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A cura di: Pietro Mezzi Un esempio di abitazione riqualificata energeticamente in Olanda (credits, Energiesprong) Indice degli argomenti: Obiettivi, modelli e modalità di intervento Serve un cambio di passo Parla il presidente Paolo Pietrogrande Parla Lorenzo Bellicini, direttore tecnico del Cresme Le proposte dell’amministratore delegato Thomas Miorin Edera ovvero Enabling Deep Regeneration (abilitare la rigenerazione in profondità). È questo il motto dell’iniziativa presentata in diretta social da Ance, Redo e Fondazione Housing Sociale. Il primo partner lo conosciamo bene, è l’associazione nazionale dei costruttori edili; Redo è invece una società benefit (Fondazione Cariplo, Cassa depositi e prestiti, Intesa e Investire Sgr) che gestisce un fondo immobiliare; la fondazione è l’advisor tecnico e sociale della stessa Redo. Il tutto avviene con il supporto di Fondazione Cariplo. Obiettivi, modelli e modalità di intervento Obiettivo? Facilitare nuove soluzioni per la rigenerazione e la decarbonizzazione dell’ambiente costruito in Italia. Come? Con la produzione off-site, in fabbrica, dei componenti edilizi. Il modello di riferimento? Energiesprong, il programma di intervento varato dal governo olandese alcuni anni fa per trasformare l’edilizia sociale in edifici a consumo zero di energia. Un modello che dai Paesi Bassi, dove a tutt’oggi sono state riqualificate 5.700 abitazioni, è atterrato anche nel Regno Unito, in Germania, Francia e che con Edera approda ora in Italia. Schema del modello di funzionamento di Edera (credits, Edera) A tenere a battesimo la nuova creatura sono intervenuti in tanti: Paolo Pietrogrande, presidente della neonata impresa sociale, Lorenzo Bellicini (Cresme), Ermeate Realacci (Symbola), Paolo Petrucci (Ance), Fabio Carlozzo (Redo), Giordana Ferri (Fondazione Housing Sociale), Sergio Urbani (Fondazione Cariplo) e numerosi testimonial. Serve un cambio di passo Un obiettivo non facile quello che Edera si propone. Il comparto delle costruzioni infatti è un settore statico, dove c’è scarsissima innovazione, poca qualità generale, alti costi, bassi profitti, tempi lunghi di produzione e in definitiva minore sostenibilità. Un settore che ha bisogno di una scossa per allinearsi agli standard di altri Paesi se si vuole raggiungere l’obiettivo europeo della decarbonizzazione al 2050. Serve insomma un cambio di passo, anche alla luce di quanto ci sta insegnando l’epidemia globale. Edera si fa interprete di questo cambiamento e si propone come luogo di innovazione della produzione edilizia. Un pezzo di questa strategia sta nel ritorno alla prefabbricazione, non quella degli anni Sessanta e Settanta, ma quella off-site, che vede il bene edilizio alla stregua di un prodotto industriale vero e proprio, così come lo propongono gli olandesi, e il cantiere un luogo di montaggio e assemblaggio di componenti edilizi. Schema di funzionamento di una piattaforma off-site (credits, Bryden Wood) Parla il presidente Sui gap ancora presenti nel comparto delle costruzioni ha insistito Paolo Pietrogrande. Il modello di funzionamento di Energiesprong Italia (credits, Edera) «Per realizzare un edificio oggi ci vogliono da 18 a 24 mesi – ha detto il presidente -. L’Empire State Building è stato costruito in 410 giorni, poco più di un anno. Già qui c’è un primo gap. Altro punto di ritardo riguarda i costi. Terzo punto è la spesa energetica di ciascuna famiglia italiana: 1.700 euro all’anno. Un valore che moltiplicato per il ciclo di vita di un appartamento ci fa capire come la spesa energetica valga la metà circa del costo attuale di vendita di un alloggio. Infine, c’è il problema delle imprese di costruzioni italiane che sono ancora di piccole dimensioni. Edera si propone d superare questi