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Riqualificazione di un vecchio edificio di Parigi firmata Malka Architecture, attraverso una successione di ampliamenti, aggiungendo moduli sia temporanei che stabili, finestre e logge La ricerca di nuove soluzioni progettuali che rispondano alle necessità abitative di oggi, ha portato nel tempo a interessanti sperimentazioni architettoniche. I progettisti si sentono stimolati a trovare e avanzare proposte, sperimentando nel campo del risparmio energetico, delle nuove esigenze abitative e della sostenibilità. Una di queste sperimentazioni, diffusasi negli ultimi anni, ha portato allo sviluppo dell’architettura parassita. Cos’è l’architettura parassita La società e le città non sono un qualcosa di statico, mutano nel tempo e con esse le esigenze e le aspettative delle persone. Inoltre, nuove problematiche richiedono soluzioni progettuali ed urbanistiche innovative. La crescita demografica nei centri urbani, l’eccessivo consumo di suolo, l’inquinamento urbano sono solo alcune delle principali tematiche da affrontare oggi. L’architettura parassita permette, in un certo senso, di riciclare e ridefinire lo spazio urbano, “rubando” qualcosa da altri edifici esistenti per il proprio sostentamento. Questa strategia permette di innestare elementi nuovi, in contesti ed edifici esistenti. Il termine prende proprio ispirazione dal mondo naturale e dal comportamento dei parassiti, che sono soggetti distinti dal loro ospite, dal quale però dipendono per necessità. Las Palmas Parasite, di Korteknie e Stuhlmacher, 2001 Rotterdam Uno dei primi esempi di architettura parassita, concepita consapevolmente come tale, risale ai primi anni 2000, quando Korteknie e Stuhlmacher realizzarono “Las Palmas Parasite”. Si trattava di un prototipo installato in un magazzino in disuso, dove i due progettisti allestirono una mostra su nuove soluzioni di riciclo urbano, piccoli edifici rispettosi dei principi del risparmio energetico. Questo ed altri esempi degli anni successivi, sono comunque riconducibili al tema della temporaneità dell’architettura. Il rapporto tra l’architettura parassita e il tessuto urbano esistente Queste aggiunte, proprio come i parassiti, sono entità ben distinte dal loro ospite, ma dipendono dall’edificio esistente. Il legame di dipendenza può essere di natura impiantistica, spaziale, strutturale o funzionale. Rooftop House è un progetto presentato al Solar Decathlon Europe dall’università di Berlino, che si prefigge di rispondere alle problematiche e alle necessità delle città di oggi. Un modulo indipendente che occuperà il tetto degli edifici esistenti, aumentando la densità urbana e l’efficienza energetica dell’intero edificio. La relazione con il contesto, quindi, è imprescindibile. L’architettura parassita permette al progettista di esprimersi nei confini di una struttura urbana preesistente, leggendone le caratteristiche, i limiti e le opportunità. Nelle città sempre più spesso la crescita urbana incontrollata porta a squilibri nell’offerta dei servizi, sovraffollamento o degrado e il progetto di architettura parassita può sopperire a mancanze e risolvere squilibri. MVRDV firma l’ampliamento dell’abitazione di una famiglia olandese, nella città di Rotterdam. La strada scelta è quella di salire in altezza, aggiungere due volumi raggiungibili con delle scale a chiocciola. Un innesto che è perfettamente distinguibile dall’esistente, ma in rapporto con esso. Una soluzione che opta per un’idea di densificazione urbana, un prototipo per altri interventi della stessa natura. Intervenendo in questo modo si modifica la densità urbana, riempiendo i diffusi vuoti urbani, e si ottimizzano lo spazio e il costruito esistente. L’architettura parassita, infatti, è ancora vista come un territorio di sperimentazione, talvolta dai connotati perfino artistici, difficilmente come uno strumento di intervento urbanistico governato secondo piani e logiche programmatiche. Questo anche per regolamentazioni e limiti normativi, che spesso rendono complicati interventi di innesto sull’esistente. Tipologie di parassitismo: il rapporto con l’esistente Proprio come per il mondo animale, una classificazione degli interventi di architettura parassita può essere fatta sulla base della loro collocazione – e quindi del rapporto che ne scaturisce – rispetto all’esistente. Si propone di ragionare sul rapporto che il parassita ha con il suo ospite, proprio perché è questa peculiarità a distinguere l’architettura parassita da altri tipi di interventi. Un primo esempio è quello che definiamo “endoparassitismo”, riferito a quei casi in cui l’innesto si trova all’interno dell’edificio esistente, che diventa un guscio, una protezione del nuovo oggetto. Questo tipo di intervento riguarda, quindi, tutti quei progetti che mantengono l’assetto murario originario e vanno a riempire dei vuoti interni, modificandone più o meno radicalmente la natura. L’inserimento del “parassita” può essere fatto occupando un intero volume o una sua parte, in uno spazio chiuso o in un cortile. Il rapporto che si crea in questo caso è quello della protezione, svincolando completamene l’oggetto nuovo dal rapporto con l’esterno e dalla necessità di relazionarsi con un ambiente aperto, il clima ed eventuali altri fattori. Senza il suo ospite, il parassita non può vivere. Quello firmato da FNP Architekten è un caso esemplare di endoparassitismo, con la realizzazione di una nuova scatola inserita in un volume esistente, riempendolo completamente. La muratura esterna rimane intatta e il nuovo oggetto vive in essa Diverso è il caso in cui l’innesto venga fatto all’esterno. Le ville sui tetti, la stanza aggiunta, corpi che sormontano edifici esistenti in diversi modi e forme, in tutti questi casi il parassita è autonomo da un punto di vista funzionale. Nell’immagine un famoso ampliamento residenziale realizzato dall’artista Stefan Eberstadt a Lipsia, in Germania. Si tratta di un cubo realizzato in metallo e legno lamellare, che sospeso sulla facciata grazie a dei tiranti metallici permette di guadagnare uno spazio di 9mq circa. Ha una finitura completa e spesso anche un sistema impiantistico indipendente, ma necessità del suo ospite per avere lo spazio sufficiente per vivere. Nelle città l’ectoparassitismo è molto diffuso, in quanto si tende a riempire vuoti urbani e rispondere a esigenze abitative in contesti ad elevata densità, “aggiungendo nuovi pezzi”. Si tratta, in sostanza, di una vera e propria reinterpretazione dell’esistente, permettendo alle città di evolversi prendendo nuove e interessanti strade. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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