico perché a fronte di un aumento significativo dei costi di produzione e manutenzione, dovuti alle procedure COVID-19 e ai minori incassi dovuti al calo significativo del costo dell’energia elettrica, non hanno potuto beneficiare dell’equivalente calo delle materie prime fossili come invece i grandi produttori tradizionali. Tuttavia tale sperequazione di prezzi sarà recuperata dai produttori da fonti rinnovabili nei prossimi anni.

Il 2020 è stato un anno ancora molto fiacco per l’eolico. Infatti, a oggi la potenza eolica in Italia è cresciuta molto meno dell’atteso, arrivando a 10,7 GW di potenza installata. La produzione invece è rimasta costante nonostante un anno di bassa ventosità. Partendo dai giorni duri del lockdown, quando si metteva in dubbio anche la tenuta del sistema elettrico, gli operatori dell’eolico, fonte che oggi rappresenta il 9% della produzione elettrica nazionale, hanno saputo fare fronte comune organizzandosi, dividendo il personale in squadre per evitare contagi, per monitorare impianto per impianto e mantenere l’efficienza dei parchi.

Di contro il settore, come detto, si è visto aumentare i costi per le nuove procedure legate al contrasto della diffusione del Covid-19, senza beneficiare della diminuzione dei prezzi delle materie prime.

Qual è l’ostacolo principale per il settore eolico?

È sempre quello della semplificazione amministrativa. Contrariamente al passato, ora c’è la consapevolezza che è un problema da affrontare, ma si continua a girare a vuoto.

Semplificare le procedure amministrative per lo sviluppo dell'eolico in Italia

Il decreto di quest’estate, il DL Semplificazioni, non è servito a risolvere lo stallo. L’ANEV lo aveva sottolineato e mi fa piacere che ora anche il Governo evidenzi la necessità di semplificare ulteriormente le procedure, anche alla luce del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dal Governo di cui parlerò dopo.

L’anno da poco cominciato sarà caratterizzato dal Recovery Plan italiano e dal cospicuo stanziamento per la transizione ecologica che comprende la transizione energetica. Cosa implicherà questo per l’eolico?

Partendo dal Pniec, il Piano nazionale energia e clima, i relativi target dovranno essere rivisti alla luce dei nuovi obiettivi Ue e non c’è tempo da perdere. In tale contesto noi vediamo grandi possibilità nello sviluppo dell’eolico tradizionale e dell’eolico offshore che nel giro di dieci anni raggiungerà la maturità economica sufficiente a renderlo una risorsa indispensabile alla transizione energetica grazie al suo potenziale enorme. Accanto alle semplificazioni, serve anche una visione di lungo periodo e in questa direzione prorogare le aste al 2030 è un atto dovuto.

In Italia importanti possibilità di sviluppo per l'eolico offshore

Ma forse la preoccupazione maggiore oggi per il mondo eolico è legata al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19.

Qual è la preoccupazione più sentita in tema PNRR?

Nel Piano appena approvato dal Governo sono state definite le azioni necessarie al rilancio del Paese, ma purtroppo sembra che siano stati preferiti interventi di poche grandi aziende rispetto all’individuazione di progetti da realizzare che potessero essere una base per la ripartenza, aperti alle forze del Paese con semplificazioni ed agevolazioni diffuse, insomma avremmo preferito vedere anche possibilità per la media e piccola impresa che è quella che più di altre sta investendo in tecnologie per la transizione.

Rinnovabili e Piano nazionale di ripresa e resilienza

Cosa c’è di più resiliente delle rinnovabili e dell’efficienza? Le associazioni FER non sono state però neanche ascoltate, un errore clamoroso completamente in contrasto con le dichiarazioni del Governo, con un Ministero dello Sviluppo Economico poco presente, un Ministero dell’Ambiente in ritardo sulle Via e un Ministero dei Beni Culturali contrario a ogni semplificazione.

Si rischia di catapultare l’Italia come al solito nel passato rispetto agli altri Paesi europei, e questo sarebbe molto grave e riporterebbe indietro l’Italia relegandola al ruolo di retroguardia a livello Europeo.

Sorgerà in Italia il più grande parco eolico offshore galleggiante del Mediterraneo. A parte questo, ci sono altri progetti in via di definizione?

Come detto l’eolico offshore nei prossimi anni avrà un ruolo sempre più centrale anche in Italia. In particolare la tecnologia flottante è assolutamente dirompente, in generale e soprattutto per mari come il Mediterraneo, dove i fondali immediatamente profondi rendono le tecnologie offshore tradizionali non convenienti.