gap, attraverso l’adozione di buone pratiche». Parla il Cresme Di mercato delle costruzioni ha parlato Lorenzo Bellicini, direttore tecnico del Cresme. «Il mercato delle costruzioni in Italia sta vivendo una fase nuova. È finito il sesto ciclo edilizio, iniziato dal secondo Dopoguerra, e dopo una fase di mercato espansiva molto importante, abbiamo avuto la crisi della fine del primo decennio Duemila. Nel 2014-2015 si è registrata una ripresa, che ha incrociato la pandemia attuale. Nei prossimi anni avremo di fronte invece uno scenario improntato alla crescita. Nel frattempo il settore si è andato riconfigurando. Oggi il 73% degli interventi è di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio edilizio esistente. Il mercato è già un’altra cosa rispetto a prima. Dobbiamo anche dire che con il cambio della politica economica e con l’avvio di una politica di investimenti, anche i comparti delle costruzioni e delle opere pubbliche determineranno lo scenario dei prossimi anni. Il mercato è cambiato e sta cambiando. Il problema vero è la produttività di questo settore, che diminuisce, mentre quella degli altri settori industriali cresce. È un comparto industriale che è costretto a cambiare o a morire. La filiera inoltre è molto frammentata, la leadership del settore è altrettanto frammentata, il processo è inefficiente, il settore ha una pessima immagine e fa fatica a seguire l’innovazione. Manca un soggetto infine capace di trasferire l’innovazione all’interno della filiera. Questi sono i problemi che il settore si trascina». Anche lo scenario globale è mutato nell’ultimo decennio, ricorda Bellicini. «I 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu sulla sostenibilità sono lì a ricordarcelo: non sono solo un elenco di buone intenzioni, ma un modello di mercato, di business, di futuro, un paradigma con cui dobbiamo confrontarci. La digitalizzazione è un altro fattore di profonda innovazione anche per il settore delle costruzioni: pensiamo al Bim, ai big data, all’IoT, all’integrazione energia-edificio, alla sostenibilità, alla circolarità dell’economia, alla resilienza, ai nuovi materiali: questi sono i temi del mercato dei prossimi anni. Lo scenario che abbiamo davanti è la trasparenza e quindi la condivisione, non la contrapposizione. C’è infine da aggiungere che il tema della prefabbricazione off-site, dell’industrializzazione del prodotto edilizio su modelli nuovi come propone Edera, credo sia un esempio interessante». Si parla tanto di mercato, ma spesso facciamo riferimento a qualcosa che in pochi anni è decisamente cambiato. «Lo scenario che abbiamo davanti – prosegue il direttore del Cresme – è per forza un mercato di trasformazione dell’esistente. La manutenzione ordinaria in Italia vale 36 miliardi di euro all’anno: l’insieme delle costruzioni residenziali ne vale 15. Il mercato ha grandi numeri, ma è composto di micro-interventi. Dobbiamo operare un salto in avanti. Dobbiamo pensare a operazioni più pesanti, per avviare un processo di rigenerazione del patrimonio edilizio esistente: dobbiamo comprendere che le costruzioni e le città sono la risposta alla nuova domanda di sostenibilità. E lì che dobbiamo intervenire. Per quanto riguarda gli incentivi, va ricordato che dal 1998 al 2020 ben 21 milioni di famiglie hanno utilizzato incentivi per 346 miliardi di euro. Il superbonus 110% ne ha già incentivati 28. Sono risorse che dovremo usare bene, affinché producano risultati. La misurazione delle performance è uno dei grandi temi che abbiamo di fronte, anche riguardo al Piano nazionale ripresa e resilienza e agli obiettivi europei». Con tali risorse servirebbero delle strategie ben definite. «Il mondo delle costruzioni è in una fase di rivoluzione – prosegue Bellicini -. Due sono gli ambiti su cui ragionare: il primo