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Da quando il Coronavirus ha iniziato a diffondersi nella metropoli cinese di Wuhan le conseguenze sono state critiche e la città ha dovuto porre un freno a ogni tipo di attività sociale e lavorativa. Da una parte la situazione continua ad essere critica, dominata dalla diffusione dei contagi da Covid-19, che in molti casi hanno portato alla morte e che ora sembrano essere in calo, dall’altra il blocco delle attività ha generato un abbattimento di 100 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica. A cura di Fabiana Murgia Non si può certo dire che l’esplosione del Coronavirus in Cina sia stato un bene, ma da quando la sua diffusione ha messo un freno alle attività sociali e produttive nella città di Wuhan, costringendo la popolazione a una severa quarantena, chi ne ha giovato è stato l’ambiente, con un abbattimento drastico della produzione di emissioni inquinanti. La Cina si aggiudica ormai da anni il primo posto nella lista dei maggiori produttori di emissioni inquinanti incontrollate a causa dello sfruttamento selvaggio del carbone operato da numerose fabbriche che, in seguito all’epidemia causata dal Covid-19, si sono trovate a dover cessare l’attività temporaneamente o a lavorare con ritmi ridotti con una riduzione della produzione tra il 15% e il 40%. Lo stop dell’industria ha, così, registrato una drastica riduzione delle emissioni di CO2 e, a collaborare nell’impresa, il blocco del settore dei trasporti ha portato a un calo delle emissioni di NO2 del 36% rispetto allo stesso periodo del 2019. Questo ha migliorato notevolmente la qualità dell’aria che da tempo versava in condizioni critiche, spingendo la popolazione cinese ad indossare mascherine protettive ancora prima che si diffondesse il virus. A rendere nota la situazione uno studio del Center for Research on Energy and Clean Air, pubblicato da Carbon Brief, secondo cui la diffusione del Coronavirus ha comportato un taglio di emissioni di anidride carbonica pari a 100 milioni di tonnellate metriche, passando dalle 400 milioni dello stesso periodo del 2019 alle attuali 300. I consumi di carbone finalizzati alla produzione di energia raggiungono, così, il minimo registrato negli ultimi quattro anni assieme al petrolio che scende dal podio registrando il livello più basso dal 2015. Un dato che, secondo le prime analisi svolte dall’Agenzia Internazionale dell’energia (AIE) e dall’Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio (OPEC), potrebbe tradursi con una riduzione della domanda mondiale di petrolio. Coronavirus e abbattimento di CO2: quali sono le prospettive Il miglioramento delle condizioni ambientali, che ormai da tempo si mostrano precarie e sono destinate a peggiorare senza un’azione immediata e decisiva, sembrerebbe essere l’unico aspetto positivo di questa situazione che sta preoccupando non solo la Cina, ma il mondo intero a causa della diffusione oltre confine del Coronavirus. Non bisogna comunque abbassare la guardia. Il portavoce di Greenpeace China, infatti, ha già lanciato un allarme nella previsione che in un futuro prossimo potremmo trovarci ad assistere a una situazione completamente opposta, dominata da una rapida ripresa delle attività nel settore industriale nel momento in cui la diffusione del coronavirus dovesse rallentare, nel tentativo di compensare le perdite. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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