Oggi l’utilizzo di piattaforme galleggianti (floating offshore wind) permette l’istallazione di impianti anche in aree dove le batimetrie elevate non permettevano la progettazione di turbine con fondamenta fisse (bottom fixed), ampliando notevolmente le potenzialità di utilizzo dell’energia eolica nei mari italiani, caratterizzati da profondità superiori a quelle che hanno consentito le istallazioni di turbine con fondamenta fisse nel mar Baltico e nel Mare del Nord.

Che ruolo potrebbe avere nel nostro Paese l’eolico offshore galleggiante, a livello industriale e di R&D?

Stiamo per inviare al Governo, che deve aggiornare gli obiettivi al 2030 del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, uno studio che rivede il potenziale dell’offshore da 900 MW ad oltre cinque volte tanto.

Le potenzialità dell'eolico offshore in Italia

Dagli studi fatti dall’ANEV si evidenzia infatti che i mari italiani godono di una notevole risorsa eolica offshore disponibile per contribuire alla transizione energetica in atto, in un’ottica di decarbonizzazione e indipendenza energetica.

In particolare, il potenziale dell’eolico offshore nei mari italiani stimato dall’ANEV, partendo da un’analisi basata sulle tecnologie attuali/prevedibili è di 5,5 GW al 2030, cioè ben più degli attuali obiettivi del PNIEC. Ciò anche grazie alle imprese italiane che già hanno un’esperienza maturata nel settore e sviluppano tecnologie nazionali innovative e all’avanguardia.

Mini e micro eolico: cosa serve per riuscire a sbloccare questo comparto?

Il mini eolico e micro elico, intendendo con questa denominazione gli impianti da fonte eolica di potenza inferiore rispettivamente inferiore a 60KW e a 20 KW, ha avuto tra il 2012 e il 2018 una importante crescita in termini di numerosità e potenza installata, essenzialmente riconducibile alla possibilità di poter beneficiare di titoli autorizzativi semplificati come la PAS (Procedura Abilitativa Semplificata), a una modalità di accesso “diretto” agli incentivi e a un valore di tariffe incentivanti previste dai Decreti Ministeriali allora vigenti (DM2012 e DM2016), che rendevano sostenibili gli investimenti effettuati.

Negli ultimi anni a partire dal 2019, le tariffe incentivanti previste dal vigente Decreto Ministeriale (DM2019) sono state notevolmente ridotte e si aggiunto anche l’onere di doversi iscrivere a registro, in quanto il Decreto non prevede più la modalità di accesso diretto all’incentivo. Ne è conseguito, in simili condizioni, una insostenibilità economica per queste tipologie di investimento con l’effetto che numerosi produttori di macchine eoliche o hanno abbandonato il mercato italiano rivolgendosi esclusivamente a quello estero o hanno dismesso le loro catene di produzione con i conseguenti impatti significativi e negativi sull’indotto.

Quali sono le vostre richieste sul tema mini e micro eolico?

ANEV, consapevole di una simile situazione e a salvaguardia del comparto del mini eolico e micro eolico, ha proposto nelle dovute sedi istituzionali alcuni correttivi al DM 2019, chiedendo essenzialmente delle tariffe incentivanti maggiori e compatibili con gli investimenti necessari, nonché la possibilità di avere un registro specifico per la fonte eolica di piccola taglia che non subisse la competitività, dal punto di vista economico, della fonte fotovoltaica solare i cui costi di investimento risultano notevolmente inferiori.

Non essendoci infatti le condizioni di neutralità tecnologica tra la fonte eolica e quella fotovoltaica a cui si ispira il DM2019, ancora più accentuata per gli impianti eolici di piccola potenza, il mini eolico e il microelico si trovano in una condizione di svantaggio che ha impattato significativamente su tutta la filiera industriale del comparto fino a quasi far scomparire la presenza di operatori di questo specifico settore.

Idrogeno verde ed eolico: è un’opportunità in più per lo sviluppo dell’energia da vento? Se sì, quali passi sono necessari per una combinazione e sviluppo virtuosi?

Sebbene secondo alcuni studi in fase sperimentale dicano che entro il 2050, il 25% del fabbisogno energetico, sistema dei trasporti compresi, sarà coperto dalla tecnologia dell’idrogeno che potrà quindi sostituire la quota al momento soddisfatta dagli impianti a carbone a livello globale, ci sono ancora molte ombre sull’efficienza effettiva di questa tecnologia in tempi brevi e sul suo costo.

Il fatto che i principali colossi energetici tradizionali abbiano manifestato interesse, alleandosi per realizzare impianti a idrogeno nei prossimi anni dice molto. Puntare su soluzioni a zero emissioni ha senso se per farle funzionare si utilizza al 100% energia pulita, quindi le rinnovabili e l’eolico. La nostra posizione è in sintesi la seguente: l’idrogeno è una tecnologia interessante, ma ha senso solo se ‘verde’, bisogna lavorare per renderlo competitivo e avvicinare temporalmente quanto più possibile tale data.

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