è rappresentato dal mercato tradizionale, che risponde a una domanda tradizionale, in cui la competizione è forte e avviene prevalentemente sul prezzo. Il secondo è caratterizzato dall’innovazione incrementale, in cui si lavora sulle stesse tipologie di prodotto, ma in cui avviene innovazione. Il mercato della riqualificazione oggi si compone di micro domanda per micro imprese. Ma sono in atto iniziative capaci di sviluppare modelli di sviluppo industriale in grado di far acquisire al minuscolo intervento un valore maggiore. Gli interventi si devono anche allargare alla rigenerazione urbana. Dobbiamo mettere insieme risorse pubbliche e private. Qui si gioca la partita di transizione dell’ambiente urbano verso un altro mondo, con il quale ci dobbiamo inevitabilmente confrontare». Le proposte dell’amministratore delegato Ma Edera in tutto ciò come si colloca? Tocca a Thomas Miorin, oggi amministratore delegato della nuova società, rispondere. «Il settore delle costruzioni deve accelerare il cambiamento. Serve riqualificare l’esistente, ma occorre farlo meglio, più velocemente e più in profondità. Serve distribuire la qualità del progetto sul territorio, nelle periferie. Serve un’innovazione radicale per le grandi sfide che abbiamo di fronte, come la decarbonizzazione dell’economia e delle città. Una cultura nuova esiste anche in chi progetta e costruisce oggi parti di città, ma questa nuova sensibilità non può essere incorporata in pochi edifici. La sostenibilità è di tutti o non è. È attorno a queste idee che abbiamo costruito un’impresa sociale, Edera appunto. Un soggetto privato, no-profit. Un centro per la decarbonizzazione e la rigenerazione dell’ambiente costruito. Cosa facciamo in concreto? Abilitiamo. Siamo dei facilitatori di nuove soluzioni per le costruzioni. Ci occupiamo di deep regeneration. Serve innovazione, ma questa da sola non basta. Serve la grande scala, servono i grandi numeri, serve la replicabilità». Edera sposa l’approccio della produzione off-site e la deep regeneration degli olandesi di Energiesprong «Dobbiamo imparare a fare edilizia con le piattaforme off-site, che permettono di produEdera sarà la succursale italiana. Stiamo lavorando con il Politecnico e selezionando alcuni progetti pilota per fornire loro dei servizi di accompagnamento verso questi nuovi obiettivi. Abbiamo stretto un accordo di collaborazione con Bryden Woodrre, la società inglese che ha accompagnato il governo inglese nel definire delle piattaforme off-site per la realizzazione di differenti tipologie abitative, con la quale lavoreremo per affrontare la circolarità nelle costruzioni. Esempio di produzione industrializzata di componenti edilizi (credits, Bryden Wood) Per la decarbonizzazione il settore deve aumentare la produttività, triplicare la velocità, raddoppiare l’efficacia e la profondità energetica degli interventi. È una sfida. Per il settore è un cambio di paradigma: la risposta alla necessità di minimizzare i consumi energetici non può concretizzarsi solo negli incentivi. Non basta fare ciò che oggi è possibile fare. Dobbiamo farci carico di ben altro, per arrivare all’obiettivo della decarbonizzazione. Serve insomma un balzo in avanti energetico. La riqualificazione che proponiamo deve puntare a ridurre il fabbisogno di energia, garantire la qualità nel tempo, non avere costi aggiuntivi. Deve puntare alla produzione in fabbrica, a utilizzare il Bim, non essere intrusiva, deve invece essere attrattiva e desiderabile. Il dialogo con le proprietà immobiliari, con le imprese, i governi locali è iniziato. Ora dobbiamo correre». Pannello prefabbricato costruito in stabilimento pronto per essere installato (credits Energiesprong) Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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