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Uno studio della Società di medicina ambientale (Sima), condotto insieme con le università di Bari e di Bologna potrebbe offrire anche una spiegazione ambientale all’epidemia del Covid-19 nel Nord. L’inquinamento dell’aria ne favorisce la diffusione perché le polveri sottili svolgono una funzione amplificatrice del virus, formando un substrato che consente ai microbi di restare attivi e vitali per più tempo. a cura di Tommaso Tetro Potrebbe esserci anche una spiegazione ambientale dietro l’epidemia di Coronavirus; e soprattutto riuscirebbe a svelare, almeno in parte, perché la Lombardia è sotto attacco, e perché il maggior numero di contagi riguardano la pianura padana, e più in generale il Nord. La motivazione potrebbe essere nascosta nell’inquinamento dell’aria: lo smog infatti favorisce la diffusione del Covid-19, secondo una ricerca in corso della Società di medicina ambientale (Sima), condotta insieme con le università di Bari e di Bologna. I numeri della pandemia in Italia sono agghiaccianti. E le polveri sottili, come afferma la ricerca, hanno svolto una funzione amplificatrice del virus: cioè hanno formato un substrato che consente ai microbi di restare attivi e vitali in aria per più tempo, in una forbice che va da poche ore a giorni. Si può quindi dire – spiega la ricerca – “le alte concentrazioni” di smog registrate “a febbraio in pianura padana” hanno svolto un ruolo di “accelerazione” alla “diffusione virulenta dell’epidemia”. L’impatto del Covid-19 sull’inquinamento Secondo la Bbc – che ha messo insieme una serie di analisi e contributi scientifici – la pandemia coronavirus ha portato un calo significativo dei livelli di inquinanti atmosferici e di gas serra in diverse città e regioni del mondo. E, per esempio secondo i ricercatori della Columbia university, una stima sui livelli di traffico a New York parla di una riduzione del 35% rispetto a un anno fa, con le emissioni in diminuzione del 50%; la CO2 è scesa del 5-10% sempre a New York. Mentre in Cina c’è stato un calo del 25% del consumo di energia e di emissioni, con il risultato che potrebbe esserci una discesa complessiva di circa l’1% di CO2 quest’anno. Dal momento che gli scienziati attribuiscono già, anche in altre analisi, alle polveri sottili una veste di ‘vettore’ per la trasmissione di una gran quantità di virus, bisogna declinare questi elementi con il fatto che il Nord è storicamente, e purtroppo cronicamente, l’area più colpita dall’inquinamento atmosferico. I ricercatori hanno esaminato i dati sullo smog rispetto al numero di sforamenti del limite consentito dalla legge (50 microgrammi/m3 in media al giorno, per un massimo di 35 giorni in un anno) – raccolti dalle centraline per rilevare lo smog delle Agenzie regionali per la protezione ambientale; e poi hanno preso in considerazione i casi di contagio di coronavirus della Protezione civile. Alla fine li hanno incrociati. Quello che è emerso è una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di Pm10 registrati nel periodo tra il 10 e il 29 febbraio e il numero di casi infetti aggiornati al 3 marzo. In particolare hanno osservato un’espansione del virus con accelerazioni anomale, a distanza di due settimane, dove c’erano le più alte concentrazioni di polveri sottili. “L’effetto più evidente – afferma Leonardo Setti, ricercatore del dipartimento di chimica dell’università di Bologna – si ha in quelle province dove ci sono stati i primi focolai”. La traduzione è che, secondo Gianluigi de Gennaro, ricercatore del dipartimento di biologia dell’università di Bari, “le polveri sottili stanno veicolando il virus. Più ce ne sono, e più si creano autostrade per i contagi”. Il presidente della Sima, Alessandro Miani, fa presente che in base ai risultati della ricerca “l’attuale distanza di sicurezza potrebbe non essere sufficiente”. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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